È giallo sul diritto alla riparazione e il riuso sul territorio dell’Unione europea. Dopo mesi di annunci del gabinetto von der Leyen che la proposta legislativa sarebbe stata pronta “entro la fine dell’anno“, la promessa non sarà rispettata il prossimo 30 novembre – quando la Commissione Ue presenterà la seconda parte del pacchetto Economia circolare. E al momento non arrivano nemmeno conferme sulla data di presentazione, che non compare nel programma di lavoro 2023 dell’esecutivo comunitario.
Eppure, quattro cittadini europei su cinque preferirebbero riparare i propri dispositivi piuttosto che acquistarne di nuovi e ritengono che i produttori dovrebbero essere obbligati a rendere più semplice la sostituzione delle singole componenti. Ma, allo stesso tempo, i rifiuti elettronici sono il flusso di rifiuti in più rapida crescita al mondo, e solo nell’Unione europea lo spreco si attesta tra le 11 e le 13mila di tonnellate. Ogni anno. È per questo motivo che, secondo quanto trapela da fonti europee, nella sua proposta la Commissione dovrebbe includere misure per l’affidabilità, la facilità di disassemblaggio, l’aumento del riciclo, oltre a incentivi alla riparazione e l’accesso a pezzi di ricambio critici, in particolare per smartphone e computer portatili, i più soggetti a pratiche di obsolescenza programmata.
L’urgenza però sembra essere avvertita solo al Parlamento Ue, che spinge affinché il diritto alla riparazione diventi un tassello fondamentale per la realizzazione degli obiettivi del Green Deal europeo. La posizione favorevole degli eurodeputati è decennale, con due risoluzioni già adottate sulle misure concrete che possono rendere le riparazioni sistematiche ed efficienti sul piano economico. L’ultimo voto in sessione plenaria è dello scorso 7 aprile, quando a stragrande maggioranza l’Eurocamera ha posto i propri paletti sulla futura proposta della Commissione. Il punto centrale riguarda la fase di progettazione: i prodotti devono essere realizzati per durare più a lungo e per essere riparati in modo sicuro, anche grazie all’accesso gratuito alle informazioni sulla manutenzione per riparatori e consumatori.
Per quanto riguarda i dispositivi digitali, la richiesta degli eurodeputati è di rendere reversibili gli aggiornamenti software, e che non comportino riduzioni di prestazione. Si tratta del contrasto all’obsolescenza programmata – da considerare come “pratica commerciale sleale” – che dovrebbe tradursi in un divieto a livello Ue. Nella futura legge sul diritto alla riparazione dovrebbero essere garantiti incentivi per scegliere la riparazione rispetto alla sostituzione, regole armonizzate in fase di vendita (punteggio di riparazione, durata stimata, pezzi di ricambio, servizi di riparazione) e un sistema di etichettatura intelligente, come codici Qr o passaporti digitali dei prodotti. Da studiare anche un meccanismo di responsabilità congiunta produttore-venditore in caso di vendita di prodotti non conformi.
Intervistata da Gea, è stata la stessa presidente della commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori (Imco) e relatrice sul diritto alla riparazione, Anna Cavazzini, a sottolineare che “ci aspettiamo che la Commissione si occupi del nucleo centrale del diritto alla riparazione, ovvero l’accesso ai pezzi di ricambio e ai manuali per gli attori del settore, compresi i consumatori“. Pungolando il gabinetto von der Leyen, l’eurodeputata tedesca ha messo in chiaro che “abbiamo bisogno di migliori informazioni sulla durata e sulla riparabilità per consentire acquisti sostenibili” e che, parallelamente, “gli incentivi alla riparazione, anziché alla sostituzione, devono trovare riscontro nelle garanzie, nella responsabilità estesa del produttore e negli appalti pubblici“.