La povertà energetica è diventata un problema mondiale, e l’Italia non è da meno. Pur mancando i dati aggiornati, soprattutto alla luce della guerra in Ucraina, già prima la nostra penisola non se la passava bene. Secondo i dati del report Oipe, la povertà energetica nel 2020 si è ridotta, portandosi all’8%, in concomitanza con una riduzione dei prezzi finali di gas ed elettricità di circa il 5%. A livello territoriale si è registrata una leggera flessione delle famiglie in povertà energetica nel Centro e nel Mezzogiorno del Paese a fronte di un lieve incremento nel Nord. La povertà energetica sembra caratterizzare, in maniera crescente, i piccoli centri e le aree suburbane e periurbane.
Ma, già per il 2021, sulla base degli andamenti dei prezzi finali di elettricità e gas, anche al netto degli interventi governativi per calmierare i prezzi (+54% per elettricità, +44% per gas alla fine del 2021, rispetto al 2020, per utente domestico tipo), era ipotizzabile un significativo aumento della povertà energetica. “È ragionevole attendersi che i prezzi dell’energia rimarranno elevati nei prossimi anni, sia per il consolidarsi dell’uscita dalla crisi pandemica sia perché l’accelerazione della transizione energetica porterà con sé costi aggiuntivi legati al processo di decarbonizzazione. In questa prospettiva, è necessario predisporre interventi strutturali a sostegno delle famiglie vulnerabili come l’efficientamento energetico dell’edilizia sociale: ne conseguirebbe un duplice effetto positivo, sia in termini di riduzione delle spese in bolletta, che di riduzione della CO2 e dei consumi energetici”, aveva commentato a dicembre scorso Paola Valbonesi, Unipd e Presidente Oipe.
Le elaborazioni effettuate da Enea su dati Istat per il Rapporto Annuale sull’Efficienza Energetica 2020 e per il Rapporto Oipe, evidenziano che a maggior rischio sono prevalentemente i residenti nelle regioni del Sud d’Italia, con particolare riferimento a Campania, Calabria e Sicilia dove, al 2018, risultava in povertà energetica tra il 13% e il 22% della popolazione, un dato ben più elevato rispetto all’8,8% nazionale. Lo scenario non cambia anche tenendo conto di caratteristiche regionali legate al differente costo della vita o agli specifici livelli medi di spese energetiche.
Un maggior rischio è associato anche all’ampiezza del nucleo familiare. Sull’intero territorio nazionale, la quota di famiglie numerose in povertà energetica è più del doppio rispetto a quella relativa ai nuclei con un solo componente, e circa quattro punti superiore rispetto a quelli con due componenti. Maggiori tassi di povertà energetica si riscontrano anche tra le famiglie in cui il componente di riferimento è relativamente giovane. Nel 2018, la classe di età con incidenza più elevata è ‘fino a 35 anni’, indipendentemente dal fatto che il componente di riferimento risulti uomo o donna. In questi casi la povertà energetica sfiora l’11%. Per fasce d’età superiori a 51 anni, le percentuali sono al di sotto del dato medio nazionale.
Nel confronto tra i sessi, per cui complessivamente non si osservano specifiche differenze, emerge una condizione di svantaggio per le famiglie guidate da donne di età compresa tra i 51 e i 70 anni. Ma se nelle famiglie con a capo uomini oltre i 51 anni e con due-quattro componenti le percentuali di povertà energetica variano tra il 7% e l’8%, laddove il capofamiglia è una donna di pari età, la percentuale sale al 10%-13%.