Meloni: “Italia è parte Ue e Nato, chi non è d’accordo fuori dal governo”

La leader di FdI non è rimasta indifferente al fuoco di polemiche alimentato da quello che sta accadendo ai margini delle trattative: "Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile"

Nera di rabbia. Non è difficile immaginare lo stato d’animo di Giorgia Meloni alla vigilia dell’inizio delle consultazioni al Colle. La leader di FdI non è rimasta indifferente al fuoco di polemiche alimentato da quello che sta accadendo ai margini delle trattative per la nascita del nuovo governo. In questo caso, ogni riferimento alle parole di Silvio Berlusconi è puramente voluto. Perché le sgrammaticature di questi ultimi giorni hanno complicato non poco i piani. “Su una cosa sono stata, sono e sarò sempre chiara: intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo“, verga in una nota (durissima) la premier in pectore.

Che prende in mano la situazione e lancia un messaggio chiarissimo, soprattutto agli alleati: “L’Italia con noi al governo non sarà mai l’anello debole dell’occidente, la nazione inaffidabile tanto cara a molti nostri detrattori. Rilancerà la sua credibilità e difenderà così i suoi interessi. Su questo chiederò chiarezza a tutti i ministri di un eventuale governo. La prima regola di un governo politico che ha un forte mandato dagli italiani è rispettare il programma che i cittadini hanno votato“. Di fatto è la risposta a chi si chiedeva se dopo le esternazioni del Cav fossero veri i rumors che davano in dubbio la scelta di Antonio Tajani come ministro degli Esteri. Proprio lui che, invece, con il suo bagaglio di esperienza, lo stand internazionale e la credibilità acquisiti come ex presidente del Parlamento europeo, sarebbe la figura perfetta di raccordo con Europa e cancellerie occidentali (ma non solo), oltre che con Ppe e socialisti. A onor del vero, va comunque riconosciuto che, off the records, sono davvero in pochi, anzi quasi nessuno, nel centrodestra a credere che il coordinatore azzurro possa davvero condividere la stessa visione dei fatti sulla guerra in Ucraina e la Russia del suo leader di partito.

È comunque un’altra grana da risolvere, e subito, visto che il calendario delle consultazioni è ormai stilato e resta ancora da sistemare la questione Mite, ad esempio. Perché i dubbi sullo spacchettamento restano, per due ordini di motivi. Il primo riguarda lo scenario che prevede il ritorno della all’Energia in capo allo Sviluppo economico (Guido Crosetto resta in lizza, ma il suo nome è spendibile anche alla Difesa), al pari di quella sul commercio estero, oggi affidata alla Farnesina per volontà del ministro uscente, Luigi Di Maio. Se così fosse, ci sarebbe un fisiologico periodo di transizione delle competenze dal dicastero di via Cristoforo Colombo al Mite: nella migliore delle ipotesi dai 4 ai 6 mesi, troppi per un Paese che è in piena corsa per i fondi del Pnrr e con tanti decreti ancora da emanare per rispettare il cronoprogramma concordato con la Commissione Ue. La seconda possibilità è che tutto resti com’è, ma a questo punto la candidatura di Gilberto Pichetto Fratin potrebbe essere messa in discussione, anche se gode della stima della coalizione. Ma FdI non sembra intenzionata a lasciare la delega all’energia agli alleati.

Altro capitolo riguarda l’agricoltura. Gian Marco Centinaio è (quasi) ufficialmente fuori dai giochi con la nomina a vice presidente del Senato. La Lega continua a rivendicare di avere le carte in regola per il Mipaaf, ma anche in questo caso Fratelli d’Italia può giocare la carta Luca De Carlo o anche Ettore Prandini, attuale numero uno di Coldiretti. Le figure adatte al ruolo non mancano, insomma. Al Carroccio andrà il ministero delle Infrastrutture, per il quale sembra destinato proprio Matteo Salvini, con l’aggiunta della carica di vice premier. Il segretario federale avrà tra le mani diversi dei dossier più importanti del Piano di ripresa e resilienza.

A sciogliere le ultime riserve sarà il confronto con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che parla oggi con il presidente emerito, Giorgio Napolitano, poi con il presidente del Senato, Ignazio La Russa, e alle 11 con quello della Camera, Lorenzo Fontana. Dalle 12 si parte con le forze politiche con le Autonomie del Senato della Repubblica. Mezz’ora dopo nella Sala della Vetrata saranno ricevuti i rappresentanti del gruppo Misto di Palazzo Madama e nel pomeriggio, alle ore 16, gli omologhi di Montecitorio. Alle 16.30 sono è attesa l’Alleanza Verdi-Sinistra della Camera, alle 17 Azione-Italia Viva-Renew Europe, alle 18 il M5S e alle 19 il Pd. Venerdì, invece, alle 10.30, arriverà il centrodestra, in delegazione unica FdI, Lega, Forza Italia, Civici d’Italia–Noi Moderati-Maie.

Nel frattempo, i due rami del Parlamento hanno finito la composizione degli uffici di presidenza, seppur tra le proteste del Terzo polo, escluso dalla ripartizione delle cariche. Infatti, alla Camera sono stati eletti vice presidenti Fabio Rampelli (FdI), Giorgio Mulè (FI), Anna Ascani (Pd) e Sergio Costa (M5S); questori Paolo Trancassini (FdI), Alessandro Manuel Benvenuto (Lega) e Filippo Scerra (M5S); e segretari Fabrizio Cecchetti (Lega), Chiara Colosimo (FdI), Giovanni Donzelli (FdI), Riccardo Zucconi (FdI), Annarita Patriarca (FI), Gilda Sportiello (M5S), Roberto Traversi (M5S) e Chiara Braga (Pd). A Palazzo Madama i vice di La Russa sono Gian Marco Centinaio (Lega), Maurizio Gasparri (FI), Anna Rossomando (Pd) e Mariolina Castellone (M5S); questori Gaetano Nastri (FdI), Antonio De Poli (Civici-Udc-Noi Moderati) e Marco Meloni (Pd); segretari Antonio Iannone, Erika Stefani, Marco Silvestroni, Andrea Paganella, Gianpietro Maffoni, Pietro Lorefice, Marco Croatti, Valeria Valente.

Ultima annotazione spetta al governo uscente. Perché nell’ultimo Consiglio dei ministri presieduto da Mario Draghi è stato deciso di prorogare fino al 18 novembre la riduzione delle aliquote di accisa su prodotti energetici utilizzati come carburanti (aliquote di accisa sulla benzina, sul gasolio e sui gas di petrolio liquefatti (Gpl) impiegati come carburanti); l’esenzione dall’accisa per il gas naturale per autotrazione; e la riduzione dell’aliquota Iva (fissata al 5%) per le forniture di gas naturale impiegato in autotrazione. Una boccata d’ossigeno per famiglie e imprese, in attesa che Palazzo Chigi abbia un nuovo inquilino. Buriana permettendo.

(Photo credits: Piero CRUCIATTI / AFP)