Italia avrà Piano del Mare: 16 linee guida per rilanciare asset strategico

Da mesi ci lavora il ministro Nello Musumeci, che ora può portare il testo in Consiglio dei ministri: le linee marittime sono considerate di interesse nazionale e costituiscono “infrastrutture”

Il Piano di rilancio dell’economia del Mare è pronto. Da mesi ci lavora il ministro Nello Musumeci, che ora può portare il testo in Consiglio dei ministri, frutto di un costante contatto con tutti gli attori della filiera. Il provvedimento, secondo quanto si apprende, è molto articolato e si basa su 16 direttrici principali, che fungono da leva per uno degli asset più strategici per il nostro Paese.

Entrando nel dettaglio, il primo dei punti riguarda gli Spazi marittimi e fa una differenziazione dagli obiettivi strategici dei Piani di gestione dello spazio marittimo, che puntano principalmente a promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime, indicano la distribuzione spazio-temporale degli usi. Il testo del governo, invece, chiarisce gli indirizzi utili e le azioni generali per raggiungere quegli obiettivi. La base di partenza è la strategia di governance elaborata dall’Ue per far fronte alla sempre più consistente esigenza di sfruttamento di risorse marine, oltre che di produzione energetica, di trasporto, preservando gli ecosistemi e l’ambiente.

In quest’ottica si sviluppa anche la seconda direttrice, secondo cui le linee marittime sono considerate di interesse strategico nazionale e costituiscono “infrastrutture” su cui si innestano interessi primari dello Stato. Dunque, il trasporto marittimo viene inserito in un sistema che dovrà tenere conto della transizione energetica e del suo impatto sul costo del trasporto delle merci e delle persone, in raccordo con i sistemi di trasporto europei ed internazionali.

Altro punto cruciale è quello relativo ai porti, avendo l’Italia una centralità geografica rispetto alle rotte marittime sia Est, quanto Ovest. Da qui nasce l’esigenza di sfruttare meglio le aree retro-portuali a servizio di attività manifatturiere, favorendo il reshoring. Per centrare gli obiettivi, però, servono “adeguati strumenti pianificatori”, oltre a procedimenti per l’aggiornamento, come il Documento di pianificazione strategica di sistema, ma anche con un Piano regolatore portuale. Inoltre, occorrono procedure decisionali e realizzative delle opere portuali o in ambito retro-portuale e procedure di valutazione ambientale e di attuazione dei dragaggi.

Corposo anche il capitolo riservato all’energia. Il governo vuole trasformare l’Italia nell’hub europeo di approvvigionamento, con il Piano Mattei annunciato dalla premier, Giorgia Meloni, che dovrebbe essere presentato nei dettagli il prossimo autunno. In questo scenario, dunque, l’energia proveniente dal Mare può assumere un’importanza strategica, con la produzione da fonti rinnovabili. Per riuscirci sarà decisivo predisporre interventi infrastrutturali, logistici e procedurali specifici. Restando in tema, anche la transizione energetica è alla base del Piano del Mare, con l’utilizzo di carburanti alternativi a quelli prodotti da fonti fossili. Il testo del ministro Musumeci ipotizza una progressiva opera di sostituzione delle navi esistenti con naviglio di nuova generazione.

Per quanto riguarda la pesca sostenibile, in linea con le linee guida europee, il Piano si pone come obiettivo il phasing-out di tutti gli attrezzi di cattura mobile che agiscono sui fondali, oltre alla predisposizione di una banca dati che aiuti a definire i possibili utilizzi della risorsa Mare. Per sviluppare l’acquacoltura, invece, vengono individuati alcuni criteri cardine, come l’accelerazione del processo di definizione delle zone allocate, la tutela delle zone umide costiere, investimenti sulla qualità dei prodotti freschi, la revisione delle concessioni demaniali, la sovrapposizione delle attività in Mare come la produzione di energia e gli impianti di acquacoltura; e anche in questo caso una banca dati pesca e acquacoltura.

In questo senso, un’altra linea guida mira a valorizzare la protezione e la salvaguardia degli ecosistemi marini, nell’ambito di un dinamico sistema economico che deve vedere l’attiva partecipazione delle imprese. Inoltre, il Piano del Mare sostiene l’istituzione di un Polo nazionale della Subacquea, che possa aggregare istituzioni, mondo accademico, industriale e ricerca. Inoltre, c’è una proposta per istituire, entro il 2024, un’Autorità nazionale per il controllo delle attività subacquee.

Altro capitolo è quello delle isole minori, per le quali la proposta è implementare i fondi esistenti, incrementare la produzione di energia rinnovabile locale, predisporre un programma di interventi per l’efficientamento energetico, programmi di mobilità marittima sostenibile e sviluppo dell’economia circolare locale. Allo stesso tempo va data importanza ai ‘Turisti del Mare’.
Nel Piano c’è grande attenzione agli impatti dei cambiamenti climatici, con soluzioni diversificate nei principali settori dove potrebbero risultare determinanti per la crescita sostenibile, come il sistema portuale-logistico, le città e gli insediamenti sul Mare, la biodiversità marina e l’erosione costiera. Senza dimenticare la Sicurezza, intesa sia come la ‘Safety’ (per navi e imbarcazioni) e ‘Security’ (azioni preventive e attività di contrasto ad atti illeciti via Mare). Serve un quadro aggiornato, da condividere a livello interforze, interagenzia e interministeriale, a beneficio di tutte le amministrazioni e nel rispetto delle loro diverse competenze. E il “naturale riferimento” è il Cipom (Comitato interministeriale per le politiche del Mare).
Il Piano, infine, dedica ampio spazio alla cantieristica, all’industria armatoriale e al lavoro marittimo. Per una “una rinnovata autonomia marittima strategica nazionale”.