Con Silvio Berlusconi se ne va un assoluto protagonista degli ultimi 30 anni. La sua scomparsa, però, non riguarda solo la famiglia politica di Forza Italia, ma tutta la coalizione di centrodestra che, in questa fase storica, tiene anche le redini della maggioranza e del governo del Paese. Cosa accadrà d’ora in poi è difficile prevederlo, sebbene qualche scenario è possibile tracciarlo. Partendo dalle parole del leader leghista e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che ai microfoni dello speciale del Tg1 sulla morte dell’ex premier, con la voce rotta dalla commozione, racconta dell’ultima telefonata, sabato scorso alle 23, dopo la finale di Champions League tra Manchester City e Inter: “Stava lavorando, per le europee, per FI, per il governo. Ha detto ‘mi raccomando, tante opere che ho cominciato io, finitele voi’, ma sicuramente sarà più difficile, perché riusciva a mettere d’accordo tutti, a tenere in sintonia tutti”.
Ecco, nella coalizione di destra-centro il Cav aveva ritagliato per sé lo spazio che potremmo definire di ‘moderatore moderato’ di una maggioranza che, pur stando insieme, non sempre ha remato nella stessa direzione, perché non tutti la pensano sempre alla stessa maniera. Molto spesso le ‘tregue’ interne venivano firmate negli ormai famigerati vertici di Arcore e, più recentemente, di Villa Grande, nuova residenza romana di Berlusconi, scelta dopo aver lasciato lo storico primo piano di Palazzo Grazioli. Forza Italia era ancora in una profonda fase di transizione, con le nuove nomine dei vertici da completare e un dibattito interno tra le varie anime del partito tutt’altro che arrivato a sintesi. O meglio, la sintesi era sempre e solo una: il Cavaliere. Ora che non c’è più il rischio è che non si trovi un altro elemento catalizzatore, invogliando alcuni elementi a scegliere altri lidi. Sulla piazza ci sono FdI, la Lega ma anche Iv di Matteo Renzi, che qualcuno da FI lo ha già accolto in passato. Senza centro il pericolo per la maggioranza sarebbe quello di prendere sbandate troppo orientate a destra, proprio ora che si deve giocare la fase di partita più calda per il Pnrr. E proprio ora che il governo insegue l’obiettivo di diventare l’hub energetico dell’Europa con il Piano Mattei elaborato dalla premier, Giorgia Meloni. I contatti internazionali di Berlusconi avrebbero fatto molto comodo, in alcune circostanze.
Così come in Europa è tutta da scrivere la storia prossima futura del Partito popolare europeo, di cui FI è parte integrante e Silvio Berlusconi ne era uno dei player più influenti, a pochi mesi da una tornata elettorale che dovrà ridisegnare gli assetti istituzionali del Vecchio continente, con una guerra in Ucraina di cui non si vede ancora la parabola discendente, l’inflazione ancora galoppante e gli equilibri geopolitici che restano in bilico. In Europa l’attuale ministro degli Esteri, Antonio Tajani, gode sicuramente di grande stima, ma è un fatto – politicamente rilevante – che non possa dare la piena garanzia ai partner Ue di portare sulle spalle l’eredità politica del Cav. Ciò non significa che il suo peso sia minore, questo è bene chiarirlo, ma che gli interlocutori – attenti osservatori anche delle cose interne del nostro Paese -, percepiscono che il vicepremier non possa parlare a nome di tutto il suo partito. I prossimi mesi, dunque, diventano dirimenti per capire se la catena di eventi che seguirà la scomparsa di Berlusconi genererà nuova instabilità o se, invece, FI e la maggioranza, per dirla sempre con le parole di Salvini, saranno stati capaci di “portare avanti almeno una piccola parte del suo enorme lavoro“.