Outa, in Tunisia la plastica marina diventa denim sostenibile

Il 99% del processo si svolge nel Paese, dal denim trasformato in ordito e trama alle sarte che realizzano il capo finale. Il marchio si è rivolto alla stilista francese Maud Beneteau

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Da rifiuti in mare a tessuti per indumenti in denim sostenibile. L’idea non è nuova, ma sta finalmente prendendo piede anche in Tunisia, con la collezione Outa.

Una quindicina di ‘barbéchas‘ – raccoglitori informali di rifiuti – partecipano al programma ‘Kerkennah Plastic Free‘, sostenuto dall’Unione Europea, per riciclare le 7.000 tonnellate di  plastica che ogni anno riempiono le isole Kerkennah, nel Sud-Est del Paese.

I barbéchas portano i rifiuti raccolti ogni giorno a un selezionatore che li passa a una società di raccolta e poi a un trituratore.  In partnership con Seaqual, un consorzio internazionale di aziende e Ong, la plastica marina viene acquistata a un prezzo competitivo e stabile per tutto l’anno. I detriti provenienti dalla triturazione vengono trasformati in fibra di nylon da Seaqual in Portogallo, in uno dei soli quattro impianti al mondo dotati di questa tecnologia.

L’azienda utilizza il 10% di plastica marina nella composizione del suo filato di poliestere, con l’obiettivo di aumentare questa percentuale in modo significativo. A parte la fibra prodotta all’estero, l’intero processo è Made in Tunisia. Un’enorme macchina tesse il denim dal filato Seaqual nello stabilimento Sitex di Ksar Hellal, nella zona Centro-Orientale del Paese.

Anis Montacer, fondatore del marchio di tessuti e moda Outa, ha stretto una partnership con Sitex, lo specialista tunisino del denim e fornitore di Hugo Boss, Zara e Diesel. Entro il 2022, il 70% della loro produzione sarà basata su fibre riciclate.

Il 99% dell’intero processo si svolge in Tunisia, dal denim trasformato in ordito e trama a Ksar Hellal alle sarte tunisine che realizzano il capo finale. Il fondatore del marchio si è rivolto alla stilista francese Maud Beneteau, ex di Hedi Slimane, per disegnare la sua prima collezione Haute Couture. Il costo di produzione è superiore del 20% rispetto al denim non sostenibile,  ma l’uomo dietro Outa crede di poter “unire altri imprenditori e ispirare gli stilisti a produrre collezioni eco-responsabili“. Outa ha fatto il suo debutto alla Settimana della moda di Tunisi a giugno. Maud Beneteau ammette che è stato difficile lavorare con “un tessuto elastico, un po’ spesso e rigido, originariamente destinato al prêt-à-porter e all’abbigliamento sportivo, per realizzare abiti di alta moda“. La stilista, che è abituata a “materiali pregiati come la seta, i cotoni e il lino“, inizialmente era riluttante a utilizzare una fibra di poliestere. Ma alla fine, ai suoi occhi, questo materiale si è guadagnato i suoi meriti, “se si pensa che viene riciclato, che rispetta l’ambiente, che si creano posti di lavoro, che le persone raccolgono la plastica, un’intera catena molto interessante“.