Una task force “prima che sia troppo tardi“, prima cioè che l’emergenza diventi una vera e propria calamità. E’ la proposta di Nello Musumeci a Giorgia Meloni, dopo l’allarme siccità scattato in tutta Europa già a metà febbraio, che colpisce l’Italia in modo particolare al Nord, e che sarà aggravato da un’estate che si preannuncia, ancora, rovente.
Lo strumento a cui pensa il ministro della Protezione civile e del mare coinvolge le Regioni e servirà a varare misure urgenti e straordinarie, a seconda dei territori. Secondo la società australiana Xdi, specializzata nella valutazione dei rischi climatici, il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna sono nella top ten delle regioni europee più esposte e più vulnerabili al cambiamento climatico da qui al 2050.
“La siccità che sta colpendo l’Italia anche quest’anno non è più un raro fenomeno“, osserva il ministro che parla della necessità di approntare un Piano di emergenza che comprenda interventi normativi e strutturali.
Laghi e fiumi sono in forte sofferenza, quasi in secca, mentre in montagna la neve accumulata scarseggia. Le temperature sono stabilmente superiori ai valori di riferimento, le precipitazioni diventano rare e “nessuno guarda in faccia la crisi climatica“, denuncia Legambiente. Secondo gli ultimi bollettini delle autorità di distretto, i corsi d’acqua hanno raggiunto uno stato di severità idrica ‘media’ in tre delle sette autorità: il distretto idrografico del Fiume Po, quello dell’Appennino settentrionale e quello dell’Appennino centrale. In particolare, come spiega l’Autorità Distrettuale del Fiume Po la situazione più critica si presenta a ovest, dove le precipitazioni cumulate nel periodo autunnale ed invernale non sono state sufficienti per recuperare il deficit pluviometrico.
Per il Cima Research Foundation, è “preoccupante” anche la carenza di neve: il 53% in meno sull’arco alpino. Per questo l’associazione ambientalista ha lanciato un appello al Governo, indicando le priorità da mettere in campo, a partire dalla definizione di una strategia nazionale idrica, strutturata in otto punti, che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo che favoriscano da una parte l’adattamento ai cambiamenti climatici, e dall’altro permettano di ridurre da subito i prelievi di acqua evitandone anche gli sprechi. “Non sono più ammessi ritardi“, avverte il Cigno Verde. Nei prossimi mesi, la domanda di acqua per uso agricolo si aggiungerà agli usi civili e industriali che sono già in sofferenza e il fabbisogno idrico nazionale sarà insostenibile rispetto alla reale disponibilità.
Musumeci cerca di gestire una situazione “ereditata”, spiega: “E’ assurdo che nella nostra Nazione si debba utilizzare in un anno soltanto il dieci per cento di acqua piovana, mentre in primavera e in estate le aziende agricole soffrono maledettamente e nei centri urbani si è costretti al razionamento. Non è con la danza della pioggia che si risolve il problema“. Creare laghetti aziendali, liberare le dighe dall’insabbiamento e costruirne di nuove, riqualificare le reti idriche colabrodo dei Comuni, utilizzare le acque depurate per le coltivazioni, adeguare gli impianti irrigui alle nuove tecniche di risparmio: “Sono rimedi che andavano adottati da tempo – accusa il ministro -, tra tanta indifferenza e in assenza di qualsiasi programmazione. Ora dobbiamo correre ai ripari”.