Un ‘tesoro’ da quasi 150 miliardi di euro, che consente all’Italia di occupare il terzo posto a livello europeo per ricchezza prodotta, dopo Spagna e Germania. E’ la Blue Economy, l’economia del mare, che riguarda oltre 225mila imprese – di cui 21mila guidate da giovani – che danno lavoro a 921mila addetti. Numeri importanti, anche se “non dobbiamo sederci sugli allori, ma trovare l’ambizione per andare avanti“. Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare, nel corso degli ‘Stati generali delle Camere di commercio’, torna a parlare di quel “foglio bianco”, da “scrivere insieme”, per arrivare alla redazione di un piano ad hoc entro luglio. E lo fa invitando a “fare di più”, a “giocare un ruolo davvero da protagonisti” in un “Mediterraneo che cambia, che non è più di frontiera, ma di cerniera”.
Ma in che modo? Intanto superando la visione “strabica e distratta” dell’Europa “che guardava solo o verso ovest o verso est”, mentre “noi, con la ferma volontà del governo Meloni, ci stiamo affacciando per aprire dialoghi con potenze economiche finora snobbate” da Bruxelles. A partire dall’Africa, spiega Musumeci, “con un approccio diverso rispetto a quello a cui siamo abituati”, grazie “al Piano Mattei”.
Per farlo, però, serve una programmazione che “è mancata in passato” e la nascita del ministero per le Politiche del mare ha questo obiettivo: “diventare non la soluzione dei problemi, ma lo strumento che finora è mancato per consentire un dialogo tra gli attori di questo straordinario mondo“. L’orizzonte temporale, assicura il ministro, è quello dei cinque anni di legislatura perché “questa è la visione per la durata del governo”. Un tempo durante il quale far diventare i porti “il motore di crescita del Mezzogiorno e dell’intero Paese”, perché “un Sud degradato dal punto di vista socio economico diventa una zavorra” per tutta l’Italia. “Pensare che attraverso il mare e i porti – spiega Musumeci – il sud possa migliorare la propria condizione economica è davvero un fatto di rilevante novità su cui 10-15 anni fa nessuno avrebbe scommesso un centesimo“.
Porti su cui anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, scommette. “Diventeranno centrali dal punto di vista geopolitico e climatico”, dice durante gli Stati generali, perché “l’economia del futuro sarà quella del Mare e dello spazio, che sono dimensioni che devono ancora esser esplorate e l’Italia ha un’esperienza millenaria e secolare in questi campi, siamo all’avanguardia“.
Ma la Blue Economy del futuro, ricorda Andrea Prete, presidente di Unioncamere, dovrà necessariamente “sposare la sostenibilità” per “avere un Paese più bello e più appetibile”, anche attraverso “l‘allineamento della formazione a quelle che sono le esigenze” delle aziende. Mancano le competenze per le professioni green, ribadisce, necessarie a fare dell’economia del mare “un volano imprescindibile per la crescita economica“.