La sfida di Slow Food: “Salviamo i prati stabili e i pascoli”

L'associazione ha lanciato una nuova sfida: combattere la scomparsa dei prati stabili e dei pascoli, quelli cioè non seminati ma ricchi in biodiversità naturale

Un’azienda agricola, nella sua interezza e complessità, è un elemento cardine per la produzione di cibo ma anche per una soluzione positiva delle sfide che l’umanità sta affrontando sul fronte del cambiamento climatico, della salute e della biodiversità. Anche le Nazioni Unite, nell’ultima Assemblea sull’Ambiente (Unea) hanno approvato una risoluzione che riconosce il nesso tra ambiente, sviluppo sostenibile e benessere degli animali. Per troppo tempo si è considerato il benessere animale come un tema isolato, mentre non può essere considerato se non in relazione ad altri aspetti. Ne è convinta da sempre Slow Food che, come norma nel suo statuto, promuove l’agroecologia che limita allo stretto necessario l’uso della chimica nei trattamenti e nei farmaci veterinari; riduce i consumi energetici e privilegia le energie sostenibili e rinnovabili; è attenta alla conservazione dei paesaggi agrari e della loro bellezza, alla riduzione dell’impatto delle strutture edilizie, a evitare il più possibile il cemento.

Nel dettaglio, Slow Food ha lanciato una nuova sfida: combattere la scomparsa dei prati stabili e dei pascoli, quelli cioè non seminati ma ricchi in biodiversità naturale. Il progetto si fonda sulla valorizzazione dei prodotti ottenuti dall’allevamento di animali al pascolo o alimentati con foraggi o fieni ottenuti da prati naturali di pianura o pascoli di montagna. Il pascolo ben gestito – spiegano dall’associazione, è fondamentale sia per un allevamento sostenibile, sia per la salute dell’ecosistema. Rappresenta un fattore cruciale per la cura delle aree montane e per la rigenerazione della terre di pianura. Senza l’allevamento, nelle terre alte le piante pioniere riconquistano spazio. per questo è importante accendere un riflettore sulla perdita di biodiversità delle erbe dei prati, l’alimento prediletto non degli esseri umani ma dei ruminanti.

Niente varietà alimentari coltivate, insomma: solo – si fa per dire – verdi e semplicissimi prati. Quelli con l’erba, quelli su cui capita di camminare in una passeggiata nel fine settimana, in pianura o in altura.

Non tutti i prati, però, sono uguali. Molti di quelli che si vedono, infatti, sono seminati, spesso con una sola essenza: ecco allora il significato dell’aggettivo stabili: si tratta di quelli naturali, spontaneamente ricchi di decine di erbe diverse. Nei prati stabili in pianura e in collina, di norma, le specie erbacee sono tra le venti e le trenta; in quelli di alta montagna- dove le mandrie e le greggi pascolano durante la bella stagione -possono addirittura arrivare a cento. I prati stabili in pianura sono ancor più rari perché negli allevamenti bovini, oggi prevalentemente in stalla, l’erba fresca è scomparsa dalle diete, che si basano sempre più su concentrati e piccole quantità di fieno. Le superfici di prati stabili si stanno riducendo a ritmi vertiginosi da sessant’anni a questa parte, da quando è stato stravolto il modo di coltivare (ricorrendo alla chimica di sintesi, alle monocolture, all’agricoltura intensiva, agli Ogm) e allevare (secondo un approccio industriale che privilegia le stalle e l’alimentazione a base di concentrati e di insilati di mais). Si calcola che sulle Alpi italiane, sono scomparsi 800 mila ettari di prati: il 45% dei pascoli presenti cinquant’anni fa. Nell’Unione europea ne è andato perduto il 16%. Dal 1969 a oggi sono stati cancellati all’incirca 110mila chilometri quadrati di prati stabili: un’area grande quanto la Bulgaria. “È incredibile quanti effetti positivi abbia un prato stabile, sul clima, sugli animali, sulla biodiversità e naturalmente sulla salute dell’uomo – ha commentato la direttrice generale di Slow Food Italia, Serena MilanoQuello appena presentato è un progetto a medio-lungo termine, perché per rigenerare un prato ci vogliono anni e noi vogliamo coinvolgere chi è interessato a creare, o rinnovare, un prato che oggi stabile non è. Lo potremo fare anche grazie ai partner che ci accompagnano in questa avventura”.

Invertire la tendenza, ripristinare questi ecosistemi preziosi, è l’obiettivo del progetto ‘Salviamo i prati stabili’ di Slow Food, presentato recentemente a Terra Madre Salone del Gusto 2022 di Torino. La chiave per riuscirci è duplice: da un lato, si lavorerà per coinvolgere un numero sempre maggiore di allevatori e di produttori, sia valorizzando le produzioni lattiero-casearie ottenute da animali allevati al pascolo e nutriti con fieno di prati stabili sia sostenendoli nel ripristino di questi ambienti grazie alla collaborazione di tecnici e studiosi; dall’altro lato, occorre portare all’attenzione dei consumatori l’importanza di questo tema. Per questo, verrà messo a punto un disciplinare per la gestione del prato stabile e la produzione di latte e formaggi da animali al pascolo su prato stabile, realizzerà una mappatura delle realtà virtuose in Italia per valorizzarle e avvierà alcune attività pilota insieme ad allevatori disponibili a riconvertire a prato stabile i terreni oggi coltivati a monocolture o a migliorare i fieni con cui vengono nutriti i loro animali.