Picierno: “Rinnovabili un punto fermo, non si può restare indietro”

Per la vicepresidente del Parlamento europeo il caro-energia si affronta in due modi: "Sostenendo il potere d’acquisto delle famiglie e la capacità produttiva delle nostre imprese e diversificando le fonti"

PINA PICIERNO

Le fonti rinnovabili non si toccano, non sono in discussione, ma certo la guerra in Ucraina ha rimescolato le carte e quindi “nulla può essere escluso” in materia energetica, ma occorre agire con pragmatismo e “sapienza” per non compromettere né la transizione verde né l’economia europea. La vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, non nasconde che a sfide già note se ne siano aggiunte di nuove, per le quali chiede coraggio, soprattutto ai governi. “Il qui e ora va affrontato con risorse ulteriori, non prendendole da quelle già destinate per altro”, dice nell’intervista concessa a GEA, dove ribadisce la necessità di andare avanti con le sanzioni contro la Russia.

Il parlamento chiede l’embargo di gas e petrolio russi, ma la risoluzione è non legislativa. Come convincere gli Stati membri?
“Le risoluzioni producono un effetto sui governi nazionali variabile nel tempo e nelle condizioni date. Resto convinta che bisogna affrontare con maggiore coraggio la sfida al mondo e all’Europa lanciata da Putin, soffocando le risorse economiche di cui beneficia principalmente l’élite del Cremlino. Il tempo farà la sua parte. Se il conflitto dovesse durare ancora per molto, credo che sarà a tutti evidente la necessità di includere il rifornimento di gas e petrolio nelle sanzioni”.

La rielezione di Macron aiuta l’Unione europea nelle politiche di affrancamento dal fornitore russo?
“La vittoria di Macron è significativa per tutto il processo di integrazione. La sua affermazione elettorale è una buona notizia per chiunque abbia a cuore un futuro del nostro continente segnato da condivisione della sovranità e solidarietà. Buona parte di questo processo nel prossimo futuro sarà determinato dalla capacità dell’Unione di rendersi autonoma dal punto di vista energetico. Il Next Generation è stato immaginato anche per questo”.

La Francia, anche prima delle elezioni, ha annunciato l’intenzione di procedere verso l’embargo di petrolio e gas russi, ma il Paese ha una forte tradizione sul nucleare. È un’energia davvero verde? L’Ue può permettersela per essere davvero verde?
“Il cuore del Next Generation e del Green Deal restano le tecnologie da fonti rinnovabili, è un punto fermo, ma nella fase di transizione bisognerà essere flessibili. La crisi ucraina cambia tutto lo scenario energetico, anche nell’Unione, e non possiamo escludere nulla a priori. Serve responsabilità e concretezza”.

La presidente della Bce, Christine Lagarde, sostiene che la transizione sostenibile può creare una nuova corsa alle risorse che servono quali rame, cobalto e nichel. L’Ue ce la può fare? Vede rischi in tal senso per l’Europa e la sua strategia?
“Ha perfettamente ragione e l’Unione deve dotarsi di una politica estera e di difesa comune anche per questo. Vanno intensificati i nostri rapporti diplomatici e commerciali con l’Africa e tutta l’area del Mediterraneo, per esempio. Dobbiamo essere all’altezza della nuova competizione globale che si sta determinando dopo la crisi pandemica e dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina. Come ripeto spesso, potenza gentile non significa debole e nessun paese da solo può farcela”.

Il fondo sociale per il clima basta ad evitare che il costo della transizione verde sia scaricato sulle famiglie o serve altro? In caso, cosa può fare l’Unione europea e nello specifico il Parlamento?
“Le transizioni hanno sempre dei costi, nessuna rivoluzione industriale è a costo zero. Ma questi costi sono stati sempre limitati nel tempo di una generazione e per specifici settori. Bisognerà intervenire con sapienza, in maniera selettiva, con una rete di protezione efficace. Ci sarà in questo caso chi rimarrà indietro, come nel caso della transizione digitale. E andrà sostenuto, non solo dal punto di vista sociale ma anche formativo. La transizione verde è anch’essa rivoluzione della conoscenza, e come tale andrà affrontata, non lasciando interi pezzi della società ai margini. Il fondo sociale è sicuramente un buon inizio, vedremo nel tempo se saranno necessari altri strumenti, ma sono ottimista: in fin dei conti sarà una rivoluzione utile per tutti. Il Parlamento? Non c’è scelta, come queste ultime, in cui non abbia fatto da battistrada. Diciamo che in questi ultimi anni, in particolare dalla Presidenza di David Sassoli in poi, il Parlamento indica prima e più efficacemente le strade che le altre istituzioni europee e i governi nazionali poi effettivamente percorrono”.

Visti i poteri del Parlamento in materia di bilancio, ritiene che una modifica per contrastare il caro-energia possa essere una possibilità da seguire?
“Assolutamente sì, distinguendo sempre emergenza da prospettiva. Il caro-energia si affronta in due modi, con strumenti diversi: il qui e ora, sostenendo il potere d’acquisto delle famiglie e la capacità produttiva delle nostre imprese, e il futuro, la prospettiva della diversificazione delle fonti e dell’autonomia energetica. In entrambi i casi dovremo fare di più, con gli strumenti già in nostro possesso. Ma a nessuno venga in mente di modificare il Next Generation o la politica di coesione in funzione di questa crisi. Sono strumenti per le prossime generazioni e abbiamo bisogno di solidarietà generazionale. Il qui e ora va affrontato con risorse ulteriori, non prendendole da quelle già destinate per altro”.