La transizione energetica passa da litio e terre rare ma Italia non le ha

L’accelerazione in atto a livello globale comporta un incremento notevole della domanda di alcune materie prime

litio

L’accelerazione del processo di transizione energetica in atto a livello globale comporta un incremento notevole della domanda di alcune materie prime e delle cosiddette terre rare. Prima del 2010 il settore energetico rappresentava una quota marginale della domanda della maggior parte dei minerali e metalli presenti in natura. Tuttavia, secondo la Iea (Agenzia internazionale dell’energia), nei prossimi due decenni, se gli obiettivi degli Accordi di Parigi venissero raggiunti, il settore energetico rappresenterà la principale voce di consumo per molte materie prime.

È l’analisi tracciata dal Mite nel sua ultima relazione annuale sulla situazione energetica in Italia (2021). Ogni settore utilizza tecnologie che si compongono di metalli e minerali di vario tipo. Per quanto riguarda le tecnologie la cui applicazione contribuisce al processo di transizione energetica, entrano in gioco, con diversa intensità, materie prime di varia natura. Per esempio litio, nichel, cobalto, manganese e grafite sono fondamentali per le prestazioni, la longevità e il contenuto energetico delle batterie. Gli elementi delle terre rare sono essenziali per i magneti permanenti utilizzati nelle turbine eoliche e nei motori elettrici. Le reti elettriche, alla luce anche della sempre maggiore elettrificazione dei consumi, necessitano di un’enorme quantità di rame e alluminio.

Le principali tecnologie alla base del processo di transizione energetica, a parità di condizioni, necessitano di una quota di minerali e materie prime molto maggiore rispetto all’equivalente fossile. Ad esempio, spiega il Mite, una vettura elettrica utilizza un quantitativo di materie prime di circa 6 volte quello di un’auto alimentata a combustibili fossili. Anche nel caso di un impianto eolico on-shore il quantitativo di materie prime è circa nove volte quello che si sarebbe utilizzato per la costruzione di un equivalente impianto alimentato a gas.

Secondo la Iea il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’Accordo di Parigi al 2040, comporterebbe un incremento della domanda di minerali e materie prime di almeno quattro volte il consumo registrato nel 2020. Il comparto dei veicoli elettrici e dei sistemi di accumulo sarebbe quello con la maggior crescita, circa 30 volte in più. Se gli obiettivi di Parigi fossero centrati, il litio, componente fondamentale per i sistemi di accumulo e i veicoli a trazione elettrica, dovrebbe avere la crescita più sostenuta rispetto alle altre materie prime. Ciò vale sia nello scenario base (domanda attesa al 2040 circa 13 volte maggiore di quella del 2020) in cui si assume continuino ad essere in vigore a livello globale solo le politiche già adottate, che in uno scenario in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi, in cui l’incremento della domanda si stima al 2040 essere di circa 42 volte quella attuale (2020).

A livello europeo ogni tre anni viene aggiornata la lista delle ‘materie prime critiche’, ovvero delle materie prime più importanti dal punto di vista economico e che presentano un elevato rischio di approvvigionamento. Tali materie prime sono essenziali per il funzionamento del sistema produttivo e sono anche impiegate nei settori e nelle tecnologie necessarie per favorire la transizione energetica. L’ultimo aggiornamento del 2020 ha classificato come ‘critiche’ 30 materie prime, rispetto alle 14 del 2011, alle 20 del 2014 e alle 27 del 2017. Nella maggior parte dei casi esse sono concentrate in pochi Paesi e ciò potrebbe creare rischi di approvvigionamento nei prossimi anni. Ad esempio, la Cina da sola soddisfa il 98% del fabbisogno delle terre rare necessarie all’UE, la Turchia il 98% del borato e il 62% dell’antimonio, mentre il Sud Africa fornisce oltre il 90% dell’iridio e del rutenio. Nel 2020 sono state prodotte 240.000 tonnellate di terre rare, quasi il 60% della produzione ha avuto luogo in Cina, seguita da Stati Uniti, Birmania e Australia. Questi quattro paesi hanno rappresentato oltre il 90% della produzione mondiale nel 2020.

Come fare dunque per garantire un adeguato approvvigionamento? Secondo il Mite il riciclo e il recupero delle materie prime sono le azioni principali da mettere in campo per attenuare il disallineamento tra domanda e offerta, soprattutto nei Paesi che ricorrono quasi totalmente all’import, come la maggior parte degli Stati membri Ue. Tuttavia per le materie prime la cui domanda è destinata a crescere negli anni a venire in maniera molto sostenuta, in particolare per litio e terre rare, la possibilità di riciclare una quota importante di tali elementi non avverrà prima di un decennio o due. Per le materie prime il cui utilizzo è già su livelli molto sostenuti, si registrano invece, a livello Ue, già delle buone performance di riciclo.

Infine, spiega il ministero, per ridurre i rischi legati all’utilizzo delle materie prime critiche per la transizione energetica sono state individuate numerose sfide da affrontare, a livello europeo e globale. Per il ministero “occorre infatti sviluppare catene del valore resilienti per gli ecosistemi industriali; creare condizioni favorevoli per gli investimenti per nuovi giacimenti; favorire il riciclo e il recupero delle materie prime critiche attraverso l’uso circolare delle risorse, i prodotti sostenibili e l’innovazione; e differenziare l’approvvigionamento e la trasformazione delle materie prime attraverso partenariati strategici con paesi terzi ricchi di risorse“.

Tags: