Clima derubricato e troppo greenwashing in campagna elettorale. Ecco perché Legambiente, in vista delle elezioni politiche del 25 settembre, raccoglie 100 proposte da fare ai partiti. Venti ambiti tematici, con riforme e interventi sulla transizione ecologica.
“Nei prossimi cinque anni, il nuovo esecutivo non potrà permettersi gli errori commessi dal governo Draghi, nato sotto l’egida di una auspicata transizione ecologica“, lamenta Stefano Ciafani, presidente nazionale. Il programma del governo diretto dall’ex capo della Bce, ricorda, era stato salutato con favore, anche da Greenpeace e WWF, ma si è rivelato deludente: “Si è caratterizzato per una narrazione in negativo della ‘rivoluzione green’, paragonata a un bagno di sangue, per le politiche orientate alla diversificazione dei paesi da cui ci approvvigioniamo di gas fossile e non per quelle finalizzate alla riduzione delle bollette e della nostra dipendenza dall’estero, puntando su semplificazioni efficaci e iter autorizzativi veloci di impianti a fonti rinnovabili e dell’economia circolare, nuovi accumuli e reti“. Dai partiti, a cominciare da quelli che sosterranno il prossimo governo, l’associazione ambientalista si aspetta “più coerenza“, rispetto allo storico voto unanime del febbraio scorso, che ha portato all’inserimento nella Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e dell’interesse delle future generazioni. “Occorre, dunque, correggere la rotta rispetto a quanto fatto fino ad oggi. Noi non faremo mancare il nostro contributo, come dimostra l’Agenda di Legambiente che abbiamo presentato ai partiti e che mette al centro la difesa dell’ambiente e gli interessi delle imprese e delle famiglie”, insiste Ciafani.
Le proposte hanno al centro la lotta alla crisi climatica, l’innovazione tecnologica, il lavoro e l’inclusione sociale. Un’agenda che si traduce in nuove leggi da approvare, come quelle sull’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili, sul consumo di suolo, sul riordino dei bonus edilizi, in materia di lotta alla gestione illecita dei rifiuti, alle illegalità lungo le filiere agroalimentari, e per la tutela della fauna e della flora protette; semplificazioni; velocizzazione degli iter autorizzativi a partire dagli impianti a fonti rinnovabili e dell’economia circolare; approvazione di decreti attuativi mancanti, da quelli sull’end of waste per il riciclo a quelli della legge di recepimento della direttiva Red II sulle rinnovabili, sull’agricoltura biologica o sui controlli del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (Snpa). E poi, tra gli altri interventi da mettere in campo: uno spostamento di risorse pubbliche dai settori più inquinanti a quelli più innovativi e con minor impatto ambientale, intervenendo sui sussidi ambientalmente dannosi; potenziamento in organico e competenze degli uffici centrali e territoriali preposti al rilascio delle valutazioni di impatto ambientale, delle autorizzazioni e ai controlli; investimenti in nuove infrastrutture green, a partire da impianti eolici a terra e mare, fotovoltaici sui tetti, agrivoltaici, impianti industriali dell’economia circolare, quelli per smaltire l’amianto, mobilità urbana a zero emissioni, trasporto pendolare, ammodernamento di acquedotti, adeguamento dei depuratori esistenti e realizzazione dei nuovi, riqualificazione degli edifici scolastici, solo per citarne alcuni.
“Da qui al 2027, assisteremo ad anni centrali per le politiche utili al raggiungimento degli obiettivi europei 2030, dobbiamo partire col piede giusto”, afferma il direttore generale, Giorgio Zampetti.
Le misure proposte, assicura, contribuiranno a creare occupazione, realizzare nuovi impianti di economia verde e aiutare famiglie e imprese a ridurre il caro bollette. Secondo l’ultimo Rapporto Green Italy di Fondazione Symbola e Unioncamere, sul fronte occupazionale l’Italia vantava a fine 2020 oltre 3,1 milioni di occupati in green job. La spinta che può arrivare dalle rinnovabili, in coerenza con il pacchetto europeo REPowerEU, secondo l’associazione confindustriale Elettricità Futura garantirebbe 470mila nuovi posti di lavoro entro il 2030, in aggiunta ai 120mila di oggi. Secondo Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti in Italia il percorso verso emissioni nette pari a zero entro il 2050 creerà 2,6 milioni di nuovi posti di lavoro.
Ci sono però degli errori da “evitare“, avverte l’associazione. Due tra tutti, il ritorno al nucleare e il Ponte sullo Stretto di Messina, temi che hanno animato “in modo surreale” una parte della campagna elettorale. Sul nucleare Legambiente ribadisce che è una fonte di energia in declino perché “costosissima e pericolosa“: “La prossima legislatura si impegni piuttosto per chiudere definitivamente la stagione elettronucleare italiana con la costruzione del Deposito di rifiuti radioattivi a media e bassa attività“. Va abbandonato anche l’”insensato progetto” del Ponte di Messina, aggiungono, rilanciando invece gli investimenti in collegamenti veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola, portando le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, potenziando il trasporto via nave lungo lo Stretto e rafforzando i collegamenti in treno da Reggio Calabria a Taranto e Bari.