Ombrelloni chiusi sulle spiagge italiane per due ore venerdì mattina, dalle 7.30 alle 9.30. Sulle concessioni scadute alla fine del 2023, i balneari accusano la Commissione europea di “minacciare un’antica tradizione” e il governo di Giorgia Meloni di non averli sostenuti abbastanza.
Chiedono certezze sui rinnovi, mentre Governo e Unione europea continuano ad avere un confronto “serrato“, ha assicurato il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, in conferenza stampa due giorni fa. I gestori sono in attesa di conoscere il nuovo quadro normativo, ma la questione è rinviata per il momento alla fine dell’estate.
Gli stabilimenti occupano la stragrande maggioranza delle spiagge della penisola e le concessioni si tramandano di generazione in generazione. Negli ultimi due decenni, lo Stato ha ignorato gli avvertimenti della Commissione europea, che chiede l’apertura delle concessioni alla concorrenza e la fine del rinnovo automatico alle stesse famiglie. In più, il canone sostenuto è spesso irrisorio.
Secondo alcune stime, lo Stato riceve 115 milioni di euro all’anno per concessioni che hanno un valore di 15 miliardi di euro.
Sullo sciopero, le sigle si spaccano: Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti si mobilitano, Assobalneari, Federbalneari e Cna rinunciano. E anche sulle adesioni c’è confusione. Secondo Sib e Fiba la partecipazione è stata “massiccia“, di più: “oltre ogni aspettativa”. Secondo il Codacons è stato “un flop“. “La protesta non ha raggiunto i risultati sperati – spiega l’organizzazione –. Al di là delle istanze della categoria, che chiede giustamente certezze sul proprio futuro, proclamare scioperi nel bel mezzo della stagione estiva si conferma una scelta sbagliata, bocciata sia dai consumatori sia dagli stessi gestori“.
L’associazione a tutela dei consumatori accusa alcuni operatori di “speculazione” e chiede alle autorità di revocare le concessioni concesse alle strutture che praticano prezzi “esagerati“.
Se si scelgono spiagge di ‘lusso’, la spesa supera i 500 euro al giorno e può arrivare a sfiorare i 700 euro. E’ il caso del Cinque Vele Beach Club di Marina di Pescoluse, dove un gazebo con due sedute in prima fila nell’area ‘Exclusive’ arriva a costare ad agosto (se prenotato in anticipo con opzione rimborsabile) 696 euro al giorno. Servono 600 euro per una tenda araba al Twiga di Forte dei Marmi. Per una giornata al mare nella spiaggia dell’Hotel Excelsior del Lido di Venezia, la spesa per una capanna in prima fila è di 515 euro. Poco meno al beach club dell’Augustus Hotel di Forte dei Marmi, 500 euro per una tenda in prima fila. Stessa spesa al Nikki Beach Costa Smeralda: per l’Iconic Beach bed servono 270 euro, ma occorre aggiungere una consumazione minima da 230 euro per vino o champagne, per un totale appunto di 500 euro al giorno.
“Questo sciopero è estremamente ridicolo“, tuona il deputato di Avs, Angelo Bonelli: “E’ il disastro che ha compiuto la Meloni – denuncia – che vuole privatizzare le spiagge, ha allungato le spiagge italiane di 3.000 km per evitare di mandarle in concessione. Noi vogliamo difendere le spiagge libere di fronte allo strapotere di chi le ha privatizzate e cementificate“.
“Sta crollando il castello di bugie della destra costruito negli ultimi anni“, commenta Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Politiche europee alla Camera. “Sarebbero dovuti andare a Bruxelles a chiedere la disapplicazione della direttiva Bolkenstein, portando addirittura gli ombrelloni dei nostri stabilimenti Balneari e invece sono vittime della loro propaganda”, insiste, additando il governo di “immobilismo“. “Una sceneggiata“, la definisce Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Lo sciopero, scandisce, “si chiude a tarallucci e vino, o forse dovremmo dire a pane e pomodoro, considerato che alcuni gestori hanno optato per fare banchetti e brindisi con i loro clienti“.