Simon Cracker, alla MFW l’arte dell’upcycling si fa punk gentile

Lo stilista cesenate debutta sulle passerelle milanesi con una collezione dirompente dal concept profondamente sostenibile

riciclo

Se a New York, Londra e Parigi l’upcycling è già passato dalla passerella al marciapiede (e viceversa) senza traumi, Milano storce ancora il naso. In Italia la moda funziona alla vecchia maniera, per la maggior parte un tessuto, anche ecologico, nasce per un nuovo capo. Ci prova lo stilista cesenate Simon Cracker, all’anagrafe Simone Botte, che debutta alla Milano Fashion week maschile (17-21 giugno 2022) con una collezione punk-genderless di alta sartoria destrutturata.

Letteralmente ‘upcycling’ significa riciclare rendendo l’oggetto migliore di prima. È un concetto trasversale, è soprattutto una forma d’arte. Nella moda, chi fa upcycling realizza abiti e accessori con vecchi tessuti, tappezzerie, tende, stock di magazzino, pezzi vintage di valore, recuperando dalle collezioni passate, scardinando la funzione originaria dell’oggetto per dare vita nuova.

Nel ‘Crack’ c’è la chiave delle sue collezioni. Distruggere per ricostruire. Alla base c’è una volontà di ‘Punkidness’, una sorta di rivoluzione del garbo: “Nel mondo di oggi è più punk dire ‘grazie’ che ‘vaffanculo’”, spiega lui in un dizionario creato per interpretare le sue collezioni estrose. “Le radici “distruttive” del punk sono vive, ma in modo più consapevole e gentile, facendo riferimento anche al tenero e mondo Kawaii e ai graffiti infantili”.

In passerella tanti esempi di quello che definisce ‘Broketailoring’: sartoria classica di alta qualità che diventa un Lego, dove nulla è ciò che appare: la gamba di un paio di pantaloni diventa il retro di una giacca, l’estremità di una giacca diventa la balza di una gonna.

Non esistono rifiuti nella maison, ogni scampolo è materiale per creare nuovi capi, caotici solo all’apparenza, sempre fedeli al linguaggio della collezione. Non si butta via niente.