Si è aperta la Cairo Sustainable Energy Week nella capitale egiziana, ma la sostenibilità e lo sviluppo delle rinnovabili dell’Africa rimangono lontani dagli obiettivi, se paragonati alle potenzialità del continente. “Alla luce delle attuali sfide geostrategiche, in particolare dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e il perdurare delle crisi in altre regioni come il Sudan, la cooperazione internazionale è diventata di fondamentale importanza. La regione araba sta subendo gravi impatti sugli investimenti, sulla libertà di movimento e sulle economie, con un’attenzione particolare alle questioni legate alla sicurezza energetica e alla stabilità della regione”, sottolinea nel suo video-intervento Jamila Matar, direttrice del Dipartimento Energia della Lega Araba. “La transizione energetica sta andando avanti, fortunatamente, ma non con la stessa velocità o lo stesso ritmo di un tempo. Gli aspetti politici si riflettono su tutto. In Medio Oriente non abbiamo un solo problema, ma tanti. I disordini politici sono ovunque e le persone hanno delle priorità nella loro prospettiva energetica”, ha aggiunto.
“Purtroppo in Africa le rinnovabili, nonostante siano il continente con più solare e più eolico, sono ancora molto indietro. Ogni anno vengono immesse tantissime quantità di energie rinnovabili, in particolare in America, in Europa e in Cina, in Africa solo il 2%. Il perché è facile, ci sono le resistenze, quindi l’Africa dovrebbe aumentare soprattutto gli investimenti privati, perché non è che quelli pubblici africani abbiano un grande input, ma se un Enel, una Terna, una Cesium potessero investire...”, ha sottolineato Roberto Vigotti, segretario generale della fondazione Res4Africa. “Spesso non è possibile fare investimenti privati perché sono ancora bloccati dal loro sistema di policy. Per cui l’Africa non è ancora capace di stoccare energia rinnovabile, tranne l’idroelettrico. Quindi dobbiamo fare in modo che l’approccio sistemico, cioè rinnovabili più accumulo, diventi un must”, ha evidenziato. “Oggi devo dire che in questa conferenza molti paesi hanno parlato di smart grid, cioè reti intelligenti che hanno i sensori digitali che possono fare un accumulo“, ha evidenziato Vigotti, però l’elettrificazione “non è una cosa a breve termine, è una cosa che va con il suo tempo. Bisogna avere una pazienza per 20-30 anni, anche per i benefici che poter dare l’energia elettrica agli africani vuol dire ovvero permettere ai giovani africani di diventare autonomi“, ha spiegato il segretario generale della fondazione Res4Africa,. “Immaginiamo i ragazzi della Cina, della Thailandia, del Brasile… Nell’Africa sub-sahariana il 30% ha l’elettricità e il 70% ha il telefonino. Bisogna poter dare la possibilità di diventare esperti in elettricità e avere pazienza… noi come ResforAfrica, insieme ai campioni italiani, riusciamo a poter trasmettere loro la confidenza”, ha sottolineato Vigotti.
“L’Africa potrebbe essere autonoma energeticamente, purtroppo gli eventi recenti hanno fatto sì che gli europei continuino a cercare in Africa un aspetto un po’ coloniale per prendere i loro gas, il loro carbone. Sicuramente gli africani sono capaci nei prossimi vent’anni ad arrivare all’autonomia e addirittura a esportare l’energia elettrica da fonti rinnovabili. C’è un ritardo dovuto al fatto che l’approccio attuale, a breve termine, è quello di andare in alcuni Paesi e prendere il gas che a noi manca dallo scoppio della guerra in Ucraina. Insieme, l’Italia sta però facendo un ottimo lavoro con il Piano Mattei”, ha concluso il segretario generale di Res4Africa. Il tema è che “abbiamo bisogno di nuovi modelli di business e di investimenti finanziari. E abbiamo bisogno di forum regionali in cui parlare non solo delle situazioni naturali, ma avere confronti per iniziare a costruire qualcosa tutti insieme. Dobbiamo lavorare su città sostenibili”, ha messo in evidenza Roberta Boniotti, segretaria generale di Medener, l’Associazione Mediterranea delle Agenzie Nazionali per la Gestione Energetica.