La Ue e le auto elettriche dal 2035: si rischia il cortocircuito

Il provvedimento dell'Europa apre nuovi scenari di scontro. Bruxelles si preoccupa della Co2 dei motori termici e poi non dice nulla sulle centrali a carbone

Era nell’aria, perché c’è sempre qualcuno che parla di semplice formalità, eppure l’approvazione della riforma sulle auto a benzina e diesel da parte del Parlamento di Bruxelles risulta comunque abbastanza choccante. Per abbattere le emissioni di Co2, dal 2035 verranno prodotti in Europa solo auto e autobus elettrici, ponendo una serie di questioni non proprio di secondaria importanza a livello politico e industriale. Citiamo Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea: “L’Italia può essere un esempio per il resto d’Europa in questa transizione”. E ancora: “Sono soddisfatto perché questo voto dà futuro alla nostra industria”, in riferimento ai piano di sviluppo elettrico di Cina, India e Stati Uniti.

Non sappiamo se Timmermans sia un visionario, un buon profeta o uno dei molti burocrati di Bruxelles che ragionano e agiscono vivendo una realtà parallela, però sappiamo che questa decisione potrebbe allontanare ulteriormente l’Italia da una certa Europa e creare un pericoloso cortocircuito. Per cominciare, i produttori di auto si sono già attestati su posizioni contrarie a quelle adottate dal Parlamento Ue: come sostiene Luca De Meo – presidente Acea – è vero che tutti stanno progressivamente elettrificando le flotte ma è altrettanto vero che il limite del 2035 obbligherà i costruttori di veicoli leggeri e pesanti a investire miliardi di euro. Poi c’è un doppio tema cogente: quello delle infrastrutture di ricarica e quello della tenuta delle batterie. In nessuno dei due casi la situazione può essere definita sotto controllo anche se la tecnologia fa passi da gigante e di qui ai prossimi 12 anni la strada è (abbastanza) lunga. Infine, non meno delicato il tema dei posti di lavoro che, ad ascoltare le organizzazioni sindacali, subiranno un brusco taglio.

E siamo al profilo politico, là dove – procedendo per via induttiva – conviene prepararsi allo scontro. Le forze di governo sono dichiaratamente contro questa riforma partorita a Bruxelles: non da oggi ma da giugno, quando ha cominciato a prendere una forma definitiva. La prospettiva che si vada al muro contro muro è abbastanza concreta, né più né meno di quanto sta accadendo con il cosiddetto provvedimento sulle case green che l’Italia ha intenzione di boicottare. Conviene attrezzarsi a una dialettica ossuta e pelosa, non certo diplomatica.

Rimane poi il tema ambientale e alcune considerazioni spicciole. La Ue mostra una apprezzabile attenzione nel voler abbattere la Co2 prodotta dai motori termici – ricordiamo comunque che l’Europa incide per il 7% sulle emissioni globali di gas serra – ma sorvola ad esempio sul ritorno massiccio all’uso delle centrali a carbone per consentire – in particolar modo alla Germania – di tamponare la crisi del gas. Ecco: due pesi, due interessi, due sensibilità diverse.