Milano-Cortina, Abodi conferma: “48 ore per decidere sulla pista di bob”

La società Simico dovrà decidere la collocazione dell'impianto. Diverse le opzioni sul tavolo, anche riferite a località straniere

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Quarantotto ore. E’ questo il tempo che si è dato il governo per decidere in merito alla futura pista da bob delle Olimpiadi Milano-Cortina. Due giorni per ottenere le informazioni e i dati che serviranno a chi dovrà prendere la decisione. Già, perché “noi diamo indirizzi politici, poi a prendere la decisione tecnica sarà la società Simico”. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, a margine di una tavola rotonda dell’evento ‘L’Italia delle Regioni’ di Torino, prova a tirare le somme di queste giornate agitate.

Mancano circa 800 giorni ai Giochi invernali, ma dove si svolgeranno le gare di bob, skeleton e slittino, è ancora un mistero. Dovrà essere la Società Infrastrutture Milano Cortina 2020 – 2026 S.p.A (Simico) a decidere, sulla base di “diverse opzioni”, tra le quali, assicura Abodi “c’è la soluzione del problema”.

Il problema, appunto. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha sempre puntato sulla realizzazione della pista proprio dove è nata la prima, che, dice il presidente, “è quella più vecchia del mondo, classe 1908, che rese famosa Cortina nel mondo con le prime Olimpiadi invernali nel 1956”. I costi stimati, spiega da Torino, sono pari a 68 milioni di euro, “poi il bilancio sale a 102 milioni per le nuove opere accessorie” come strade parcheggi, il museo, la sistemazione dell’acquedotto. Cifre che il Comitato olimpico internazionale non ha mai visto di buon occhio, tanto da ipotizzare di utilizzare la pista di Innsbruck. “Nelle opzioni – ribadisce Abodi – ci sono offerte anche di località straniere”, però, assicura, “non sono le prime scelte”.

Zaia, però, non molla, anche se lascia la palla governo. “Bocconi, Sapienza e Ca’ Foscari, ci dicono che ci sarà un incremento di un miliardo e mezzo di Pil” grazie ai Giochi, che “trascinano in maniera virtuosa tutta una serie di opere che mai avremmo fatto senza le Olimpiadi. Se facciamo il gioco del ‘dare-avere’ – anche se il giorno dopo ci chiedessero di macinare la pista da bob – ci converrebbe sempre farlo”. Il tempo, però, stringe, perché “siamo in una fase in cui le aziende disponibili per realizzarla sono pochissime, quindi il governo valuterà se andare avanti con questa negoziazione privata. Staremo a vedere quali saranno le decisioni. Comunque, non ho motivo di non pensare che non si faccia”.

E qui entra in gioco il Piemonte di Alberto Cirio, che non ha mai perso le speranze di ridare nuovo lustro alla Torino del 2006 grazie alla pista di Cesana. Con il consueto aplomb sabaudo il governatore ricorda che “non siamo abituati a fare polemiche” ma “qua abbiamo un patrimonio olimpico straordinario”. Un patrimonio, ha aggiunto, fatto anche “dalla pista di bob di Cesana e da tante infrastrutture che possono essere opportunamente messe a disposizione con costi molto inferiori e risparmiando denaro pubblico”. Ma non solo. Questa soluzione permetterebbe di “non rovinare l’ambiente perché costruire nuove opere vuol dire invadere la montagna”. Cirio ne fa, ancora una volta, una questione di “buon senso”. “Sarebbe paradossale – dice – andare a spendere soldi pubblici all’estero quando a pochi chilometri di distanza, in Italia, abbiamo impianti come quelli di Cesana che sono a disposizione e che permetterebbero di far risparmiare soldi, tutelare l’ambiente e sentirci tutti con spirito olimpico italiano”.

Ma anche su questa soluzione Zaia smorza gli animi. In questo momento, dice, “non so nemmeno quanto sia recuperabile l’ipotesi Cesana. Ora sono tutti esperti di bob, ma si parla di opere complicate e di piste che devono essere certificate dal Cio”.

E da Milano, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, rimarca: “Aspettiamo con grandissima urgenza, direi al massimo pochi giorni, di avere” una risposta “da parte di chi ha onere e onore di occuparsi della costruzione” della pista da bob, cioè la Simico. Come dire: non è compito nostro decidere, perché “noi non costruiamo l’opera”. Alla Fondazione, spetterà, infatti, il compito successivo di “prendere le chiavi” del luogo scelto “e fare il nostro mestiere”.