Le comunità energetiche attendono i tempi della politica

"Senza regole chiare e ben definite, le Cer rimangono realtà sperimentali, che possono essere istituite solo in casi specifici”, commenta Leonardo Pozzoli, amministratore delegato di Free Luce & Gas

I ritardi della politica rischiano di appesantire le bollette dei privati e di ostacolare la transizione ecologica: è il caso emblematico delle comunità energetiche rinnovabili (Cer), coalizioni di utenti che, secondo la definizione dell’Enea, “collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso impianti locali alimentati da fonti rinnovabili”. Introdotte per la prima volta in Italia a febbraio 2020 con il decreto Milleproroghe, sono state definitivamente regolamentate con una legge emanata a novembre 2021. I decreti attuativi sarebbero dovuti uscire entro sei mesi, ma a distanza di un anno imprese e cittadini sono ancora alla finestra, in attesa di risposte: “Senza regole chiare e ben definite, le Cer rimangono realtà sperimentali, che possono essere istituite solo in casi specifici”, commenta Leonardo Pozzoli, amministratore delegato di Free Luce & Gas, società specializzata nella fornitura di energia elettrica, gas e soluzioni di efficienza energetica, intervistato da GEA.

Siamo consapevoli che le Cer non siano la soluzione a tutti i mali. Rappresentano però un tassello importante e difficilmente sostituibile per la politica energetica del Paese”. A rendere la situazione ancora più gravosa è “pensare che, per colpa di ritardi amministrativi, non è possibile ricorrere a questo strumento proprio nel mezzo di una crisi causata da una speculazione finanziaria che dura da più di un anno”. Se la causa del paradosso è da ricercare innanzitutto nella lentezza della macchina burocratica, c’è chi fiuta anche un conflitto di interesse: la trasformazione dei privati da semplici consumatori a produttori-consumatori di energia rischia di destabilizzare gli equilibri del mercato. “A suscitare qualche dubbio non è solo la questione delle Cer ma più in generale l’inerzia che si riscontra quando si lavora sull’energia rinnovabile. Gli impianti fotovoltaici, ad esempio, sono relativamente facili da installare, ma l’allacciamento alla rete elettrica gestita dagli operatori locali può trasformarsi in un’operazione con tempi lunghissimi: l’attesa arriva a durare fino a 5-6 mesi, per un’attività che non richiede più di un paio d’ore di lavoro”.
A pagare i costi dei ritardi sono cittadini e imprese che, nonostante la presenza di un decreto legislativo, non possono sfruttare i vantaggi legati alla Cer. “I benefici per i privati – sottolinea Pozzoli – sarebbero innanzitutto di carattere economico: secondo le nostre analisi, il costo delle bollette potrebbe scendere dal 15 al 45%. Chi fa parte di una Cer gode anche di importanti incentivi pubblici, che per vent’anni premiano l’energia condivisa con 110 euro a megawattora”. Da non trascurare poi i vantaggi comunitari – con utili destinati ad attività sociali – e ambientali: “Le Cer utilizzano solo energia pulita, proveniente in buona parte da impianti fotovoltaici. In questo modo si rinuncia all’energia proveniente dai combustibili fossili, tra le principali cause dell’emergenza climatica in atto”. In un momento di crisi come quello attuale, l’interesse per questa soluzione è in forte crescita. “Notiamo che gli incontri di divulgazione organizzati in tutta Italia sono sempre più partecipati: non percepiamo chiusura o diffidenza su questi temi, ma tanta curiosità e voglia di capire se e come è possibile tagliare i costi in bolletta, pesando meno anche sull’ambiente”. Una sensazione confermata dagli studi: secondo il Politecnico di Milano in Italia esiste un potenziale per lo sviluppo di oltre 400mila Cer entro il 2050.

Oggi però il confronto con gli altri Paesi europei rimane impietoso: se in Germania le comunità energetiche sono oltre 1.700, in Italia ci si ferma a poco più di 30, tutte in via sperimentale. E senza decreti attuativi, è a forte rischio anche l’utilizzo dei 2,2 miliardi di euro previsti dal PNRR per finanziare l’autoconsumo energetico. A livello nazionale il caso delle Cer è quindi solo uno dei sintomi – l’ultimo in ordine cronologico – della mancanza di una visione strategica chiara: “Veniamo da vent’anni caratterizzati dalla totale assenza di una politica energetica comune. Abbiamo fatto battaglie e litigato su tutto, dal nucleare al carbone, fino alla realizzazione di rigassificatori. L’Italia è così diventata il Paese dei ‘comitati del No’ e oggi ne paghiamo le conseguenze”.
Nel frattempo i costi dell’energia sono decuplicati rispetto alla media degli ultimi dieci anni e l’inverno si preannuncia bollente per la tenuta economica e sociale del Paese. “La frustrazione che percepiamo durante i nostri incontri nasce da un profondo senso di impotenza: ci sentiamo tutti spettatori di fronte allo spettacolo di una speculazione finanziaria che dietro di sé lascia una scia di vittime, dalle famiglie che faticano a pagare le bollette alle aziende costrette in cassa integrazione”. Le Cer, però, sono destinate a trasformare radicalmente questo sistema: “Una volta che le comunità energetiche entreranno pienamente in funzione, i privati potranno giocare un ruolo attivo, da protagonisti all’interno del mercato energetico: sarà possibile unire le forze, produrre energia pulita e condividerla, diventando finalmente autosufficienti”. Una vera e propria rivoluzione ecologica, quindi, per la quale non rimane che aspettare i tempi della politica.