Messina: “Bene Piano Mattei, ok la transizione ma devono aiutarci”

Per il presidente di Assarmatori serve uno sforzo da parte dell'industria di terra su produzione, stoccaggio e disponibilità dei carburanti alternativi

Messina - Assarmatori

Gli armatori sono pronti a impegnarsi a raggiungere una maggiore sostenibilità del settore. Ma serve uno sforzo anche da parte dell’industria di terra per quanto riguarda soprattutto la produzione, lo stoccaggio e la disponibilità dei carburanti alternativi. E’ quanto spiega a GEA Stefano Messina, presidente di Assarmatori, associazione che aderisce al sistema Conftrasporto.

Oggi l’Economia del Mare sembra essere tornata al centro del dibattito politico. Quali sono le vostre esigenze, e le eventuali richieste, rispetto anche alle sfide nate nell’ultimo anno? Penso all’impennata dei costi energetici e dei prezzi delle materie prime…
“È vero, negli ultimi mesi il nostro settore ha ritrovato la sua centralità anche nel dibattito politico così come presso l’opinione pubblica. Credo sia merito di due fattori. Il primo è che sia durante la pandemia sia a seguito del conflitto russo-ucraino, tutti, anche i non addetti ai lavori, si sono resi conto di quanto il trasporto marittimo sia un asset strategico. Il secondo fattore è politico, ovvero la creazione di un Ministero ad hoc e del CIPOM, Comitato Interministeriale per le Politiche del Mare. Le nostre esigenze spaziano in vari settori, anche se la priorità è rappresentata da una guida certa nel percorso verso la decarbonizzazione attraverso politiche mirate e non ideologizzate”

 Voi come Assarmatori avete da poco presentato, in collaborazione con Eni e Confitarma, un documento per la decarbonizzare del settore marittimo. Quali nodi ancora da sciogliere, a livello nazionale ma anche, e soprattutto, comunitario?
“Quel documento è uno dei tanti sforzi che, a più livelli, stiamo esercitando proprio nell’ottica di una maggiore sostenibilità ambientale. I nodi da scogliere sono anzitutto di carattere regolatorio. Penso a esempio al Carbon Intensity Indicator dell’International Maritime Organization: una norma voluta per contribuire alla decarbonizzazione ma che, così come è stata pensata, produrrà effetti controproducenti. Per questo stiamo insistendo su più fronti affinché venga modificata”

Quali investimenti occorre realizzare per una transizione energetica?
“Gli armatori sono pronti a fare quanto necessario in tal senso, e del resto lo hanno sempre fatto. Sia chiaro però che qualsiasi sforzo da parte nostra da solo non è sufficiente e può agevolare il cambiamento nella misura del 30%. La parte restante è affidata all’industria di terra per quanto riguarda la produzione, lo stoccaggio e la disponibilità dei carburanti alternativi”.

 Il governo di Giorgia Meloni ha più volte ribadito di fare dell’Italia un hub energetico europeo, il cosiddetto ‘Piano Mattei’. Quale ruolo per gli armatori?
“Di primo piano, pensiamo all’importanza delle navi-rigassificatore. Siamo convinti sostenitori del ‘Piano Mattei’ e siamo i protagonisti nello scambio di beni e servizi, i fornitori del Paese e della sua industria. Un patrimonio di conoscenze e infrastrutture mobili che è a servizio del Paese”.

Tra le diverse problematiche che avete riscontrato negli ultimi anni c’è quella del flagging out.
“Un fenomeno da tenere sotto costante osservazione. Quando sarà finalmente introdotto nel nostro ordinamento quanto l’Europa ci chiede dal 2017 e cioè l’estensione dei benefici previsti dal nostro regime di aiuti anche alle attività esercitate su navi che battono bandiere europee sarà ulteriormente difficile per gli armatori italiani non ascoltare le sirene degli altri registri europei. E attenzione, perché la scelta non ricade su bandiere ‘di comodo’: non si tratta di agevolazioni fiscali ma anche e specialmente della semplificazione del nostro apparato burocratico per renderlo maggiormente competitivo”.

Quale e come sarà, se possibile una previsione, il futuro delle flotte navali in termini di ‘sostenibilità’?
“È molto difficile formulare una previsione. Gli armatori guardano con interesse a tutte le possibili soluzioni: da un combustibile di transizione quale il gas naturale liquefatto al metanolo, che sta diventando sempre più presente negli order book. Serve però uno sforzo decisivo da parte dell’industria di terra, appunto: ci dicano quale carburante utilizzare, quale è il migliore, il meno inquinante, e noi ci faremo trovare pronti”.