Diesel, abbiamo un problema. Le scorte globali di gasolio sono in calo, mentre la domanda aumenta. Risultato: cresce la carenza del carburante e di conseguenza il prezzo. Il problema è globale e non promette bene per l’Europa, dato che operatori statunitensi hanno acquistato carichi di diesel destinati al Vecchio Continente. Come scrive il sito oilprice.com, nelle ultime tre settimane tre petroliere, provenienti dal Medio Oriente e dirette verso la Ue, hanno cambiato rotta a metà del viaggio puntando sugli Usa.
I guai sono iniziati durante la pandemia. La scarsità di domanda durante i periodi di restrizioni hanno portato alla chiusura di numerose raffinerie, soprattutto americane. E la svolta elettrica ha spinto il mercato a non investire in questo business. Arrivando ai giorni nostri ci sono tre spine. In Francia lo sciopero che dura da settimane negli impianti di Total Energies ovviamente ha ridotto l’attività di raffinazione, portando alla chiusura di un distributore su tre. Poi, nel Vecchio Continente, sono previste chiusure di impianti causa manutenzione. Infine, da febbraio, per l’Europa non sarà più possibile importare gasolio russo, poiché entrerà in funzione l’embargo verso i distillati del petrolio, mentre il bando al greggio scatterà già a dicembre.
La Ue, prima dell’embargo, sta facendo incetta di diesel da Mosca, anche perché le scorte non sono certo piene come quelle del gas. A proposito di stoccaggi, negli Usa sono scesi a a 106 milioni di barili, il valore più basso da quando sono iniziate le registrazioni (1982), riferisce il sito oilprice.com. Per questo l’America potrebbe decidere di bloccare le esportazioni di gasolio verso l’Europa. Una iniziativa pensata a inizio anno alla Casa Bianca, che però trova l’opposizione dei produttori di combustibili e petrolchimici statunitensi. Un divieto alle esportazioni potrebbe “diminuire i livelli di inventario, ridurre la capacità di raffinazione interna, esercitare pressioni al rialzo sui prezzi del carburante al consumo e alienare gli alleati degli Stati Uniti durante un periodo di guerra“, hanno puntualizzato Mike Sommers dell’API (American Petroleum Institute) e Chet Thompson dell’AFPM (American Fuel & Petrochemical Manufacturers) al segretario all’energia, Jennifer Granholm.
La tensione sui mercati si riflette così sui prezzi. In un anno il gasolio sulla piazza finanziaria americana è passato da 2500 a 3800 dollari/tonnellata. A Londra a metà ottobre 2021 era scambiato a circa 720 dollari a tonnellata, oggi la quotazione del future con scadenza a novembre segna quota 1088 dollari. Al distributore questa tensione si sente in Italia: nel periodo tra l’11 e il 16 ottobre la media del prezzo del gasolio è stata di 1,882 euro al litro (+5,24%). Si tratta, come ha segnalato l’Unione Nazionale Consumatori di “un rialzo di oltre 9 cent al litro, pari a 4 euro e 68 cent a rifornimento. Il 3° maggior rincaro settimanale di sempre. Da quando è iniziata la guerra, nonostante l’intervento sulle accise del governo, il gasolio resta a livelli superiori a quelli del 21 febbraio 2022: +16 cent al litro, +9,3%, pari a 8,02 euro a rifornimento”, ha rimarcato l’Unc. “Rispetto all’inizio dell’anno, il prezzo della benzina è sceso dell’1,3%, mentre quello del gasolio è ancora maggiore del 18,8%”. E la corsa del diesel potrebbe non essere finita.