Stretta in arrivo da parte del Ppe sulle restrizioni all’uso di alcuni formati di imballaggi e sugli obiettivi al 2030 per il riutilizzo e la ricarica dei contenitori della proposta di regolamento sugli imballaggi. “Abbiamo lavorato per proporre emendamenti molto stringenti, ora si è chiusa questa fase e entreremo nel vivo dell’iter con l’avvio dei negoziati”, racconta in un’intervista a GEA l’eurodeputato di Forza Italia, Massimiliano Salini, relatore per il Partito Popolare Europeo sul nuovo regolamento imballaggi proposto dalla Commissione europea. Si è chiuso oggi il periodo di tempo per presentare gli emendamenti in commissione per l’ambiente (Envi), dove lo scorso 4 maggio la relatrice della posizione per il Parlamento, Frederique Ries (Renew), ha presentato la sua proposta di relazione. Salini ricorda che sulla base delle precedenti direttive “che avevano costruito delle condizioni per cui i Paesi Ue raggiungessero livelli estremamente avanzati nel settore del riciclo, tutta la materia del packaging è stata affrontata da Paesi come l’Italia con grande propensione innovativa”.
La nuova proposta di regolamento è stata presentata a novembre dalla Commissione europea per modificare la direttiva attualmente in vigore sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggi (risalente al 1994, ma già modificata nel 2018), con l’obiettivo per gli Stati membri di ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite del 5% entro il 2030 e del 15% entro il 2040 rispetto ai livelli del 2018. Nella relazione presentata da Ries, si propongono obiettivi specifici per la riduzione dei rifiuti degli imballaggi di plastica (10% entro il 2030, 15% entro il 2035 e 20% entro il 2040), restrizioni all’immissione sul mercato di buste di plastica ultraleggere e poi ancora un obiettivo di raccolta differenziata del 90% per il 2029 per tutti i tipi di imballaggi coperti dalla proposta legislativa e non più solo per le bottiglie di plastica per bevande.
Per l’europarlamentare la scelta della Commissione di passare dalla forma giuridica di direttiva a regolamento è già negativa. Significa “introdurre uno strumento immediatamente esecutivo che non lascia spazio a nessun tipo di adattamento da parte dei Paesi membri”. Dal momento che l’Ue si è resa conto “che non tutti i Paesi hanno accettato la sfida del riciclo, alcuni l’hanno vissuta con lentezza, altri come l’Italia arriveranno con 6-7 anni di anticipo al raggiungimento dell’obiettivo”. Ma nei fatti, non essendoci armonizzazione, “la Commissione ha proposto di introdurre un livello intermedio tra i migliori e i peggiori” in termini di riciclo “e di attestarsi su quel livello, introducendo la novità della sostituzione dello schema del riciclo con quella di riuso in alcuni settori per evitare di avere rifiuti aggiuntivi”. Per l’eurodeputato è “tutto un gran miscuglio di tentativi che sono accomunati dal difetto di non aver guardato le buone pratiche dei migliori Paesi, per far sì che tutti quanti sul riciclo raggiungessero risultati migliori. Ci opponiamo alla formula perché sul riciclo l’Italia ha costruito un modello estremamente riproducibile”.
Il Ppe è al centro di polemiche a Bruxelles dopo aver attaccato alcune iniziative legislative chiave sul fronte agricolo del Green Deal, ovvero la proposta di dimezzare l’uso di pesticidi previsto dalla strategia ‘Farm to Fork’ e di ripristinare un quinto degli habitat danneggiati in tutta l’Europa entro il 2030 attraverso la Legge per la conservazione della natura. Salini spiega che “come Partito popolare europeo (Ppe) sappiamo bene quello che facciamo e le nostre proposte sono supportate da elementi scientificamente molto rilevanti. E’ la Commissione europea che deve dimostrare di fare più verifiche sui dati” delle iniziative legislative “che propone, ad esempio sul regolamento sugli imballaggi il tema del ‘riuso’ è totalmente sprovvisto di valutazione d’impatto o come buona parte del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ nella parte che riguarda l’agricoltura”.
Il gruppo chiede “di fare in modo che la strategia della Commissione europea sia modulata non sulle esigenze della Commissione europea ma sulle esigenze degli europei”, dice l’eurodeputato. “Se i target tolgono cibo, quei target vanno modificati. Se si confonde l’idea della sostenibilità con l’immagine di un ambiente che non consente ai cittadini di avere ciò di cui hanno bisogno, vanno modificati. Lavoriamo per migliorare la consapevolezza che non ci sarebbe agricoltura senza agricoltori, per avere un’agricoltura all’altezza dei cittadini la prima preoccupazione che devono avere le istituzioni è quella di consentire agli agricoltori di fare il loro mestiere e ultimamente la Commissione non ha mostrato di essere particolarmente consapevole di sapere quali sono queste esigenze”, conclude.