Possono i grandi festival musicali essere green? Eventi che attirano migliaia di persone, con il loro ‘bagaglio’ di rifiuti e di mezzi di trasporto inquinanti, riusciranno mai a diventare a impatto zero? La domanda è lecita, ma anche di difficile risposta. Sempre più gli organizzatori provano a risolvere, almeno in parte, il problema, ma l’impatto negativo dei festival al momento è ancora lontano dal trovare una soluzione.
A aprile, come ogni anno, si tiene il Coachella, che riunisce centinaia di migliaia di spettatori ai piedi di palchi musicali all’avanguardia nel mezzo del deserto della California. E un evento di queste dimensioni rende bene l’idea di quanto accade: oltre ai bicchieri di plastica che disseminano l’area e alle montagne di bottiglie d’acqua scartate alla fine di ogni giornata, gli impianti di illuminazione e audio consumano molta energia. Secondo uno studio della città di Indio, dove si svolge il festival, solo il 20% dei rifiuti viene riciclato al Coachella, come in molti altri festival.
Ma questa non è la cosa peggiore: in termini di impronta di carbonio, il peggio è dovuto agli spostamenti del pubblico, degli artisti e degli addetti ai lavori, ha spiegato a AFP Kim Nicholas, professoressa di clima presso l’Università svedese di Lund. “Credo che il primo passo per rendere i festival davvero più sostenibili e a basse emissioni di carbonio sia quello di ridurre la distanza e l’intensità di carbonio degli spostamenti“. E da questo punto di vista, il Coachella è un cattivo esempio: il festival si tiene in una località remota, a tre ore di macchina da Los Angeles.
Ma anche altrove, negli Stati Uniti e nel mondo, in molti altri festival popolari tra il pubblico l’ecologia non sembra essere una priorità. Certo, si stanno facendo degli sforzi: il Coachella ha lanciato un’iniziativa che incoraggia il car pooling e premia i partecipanti che arrivano in gruppo, oltre a decidere di vendere bevande in lattine di alluminio invece che in imballaggi di plastica e di installare fontane d’acqua in tutto il sito. Nonostante questo, però, i campi circostanti si trasformano in parcheggi, con conseguenti scene dantesche e ingorghi inestricabili. E le poche cime innevate delle vicine San Jacinto Mountains sono un minaccioso promemoria dell’inverno difficile per il clima della California, che negli ultimi mesi ha visto un susseguirsi di fenomeni atmosferici insoliti, dalla siccità a nevicate quasi record, inondazioni e molte altre catastrofi.
Per Kim Nicholas, spetta anche agli artisti prendere iniziative per “promuovere il turismo locale e rendere i viaggi a basse emissioni di carbonio desiderabili, sexy e cool“. “È un po’ l’opposto dei jet privati come obiettivo sociale o aspirazione del passato”, spiega. Alcuni gruppi musicali internazionali hanno già adottato misure concrete. I Coldplay, per esempio, hanno interrotto per un certo periodo il loro tour mondiale per motivi ambientali. Il trio britannico Massive Attack ha chiesto una “riorganizzazione urgente e conseguente” dell’industria musicale dopo aver commissionato uno studio sull’impatto del settore sul clima. Ma la rivoluzione green deve essere globale.