Ambiente, transizione ecologica, cambiamenti climatici sono parole entrate, ormai, nel lessico quotidiano di ogni cittadino. Ma pochi sanno che questi temi abbracciano molti più gangli della società moderna di quanto si possa immaginare, coinvolgendo milioni di persone di quasi tutti i settori produttivi. E la giurisprudenza, il mondo del Diritto ne sono parte integrante. Ne ha parlato con Gea la presidente della Camera forense ambientale, Cinzia Pasquale.
Presidente, i capitoli più consistenti del Pnrr sono riservati alla Transizione ecologica: quali sono gli ostacoli burocratici che l’Italia deve superare per una vera rivoluzione green, dal suo punto di vista?
“Occorre subito fare chiarezza su un concetto di base: la formula ‘ostacoli burocratici’ viene usata per evocare iter autorizzativi che risulterebbero farraginosi, lunghi, fin troppo complessi. Tuttavia, il procedimento amministrativo ha una sua significativa rilevanza, perché consente di acquisire tutti gli interessi, pubblici e privati, che vengono a essere coinvolti nell’esercizio di un potere. Ciò è particolarmente vero in materia ambientale ove molteplici, e talvolta eccentrici, sono le posizioni da compendiare. Si pensi al diritto all’ambiente salubre e al paesaggio rispetto a quelli della crescita economica e all’esercizio dell’attività d’impresa. Le fasi del procedimento sono scandite da tempi ristretti che, se rispettati, consentono di disporre degli elementi necessari per addivenire a una decisione ponderata e consapevole. Il problema è piuttosto nella lentezza dell’apparato amministrativo; quest’ultimo, talvolta per carenze d’organico e di professionalità, finisce collo svolgere la sua funzione in modo incerto, sovrabbondante, inesorabilmente lento. È qui, a mio modo di vedere, che il legislatore deve intervenire in modo netto ed efficace. E ciò anche mediante acquisizione di professionalità dedicate e soprattutto interventi di formazione appropriata che consentano al personale di maturare esperienza nella gestione di attività indubbiamente complesse”.
Tra gli obiettivi della Cfa c’è quello di colmare il deficit formativo e informativo nella materia giuridico-ambientale: in Italia esiste una vera cultura del Diritto ambientale?
“Il diritto ambientale ha origine relativamente recente, negli anni ’80 dello scorso secolo. In seguito si è registrato un percorso di crescente intensità che ha consentito di definire una trama normativa ampia e articolata, ma non sempre perfettamente coordinata nelle sue diramazioni e di difficile lettura. Senza dubbio oggi l’ambiente è riconosciuto come valore ed elemento caratterizzante della nostra società. A ciò deve affiancarsi un’azione di promozione della conoscenza della legislazione settoriale e delle sue interessenze con altre branche quali il diritto penale e quello civile. Qui si innesta il ruolo della Cfa che promuove studi, convegni, pubblicazioni, corsi di formazione, volti per un verso a diffondere, per altro ad approfondire i profili di maggiore interesse e attualità, tanto a livello specialistico quanto a quello generale”.
Quali norme andrebbero semplificate e quali, invece, preservate per ottenere una piena operatività delle fonti rinnovabili?
“È di gran voga, il tema della semplificazione amministrativa. Mi pare che il legislatore, coi due interventi normativi del 2020 e del 2021, abbia già incisivamente innovato molte procedure, eliminando fasi e soprattutto contraendone le tempistiche. In particolare, va segnalata la riforma del Paur che, a livello territoriale, può essere utile a favorire il più celere fluire dell’attività amministrativa. In relazione alle energie da fonti rinnovabili, comunque, già dal 2003 il decreto legislativo 387 prevedeva un procedimento snello e concentrato, di durata relativamente breve. Purtroppo, mi risulta che nella gran parte dei casi l’orizzonte temporale si sia ampiamente dilatato. Il ché ci riporta all’aspetto sopra evidenziato. Occorre far rispettare i tempi dell’azione amministrativa, mentre non sono così sicura che eliminare momenti di confronto procedimentale o attribuire un significato giuridico all’inerzia dell’amministrazione, come nel caso del silenzio assenso, sia un avanzamento sul versante della tutela ambientale e delle più adeguate decisioni pubbliche”.
Le lancio una provocazione ‘bonaria’: secondo lei, la materia ambientale dovrebbe essere centralizzata dal governo o è meglio lasciare agli enti locali la gestione di temi così delicati per il futuro delle comunità?
“Il ruolo degli enti territoriali è primario, non c’è dubbio, quali vettori delle esigenze delle collettività di riferimento in materia ambientale, e in ciò colgo l’essenza e il pregio della provocazione. Nondimeno, mi appare difficile non ascrivere importanza determinante al livello di governo statuale per la primaria importanza di tale bene e la pervasività dello stesso, in quanto foriero di ricadute e implicazioni in pressoché ogni settore del vivere sociale. L’importanza centrale del bene ambiente, e la sua rilevanza trasversale mi paiono giustificare l’ascrizione di ampie competenze allo Stato, quale garante di una disciplina necessariamente unitaria e integrata”.