La strategia Meloni in tre fasi: Stop speculazione, gas nazionale e rinnovabili
La neo presidente del Consiglio: "Servono misure che, nel medio termine, liberino l'Italia da una dipendenza energetica che è inaccettabile". Tra gli obiettivi "la rimozione dei vincoli di installazione e realizzazione degli impianti"
Tenere il punto. È questo il mood di Giorgia Meloni nella nuova veste di presidente del Consiglio, ruolo nel quale, assicura, vuole mettere in pratica le stesse idee con cui si è presentata agli elettori arrivando a ottenere la maggioranza in Parlamento. C’è tanta energia nella replica in Senato dopo la discussione sulle linee programmatiche su cui chiede la fiducia per il suo governo. Che ottiene con 115 voti favorevoli, 79 contrari e soltanto 5 astensioni.
“È una delle nostre grandi priorità“, esordisce in aula. La premier ha in mente tre fronti da aggredire. Innanzitutto il contrasto alla speculazione, con l’Europa ma anche usando strumenti nazionali. Il senso del discorso, o meglio la visione che dice di voler offrire al Paese su cui, poi, costruire i provvedimenti, è racchiuso in un passaggio del suo intervento in Senato. “Ieri il ministro Pichetto Fratin ha partecipato al Consiglio dei ministri dell’Energia europei, si è fatto qualche ulteriore passo avanti, ma ovviamente si ragiona, con i limiti anche dalla difesa dei vari Stati membri dei loro interessi nazionali, su un price cap dinamico. Vedremo i tempi“. Intanto si ragiona, a Roma, “della separazione del prezzo del gas da quello delle altre fonti energetiche“. E se “anche qui non sarà l’Europa a dare risposte, noi siamo pronti a lavorare sul disaccoppiamento crescente“, per poi trovare la quadra con le determinazioni continentali.
Il secondo livello è quello dell’emergenza, “con interventi ben calibrati per aiutare nell’immediato famiglie e imprese“, ma recuperando le risorse “dalle pieghe del bilancio, ma principalmente dagli extra-profitti, con una norma che io ritengo vada riscritta” e “dall’extra-gettito che lo Stato ricava dall’aumento dei costi dell’energia“. Dunque, senza ricorrere a nuovi scostamenti di bilancio continuando “a cercare nuove risorse, magari a debito, scaricandolo sui nostri figli“.
Il terzo capitolo, quello più corposo, riguarda invece gli investimenti nelle infrastrutture. Sui rigassificatori, citando quello di Gioia Tauro (e non Piombino), per il quale dà ragione al governatore Roberto Occhiuto, “basta un Dpcm” per attivare un impianto “in grado di processare da 12 a 16 miliardi di metri cubi di Gnl l’anno e di iniziare a costruire nel nostro Sud quell’hub energetico nazionale ed europeo con cui ci siamo presentati davanti agli italiani“. Per riuscirci occorre “sbloccare procedure ferme da lustri” da “una burocrazia cieca e una visione ideologica francamente incomprensibile“, che se fossero state evitate a tempo debito “non costringerebbero oggi a realizzare rigassificatori con procedure d’urgenza e gravosi impatti sui territori“.
Ma nel programma di Meloni c’è anche (soprattutto) il ritorno allo sfruttamento dei giacimenti di gas nazionali. “Servono misure che, nel medio termine, liberino l’Italia da una dipendenza energetica che è inaccettabile“, dice la presidente del Consiglio. Inoltre, “deve essere nostro obiettivo anche quello di attuare la gas release, che ci chiedono da oltre un anno le nostre aziende – aggiunge – e che, a causa di certo ideologismo, non ha trovato attuazione, costringendoci a pagare costi decuplicati di gas“. Contemporaneamente, però, “si deve tenere conto degli obiettivi europei di potenziamento delle fonti rinnovabili, di promozione delle politiche di fast tracking per rimuovere i vincoli di installazione e realizzazione degli impianti“. Meloni è consapevole che “c’è una grande questione burocratica che va affrontata: ci sono canali preferenziali che si possono creare per coloro che magari aderiscono a cessioni a costi concordati di energia prodotta – spiega -. Si possono abbattere i tempi per l’accesso ai permessi che, chiaramente, costituiscono un grande ostacolo alla realizzazione degli impianti“.
All’ambiente sono dedicati altri due passaggi chiave del suo intervento, ma con una puntualizzazione a cui attribuisce un valore molto alto. “La sostenibilità ambientale deve andare di pari passo con la sostenibilità sociale e la sostenibilità economica“. Ecco perché, riferendosi “ad alcune norme che in passato abbiamo contestato“, non vuole sentir parlare di “demolire filiere di eccellenze produttive nazionali per assecondare obiettivi stabiliti prima della guerra e in un contesto completamente diverso da quello con cui ci interfacciamo oggi“. Ovvero: “In Italia bisogna investire sulle produzioni delle componentistiche essenziali per la realizzazione degli impianti rinnovabili“. Perché “deve essere chiaro che non ci renderemo mai disponibili a passare dalla dipendenza dal gas russo alla dipendenza dalle materie prime cinesi“. La chiosa è sul clima: “Sono favorevolissima al fatto che l’Europa lavori con intelligenza per arrivare a una diminuzione dello 0,8% delle emissioni, ma non sono così d’accordo che lo faccia legandosi mani e piedi ad alcune tra le nazioni più inquinanti al mondo, perché credo che tutti sappiamo come viene prodotto l’elettrico oggi“. Dunque, conclude Meloni, “Europa e Italia devono lavorare davvero perché le emissioni che sono globali, globalmente diminuiscano“.