Circa 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno sostenibile per i settori industriali e per i trasporti pesanti, difficilmente elettrificabili, cui se ne aggiungerebbero altri 7,7 se si volesse anche soddisfare il fabbisogno civile di riscaldamento: a tanto ammonterebbe, secondo una stima realizzata dall’E&S della School of Management del Politecnico di Milano, il fabbisogno annuale in Italia, considerando i settori principali di possibile adozione e convertendo l’attuale utilizzo di altre fonti, come ad esempio il metano.
All’industria sarebbero destinati 5,4 milioni di tonnellate, di cui 4,1 a quella hard-to-abate (che permetterebbero da soli di risparmiare fino a 27,37 Mt di emissione di CO2 l’anno a fronte dei 287,1 Mt totali previsti dal nostro Paese al 2030), i restanti 2,1 ai trasporti pesanti: una quantità che, per i ricercatori, “appare irraggiungibile se si considerano gli obiettivi decisamente poco ambiziosi del Pniec al 2030, che prevedono appena 0,115 Mt per utilizzi industriali e 0,136 Mt per i trasporti, cioè rispettivamente il 2,1% (2,8% se si considerano i soli settori hard-to-abate, come acciaio e fonderie, chimica, ceramica, carta e vetro) e il 6,4% del potenziale massimo di adozione“.
“Per consentire la sola produzione annua di 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno richiesti per industria e trasporto pesante servirebbero 250 GW aggiuntivi di rinnovabili, cioè circa 3 volte gli attuali obiettivi di fotovoltaico al 2030, 500 GW se si includono i consumi termici del settore civile”, commenta Vittorio Chiesa, direttore di E&S e tra gli estensori dell’Hydrogen Innovation Report 2024, presentato oggi al Politecnico insieme alle aziende partner della ricerca.
“Negli ultimi anni – continua Chiesa – sono state messe a punto diverse ed eterogenee misure di sostegno, come gli investimenti del Pnrr, e altre sono in corso di implementazione (Decreto idrogeno attualmente in consultazione), ma resta non chiara la direzione di medio-lungo periodo che si intende percorrere, imprescindibile per permettere agli operatori di elaborare strategie di azione e per dare il via allo sviluppo di una filiera nazionale”.
Al contrario, in Europa si viaggia ad altre velocità: in Germania gli obiettivi di consumo di idrogeno sono stati rivisti al rialzo nel corso del 2023 e gran parte del fabbisogno sarà coperto da importazioni, mentre la Francia, che dispone di energia nucleare, punta a produrre localmente entro il 2030 più dell’80% di quanto le occorre. Quanto alla Spagna, si candida a diventare esportatore della ‘molecola verde’ (ruolo ambito anche da diversi Paesi del continente africano) puntando entro fine decennio a 11 GW di capacità di elettrolisi, sfruttando il proprio potenziale di disponibilità eolica e fotovoltaica.
“L’idrogeno sostenibile rappresenta una componente cruciale nella transizione energetica verso un futuro a basse emissioni di carbonio – aggiunge Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile del Rapporto – perché può essere prodotto da fonti rinnovabili. Questa transizione riguarda sia i settori industriali che consumano idrogeno da combustibili fossili per i loro processi (raffinazione e industria chimica) sia quelli che oggi non possono sostituire diversamente il gas naturale per produrre il calore necessario a funzionare (come la carta, il vetro, la ceramica e la grande siderurgia). Per farlo, però, sono necessari ulteriori sviluppi tecnologici che rendano l’idrogeno ‘verde’ finalmente competitivo anche dal punto di vista economico”.