Vuole restare sui numeri, ma anche togliersi qualche sassolino dalle scarpe. L’occasione per Raffaele Fitto la offre l’audizione davanti alle commissioni riunite Politiche Ue e Bilancio di Camera e Senato sulla Relazione per capire lo stato dell’arte del Pnrr. “A fronte dei 194 miliardi complessivi sono state attivate misure per 165 miliardi, una percentuale pari all’85% che da un segnale di coerenza complessiva rispetto all’avanzamento del Piano”, dice il ministro per gli Affari europei, che ha la delega proprio al Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Dei 132 miliardi di euro per le gare d’appalto sono stati attivati interventi per 122 miliardi, pari dunque al 92% – continua -. E’ evidente che questi dati indicano chiaramente sia l’avanzamento del Piano sia il fatto che sia stata superata la fase inevitabile relativa alla necessità di mettere in campo le progettazione, quindi la realizzazione delle gare, e gli interventi, che ora sono in corso”. Inoltre, “la quasi totalità dei casi – rivendica – riguarda misure che hanno automatismi di spesa. L’esempio più importante è Transizione 5.0, che da sola cuba oltre 6 miliardi di euro, il cui decreto di attuazione è in via di pubblicazione”.
Fitto lamenta, però, lo scarso spazio concesso dal dibattito politico (e dai media) a un’altra relazione, quella della Commissione Ue che concede il primo posto all’Italia sul Piano, nonostante la rimodulazione. Che il ministro sottolinea più volte essere frutto di un percorso comune con Bruxelles: “Non è stato mica un capriccio”. Tant’è che sono state già pagate le prime quattro rate e “ci attendiamo nelle prossime giornate la comunicazione ufficiale con il pagamento formale della quinta”.
Altro punto caldo è quello della spesa. I numeri del documento dicono che “si passa da 43,7 miliardi a 51,3 miliardi registrati al giorno dell’approvazione della Relazione, cioè il 17 luglio. Ma da quel momento ad oggi è aumentata ancora a 52,3 miliardi, dunque in pochi giorni c’è stato un avanzamento”. Dieci miliardi, puntualizza Fitto, “puliti, di spesa vera, collegata alle infrastrutture, agli asili, agli ospedali di prossimità”, mentre “al 31 dicembre 2022 avevamo 24,8 miliardi, di cui 14,1 miliardi per crediti di imposta, Superbonus e Transizione 4.0, precedenti al Piano, e la parte restante relativa a interventi sempre precedenti al Pnrr e solo rendicontati“.
Ma tutto questo non vuol dire che la strada d’ora in poi sarà sempre e solo in discesa, perché il futuro resta incerto e l’andamento dei prezzi delle materie prime continua a oscillare. Fattori che portano il ministro ad ammettere: “Ci sarà esigenza di valutare qualche ulteriore revisione? Forse sì, e sarà oggetto di un confronto con la Commissione Ue“. Perché “se cambia il mondo non è che dobbiamo rimanere fermi e non modificare nulla. Dobbiamo avere elasticità, non come atto unilaterale ma nel confronto” con Bruxelles. A proposito, alla domanda sull’eventuale proroga dei termini del Pnrr, Fitto non cambia la linea: “E’ un dibattito politico legittimo, ma io sono impegnato sull’attuazione del piano che prevede giugno 2026 come data di scadenza. Quello è, per quanto ci riguarda. E da ministro responsabile del dossier – aggiunge – riterrei sbagliato esprimermi nel merito di questa valutazione”.