Oltre 17.500 le vittime in Turchia e Siria: freddo e tensioni politiche frenano i soccorsi

Un bilancio di morti che, come da previsione, non accenna a placarsi. Supera le 17.500 morti il bilancio delle vittime del devastante terremoto che ha colpito il sud-est della Turchia e la Siria settentrionale. Secondo il vicepresidente turco Fuat Otkay sono 14.351 i morti e oltre 60.000 feriti per la sola Turchia, mentre 3.162 persone sono state uccise in Siria secondo i rapporti ufficiali. Il bilancio totale sale quindi a 17.513 vittime.

LE CARENZE DEL GOVERNO TURCO. I volontari e i soccorritori stanno continuando a cercare possibili sopravvissuti tra le macerie delle migliaia di palazzi crollati ma, man mano che passano i giorni, diminuiscono sempre di più le possibilità di trovare qualcuno vivo. E in un crescendo di polemiche, in zone già piegate dal freddo e dal maltempo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è stato costretto a riconoscere le carenze della risposta del governo. Ma proprio a causa delle forti critiche sui social sulla gestione della tragedia da parte delle autorità Twitter è diventato inaccessibile ai principali provider di telefonia mobile turchi. Nell’epicentro del terremoto, a Kahramanmaras, città di oltre un milione di abitanti devastata e sepolta sotto la neve, fino a martedì non è arrivato nessun soccorso. Lo stesso ad Adiyaman, nel sud della Turchia. I volontari stanno facendo del loro meglio ma la rabbia sta crescendo tra la popolazione. “Certo, ci sono delle carenze, è impossibile essere preparati a un simile disastro”, ha detto il presidente Erdogan che ha visitato la provincia di Hatay (sud), quella delle più colpite, al confine siriano. In difficoltà politica, a soli 4 mesi dalle elezioni presidenziali in cui spera di essere rieletto per il quinto mandato, il capo dello Stato ha affermato che nella sola provincia di Hatay sono stati dispiegati 21.000 soccorritori. “Alcune persone disoneste e disonorevoli hanno pubblicato dichiarazioni false come il fatto che non vi siano stati soldati o polizia”, ha denunciato. Ma “i nostri soldati e la polizia sono persone d’onore. Non lasceremo che persone poco rispettabili parlino di loro in questo modo”, ha detto.

INACCESSIBILI LE AREE RIBELLI IN SIRIA. La situazione è peggiore in Siria, dove il governo di Damasco sta impedendo l’arrivo degli aiuti nelle zone del nord-ovest controllate dai ribelli. Un appello è arrivato direttamente dalle Nazioni Unite, affinché il governo “metta da parte la politica” e consenta agli operatori di prestare soccorso. Nel Paese, finora sono stati estratti dalle macerie 2.662 corpi, metà dei quali nelle aree settentrionali e nord-occidentali sotto il controllo dei ribelli.  Queste regioni vicine alla Turchia sono private degli aiuti del governo siriano e dipendono solitamente dal supporto di Ankara, attualmente coinvolta nel disastro sul proprio territorio. “Chiediamo alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità nei confronti delle vittime civili. Le squadre di soccorso internazionale devono entrare nelle nostre regioni”, ha detto il portavoce dei Caschi Bianchi Mohammad Al-Chebli. “È una vera corsa contro il tempo, le persone muoiono ogni secondo sotto le macerie”, ha aggiunto. “Centinaia di famiglie sono ancora disperse o intrappolate tra le macerie”. Ad Aleppo, nella zona governativa, i soldati russi hanno salvato un uomo dalle macerie nella notte tra martedì e mercoledì, come annunciato dal ministero della Difesa russo. Un totale di 42 persone sono state soccorse dai militari russi.

GLI AIUTI INTERNAZIONALI. Continuano intanto gli arrivi di aiuti internazionali: oltre alle 36 squadre di soccorso e mediche, sono arrivati 11 esperti di protezione civile di Finlandia, Francia, Lettonia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia. Un team di supporto tecnico di 12 persone di Danimarca, Finlandia e Svezia li accompagnerà, ha reso noto la Commissione europea. La presidente Ursula von der Leyen, e il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, hanno annunciato l’intenzione di ospitare una conferenza dei donatori, in coordinamento con le autorità turche, per mobilitare fondi della comunità internazionale a sostegno delle due popolazioni colpite dal sisma.

IL SOSTEGNO DELL’ITALIA. Per quanto riguarda l’Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto sapere che “allo stato attuale, in base alle informazioni fornite, le squadre USAR (Urban Search And Rescue) dei Vigili del fuoco italiani in Turchia sono riusciti a salvare due ragazzi in due distinte operazioni di soccorso ad Antiochia e stanno lavorando per trarre in salvo altre persone”. La premier ha poi mandato “un incoraggiamento e un ringraziamento sentito ai nostri generosi connazionali che stanno concretamente portando aiuto alle popolazioni colpite da questo apocalittico terremoto, con la loro specifica professionalità nella ricerca e nel soccorso in contesti cittadini”.

OPERAZIONI DIFFICILI PER IL MALTEMPO. In Turchia, il maltempo sta complicando il compito dei soccorsi “anche perché le prime 72 ore sono cruciali per trovare i sopravvissuti”, ha dichiarato il capo della Mezzaluna Rossa turca, Kerem Kinik. Nella provincia turca di Hatay (sud), duramente colpita dal terremoto, bambini e adolescenti sono stati estratti dalle macerie di un edificio. “Improvvisamente abbiamo sentito delle voci e grazie all’escavatore (…) abbiamo potuto sentire immediatamente tre persone contemporaneamente”, ha raccontato uno dei soccorritori, Alperen Cetinkayanous. In questa provincia, la città di Antakya (l’antica Antiochia) è in rovina, travolta da una densa nuvola di polvere a causa delle macchine per lo sgombero che scavano tra le macerie: grazie al team Usar (Urban search and rescue) dei vigili del fuoco italiani sono stati liberati due ragazzi dalle macerie. Nulla da fare per una bambina: i vigili del fuoco hanno estratto il corpo privo di vita e lo hanno consegnato alle autorità turche.

(Photocredit: AFP)