Di price cap se ne parlerà a ottobre, ma Mario Draghi non è deluso. Il bilancio di questa due giorni europea si riassume con le parole del premier al termine di Consiglio Ue ed Eurosummit: “Immaginavo che alla fine saremmo finiti nel solito rinvio, con un linguaggio un po’ vago”, invece “le cose si stanno muovendo” e a settembre la Commissione europea dovrà produrre un report con le soluzioni per il tetto massimo al prezzo del gas, ma anche – e questa potenzialmente potrebbe essere la vera svolta – una roadmap per riformare il mercato dell’energia elettrica. Che, per inciso, ha senso solo disaccoppiando il costo di quella prodotta dal gas da quella estratta da fonti rinnovabili, come ripetono da mesi sia il capo del governo sia il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Ma questa è un’altra storia.
La cronaca dell’attualità rivela che in questa battaglia continentale Draghi non è stato ascoltato quando ha chiesto di programmare un vertice straordinario a luglio – però “se la situazione dovesse aggravarsi è chiaro che ci sarà, questo sottolinea è stato detto esplicitamente: non è che stiamo lì a far passare due mesi e mezzo senza far nulla” – ma almeno ha recuperato l’appoggio della Germania, passata “progressivamente da un’obiezione di principio” a una “apertura“. Così come l’Olanda, altro grande ostacolo sul cammino italiano, e altri Stati membri “molto rigidi all’inizio di questa di questa discussione” ma che adesso stanno cambiando idea. La resistenza, comunque, resta “di quei Paesi cosiddetti frugali“. Contrari anche a un Recovery fund sulla scia di quello varato per contrastare gli effetti del Covid, anche se lo stesso Draghi non sembra convintissimo: “Non è una situazione in cui è necessario avere dei grants, degli aiuti, ma avere una capacità fiscale comune, che faccia capire ai mercati che siamo tutti insieme“.
La frase che ripete più spesso alla fine dei lavori è che “le cose non vengono da sole, ci vuole tempo“: per preparare le contromosse ai tagli delle forniture decisi unilateralmente da Vladimir Putin, ma soprattutto per mitigare il rincaro dei prezzi di gas e materie prime, che stanno mettendo in seria difficoltà le economie europee, colpite dall’inflazione; sebbene i rialzi dei costi non sono più colpa esclusiva dei prodotti energetici, avverte il presidente del Consiglio. Che riunirà nel giro di 15 giorni il tavolo con le parti sociali per affrontare il tema della protezione e sostegno al potere d’acquisto degli italiani “importante ed essenziale per tanti aspetti, uno dei quali è la pace sociale, la pace nelle relazioni industriali“.
Un altro punto che Draghi può iscrivere nella casella dei ‘pro’, tornando dalla trasferta di Bruxelles, è la “consapevolezza” diffusa in Europa “rispetto alla serietà della situazione“, e dunque il conseguente “impegno chiaro a coordinarci di più nella ricerca di nuovi fornitori, negli stoccaggi, nelle piattaforme comuni“. A proposito, l’opera per riempire le scorte di gas del nostro Paese sta andando “molto bene“, così dice il responsabile di Palazzo Chigi quando gli viene chiesto lo stato dell’arte in vista dell’inverno. E anche l’opera di diversificazione delle fonti procede a pieno ritmo: “La dipendenza dalla Russia l’anno scorso era del 40%, oggi è del 25%, le misure che il governo ha messo in campo già proprio dall’inizio della guerra cominciano a dare risultati“.
Il lavoro non è ancora finito, però. Perché ci sono ancora le difficoltà per i cittadini e le imprese, non solo sulle bollette ma anche sui carburanti. Per questo motivo i ministri dell’Economia, Daniele Franco, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, hanno firmato il decreto interministeriale che proroga al 2 agosto prossimo il taglio delle accise di 30 centesimi al litro per benzina, diesel, gpl e metano per autotrazione. Che con il terzo decreto Energia varato dal Cdm in settimana dovrebbero riportare la situazione sotto la soglia di allarme. Gli scudi restano tutti attivati, aspettando che l’Europa faccia passare in fretta questo extra time di riflessione sul price cap.