Era un po’ che non si sentiva parlare di Jj4, l’orsa che per una settimana abbondante ha spaccato l’Italia, regalato una popolarità mostruosa a Maurizio Fugatti, presidente della provincia autonoma di Trento, sollevato il problema sul ripopolamento di animali che non sono facilmente gestibili (per usare un eufemismo) in zone ad alta densità turistica. Jj4 è stata ritenuta responsabile dell’uccisione del runner Andrea Papi e per parecchi giorni ha rischiato a sua volta di morire perché destinata all’abbattimento. Poi è stata ‘salvata’ dall’onda emotiva popolare (è un’orsa e ha fatto l’orsa a difesa dei suoi piccoli) e da alcune associazioni animaliste: adesso aspetta in una ‘casa rifugio’ vicino a Trento di essere trasferita in Romania.
Detta così sembra semplice, ma per consegnare Jj4 al santuario di Zarnesti si è messa in azione una specie di task force (guidata da un illustre professorone) che ha effettuato un sopralluogo e dato l’avallo al trasferimento. L’orsa dovrebbe andare a vivere in una struttura definita “ottima”, al punto che Michela Vittoria Brambilla – politica che ha fatto della tutela animale la sua battaglia di vita – sta pensando di esportare il modello rumeno in Italia per fare in modo che altri orsi possano vivere in serenità e senza dover espatriare.
Ora, il punto non è la collocazione di Jj4 quanto piuttosto il fatto che per creare un ‘santuario’ per gli orsi sia necessario spedire una delegazione di studio in un paese straniero e, alla resa dei conti, copiare come fanno i cinesi o i giapponesi. Ma è davvero il caso? Non riusciamo a fare da soli? Tra l’altro, non è che si parla di giaguari o di giraffe, animali non proprio made in Italy, ma di orsi che in realtà da secoli popolano le nostre Alpi e i nostri Appennini. Una vicenda, insomma, molto italiana