Esbjerg, città portuale nell’Ovest della Danimarca, ha già vissuto tre vite. Nata come principale porto peschereccio del Paese, è stata in grado negli anni Settanta-Ottanta di adattarsi al declino del settore della pesca cogliendo le opportunità legate all’esplorazione alla ricerca di gas e petrolio nel Mare del Nord. Negli ultimi anni, invece, seguendo le ambizioni di una transizione green, ha deciso di rinnovarsi ancora una volta, emergendo come uno dei principali hub mondiali per l’eolico offshore. Non solo installando al largo il proprio parco eolico in mare aperto, ma costruendo intorno una vera e propria industria, un indotto, che porta la città a produrre ed esportare componenti per turbine in tutto il mondo.
Non a caso Esbjerg, nel 2022, ha ospitato il primo vertice sul Mare del Nord, che ha riunito i leader dei Paesi della regione e ha portato ad una dichiarazione congiunta che prevede di “sviluppare il Mare del Nord come centrale elettrica verde d’Europa, un sistema di energia rinnovabile offshore che collega Belgio, Danimarca, Germania e Paesi Bassi, ed eventualmente altri partner del Mare del Nord”.
E Esbjerg, oggi, è veramente il luogo dove si può toccare con mano la transizione energetica. Oltre a quella che ha vissuto e sta vivendo la città stessa. E’ riuscita a sfruttare le dimensioni del suo porto per diventare leader nel mercato delle turbine: pochissimi altri posti al mondo possono maneggiare strutture di tali dimensioni. Basta pensare che, a oggi, la turbina più grande, da 15 gigawatt è alta all’incirca 250 metri, ossia come la Torre Eiffel. Difficile immaginare altri luoghi dove poter mobilitare simili grandezze, a meno di costruirli da zero con enormi costi economici e ambientali. Il ricollocamento del porto come hub energetico, inoltre, ha creato circa 10mila posti di lavoro. La stima è che a ogni gigawatt di energia prodotta corrispondano 9,45 posti di lavoro della durata di circa 30 anni. Un’ottima opportunità per una piccola città che avrebbe altrimenti rischiato di scomparire.