Ogni anno, in Italia, gettiamo in media 524 grammi di cibo a testa al mese, con un costo di filiera, dai campi alle tavole, che supera i 9 miliardi di euro. Tra gli alimenti più sprecati, la frutta fresca e il pane. Contrastare gli sprechi alimentari, favorendo la distribuzione degli eccessi a chi ne ha bisogno, è “uno degli obiettivi del Governo”, assicura il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. All’evento ‘Il nostro impegno quotidiano’ organizzato da ‘Grande Impero’ in occasione della decima Giornata Nazionale di prevenzione allo spreco alimentare, il 5 febbraio. Il ministro ‘provoca’ la grande distribuzione: “Chieda di comprare meno, ma meglio. Dobbiamo investire sulla qualità. Ci siamo assunti il compito di proteggerla – insiste – stiamo cercando di fare sistema con le altre nazioni per contrastare operazioni a grande impatto mediatico”.
Il riferimento è a diverse battaglie che porta personalmente avanti in Europa, quella contro il Nutriscore, che “penalizza le eccellenze italiane“. Ma anche quella contro l’etichettatura sugli alcolici dell’Irlanda. Il documento congiunto Italia-Francia-Spagna contro l’iniziativa di Dublino che inserisce in etichetta indicazioni allarmistiche sulla salute anche per il vino, ha ottenuto l’adesione di 8 nazioni: “C’è un fronte in Europa che difende una produzione non in nome delle lobby, ma della qualità dei prodotti“, commenta Lollobrigida. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, sta attivando il confronto con la comunità scientifica per avvalorare la posizione di Roma con dati scientifici. Altra battaglia di Roma a Bruxelles è quella contro il cibo sintetico: “Quando si parla di prodotti sintetici di laboratorio il problema è non solo per i nostri imprenditori. Il pericolo che spesso sfugge – ricorda Lollobrigida – è che, con la standardizzazione a basso costo, chi ha potere d’acquisto, continuerà a mangiare bene, al contrario dei poveri che mangiano sempre peggio”. Lo spreco di cibo non è solo un problema etico, le sue conseguenze negative “hanno una forte ripercussione sul sistema economico, porta un avvilimento di tutta la filiera agro-alimentare con gravi conseguenze al Made in Italy“, ribadisce la Ceo di Grande Impero, Antonella Rizzato. Propone di lavorare su investimenti tecnologici come soluzione al problema.
Complici la crisi post covid e l’inflazione, però, qualcosa nelle abitudini degli italiani sta cambiando. Nell’ultimo anno, rileva l’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market / Campagna Spreco Zero, l’86% degli italiani si impegna a consumare tutto quello che cucina e a mangiare anche gli avanzi. Scatta l’effetto “nidificazione”: per 1 italiano su 3 (33%) diminuiscono drasticamente le colazioni, pranzi e per 4 italiani su 10 anche l’abitudine dalla cena al ristorante (42%). Diventano centrali i temi relativi alla sostenibilità alimentare (36%): il 35% del panel ha aumentato il consumo di legumi e derivati vegetali a scapito della carne e delle proteine animali, mentre il 29% ha aumentato l’acquisto di prodotti a km0. E nonostante l’aumento dei prezzi al consumo, la spesa alimentare è infatti quella che diminuisce meno (18%), dietro solo alle spese mediche (11%) e di cura alla persona (17%). E 1 italiano su 3 presta attenzione alla riduzione del consumo di carne (26%), crollano le grandi marche, in calo del 10% nell’interesse dei consumatori, salgono i brand delle catene di vendita. Stabile la soglia di acquisto online, piccolo aumento per il biologico (+ 14%), così come per gli acquisti nei negozi rionali (+14%)