Governo difende RearmEu: “Non è corsa a bombe e carri armati”. Opposizioni: “Mes per armi”

La premier, Giorgia Meloni, al termine del vertice straordinario a Bruxelles ha spiegato che difesa è un termine ampio, che va oltre il riarmo. Resta perplessità Lega.

L’Europa approva il piano RearmEu da 800 miliardi di euro per aumentare il livello di sicurezza del Continente. Ora, per gli Stati membri, il compito sarà quello di spiegarlo ai propri cittadini. In Italia la partita è già iniziata, con la premier, Giorgia Meloni, che già al termine del vertice straordinario a Bruxelles ha spiegato che difesa è un termine ampio, che va oltre il riarmo.

Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, scende in campo per fare la sua parte e rispondere alle critiche piovute da buona parte delle opposizioni, ma anche dai suoi alleati della Lega. “L’Europa per contare nel mondo deve garantire la propria sicurezza e non può gravare sempre sugli Stati Uniti”, spiega il vicepremier, chiarendo: “Non è una corsa a comprare bombe e carri armati, la sicurezza è qualcosa di molto più ampio”. Cita, ad esempio, l’impegno della Marina Militare nel Mar Rosso per proteggere “il traffico mercantile che trasporta i prodotti del Made in Italy verso l’Oriente e che sono attaccati dagli Houthi”. O ancora garantire “strade sicure, stazioni sicure, la protezione delle nostre frontiere, la lotta contro l’immigrazione clandestina e contro il terrorismo”. Senza dimenticare temi come cybersicurezza e gli interventi quando si verifica qualche calamità naturale: “Chi interviene per controllare il territorio: i carabinieri e i nostri militari”. Il piano Ue, peraltro, potrebbe rivelarsi anche un’opportunità per l’industria della difesa. “La signora Lagarde, che guida la Banca centrale europea – sottolinea Tajani – ha detto che può essere anche uno strumento di crescita e ripresa, perché l’industria utilizza l’acciaio e noi abbiamo punte di eccellenza, come Leonardo”.

Oltre alla narrazione c’è anche la politica, però. Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti non hanno nascosto la loro perplessità (per usare un eufemismo), con toni anche sopra le righe. Ma Tajani ribadisce il concetto: “E’ il presidente del Consiglio che decide la politica estera insieme al ministro degli Esteri”, ed è quello che l’Italia ha fatto anche a Bruxelles nonostante le bocche storte nel Carroccio. Ma il vicepremier non vuole aprire crepe: “Per quanto riguarda la politica internazionale tutti i contributi sono utili. Il governo non è una caserma, è un luogo dove si discute, quindi anche le proposte di Giorgetti sono certamente le benvenute”.

Argomentazioni che valgono per la maggioranza, ma che di certo non convincono le opposizioni. O meglio, una parte delle opposizioni. Il Pd ribadisce la propria contrarietà: “Siamo convinti che oggi serva un salto in avanti verso difesa comune europea” ma questa “è una cosa diversa rispetto all’agevolazione al riarmo dei 27 Stati membri, come fa il piano von der Leyen. Per questo va nella direzione sbagliata”, sostiene la segretaria, Elly Schlein. Che propone, invece, un nuovo Sure per finanziare progetti comuni europei.

Il Movimento 5 Stelle sceglie la linea dura, attaccando direttamente la premier. “Meloni si è costruita un Mes per le armi senza esserne nemmeno consapevole”, affonda il colpo il capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli. Mentre i parlamentari pentastellati delle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Palazzo Madama invitano la presidente del Consiglio a “non nascondersi dietro pusillanimi rebranding o dietro l’ipocrita richiesta di una garanzia europea per alimentare investimenti privati in difesa. Una bomba si chiama bomba”. Non è da meno Angelo Bonelli (Avs): “Meloni al Consiglio europeo ha dato il suo via libera al piano di riarmo da 800 miliardi di euro della Von der Leyen senza alcun mandato parlamentare”.

Tra i centristi dell’opposizione, però, le posizioni si dividono. Per Italia Viva “quello della difesa europea è un tema centrale e va perseguito”, ma “affermare, come hanno fatto Meloni e Crosetto, che l’obiettivo italiano era la semplice deroga al Patto di Stabilità è stato un errore perché così sembra che siamo stati accontentati”, mette in luce Davide Faraone. Da Azione, invece, Matteo Richetti invita a “mettere in campo tutte le azioni utili alla difesa dell’Europa. Bisogna agire in fretta e con pragmatismo – sottolinea il capogruppo alla Camera -, lo aveva già sostenuto Mario Draghi mesi fa di fronte al Parlamento europeo sottolineando la necessità di un piano di investimenti da 800 miliardi di euro: bisogna investire in armamenti nazionali che prevedono un coordinamento per andare verso l’obiettivo di una difesa comune europea”.