Tav, trivelle e ponte sullo Stretto: con centrodestra tornano grandi opere

Per quanto riguarda le infrastrutture nel programma elettorale si legge: “Pieno utilizzo delle risorse del Pnrr, colmando gli attuali ritardi di attuazione”

La Tav e la Tap, le trivelle e i rigassificatori. Fino al ponte sullo Stretto di Messina. La vittoria del centrodestra alle elezioni politiche riporta in auge il tema delle grandi opere, cavallo di battaglia della destra e nel mirino di ambientalisti e comitati locali ma anche al centro del dibattito tra le diverse forze che componevano il governo Draghi. Per quanto riguarda le infrastrutture nel programma elettorale si legge: “Pieno utilizzo delle risorse del Pnrr, colmando gli attuali ritardi di attuazione”, anche se poi subito dopo si chiede un “accordo con la Commissione europea, così come previsto dai Regolamenti europei, per la revisione del Pnrr in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità”.

TAV- TORINO LIONE

La più imponente e politicamente ingombrante delle grandi opere. Da sempre tutti i partiti che compongono la coalizione del centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega , Forza Italia e Noi Moderati) sono favorevoli alla realizzazione dell’alta velocità Torino-Lione, i cui lavori stanno procedendo in Val di Susa, nonostante la ‘resistenza’ della valle e del movimento No Tav. “Sì alla Tav e alle grandi opere perché creano ricchezza, sviluppo e posti di lavoro”, ha più volte ribadito Giorgia Meloni, mentre Matteo Salvini negli anni ha visitato spesso il cantiere di Chiomonte.
Entro i primi mesi del 2023 dovrà essere appaltata la totalità dei lavori del tunnel di base: al momento manca solo il 20 percento in Italia, mentre è stata appaltata la totalità dei lavori in Francia. Al momento, sono stati completati lavori per 1,3 miliardi: restano 3,3 miliardi di lavori in corso e circa 5 miliardi di appalti totali aggiudicati, con 10 cantieri attivi, di cui 3 in Italia.

TRIVELLE

Trivellare i mari italiani per estrarre fonti energetiche? Il centrodestra ­nel corso della campagna elettorale ha cambiato radicalmente idea sulle politiche ambientali, anche per cercare di offrire una risposta alla crisi energetica. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha puntato il dito contro un certo ‘ambientalismo ideologico’ che, a detta sua, “ci ha impedito, per esempio, di estrarre il gas dai nostri mari”. Una posizione chiara anche se la stessa Meloni, in occasione del Referendum abrogativo sulla durata delle trivellazioni in mare del 2016, si disse favorevole allo stop. Il quesito riguardava esclusivamente la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, mentre non riguardava le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare svolte a una distanza superiore alle 12 miglia dalle coste italiane. Stessa posizione, a favore dello stop alle trivellazioni, avevano espresso Matteo Salvini della Lega e gli esponenti di Forza Italia. Ora, nel programma della Carroccio per le elezioni del 2022 si dice di voler “riprendere l’esplorazione e la produzione nazionale di gas naturale”, per ridurre la dipendenza italiana dalle importazioni estere, “anche ricorrendo a modifiche al Pitesai”, ossia il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee

RIGASSIFICATORI

La diatriba è tutta interna a Fratelli d’Italia: da una parte il sindaco di Piombino, in quota FdI, Francesco Ferrari che insieme al presidente della Regione Toscana Eugenio Giani (in quota Pd) si è sempre battuto contro l’arrivo del cargo rigassificatore all’interno dell’area portuale, segnalando l’assenza di una valutazione di impatto ambientale e di tutti i criteri di sicurezza normalmente previsti. Dall’altra, vi sono le parole di Giorgia Meloni (“Se non ci sono alternative si fa a Piombino”) e del responsabile energia di FdI, Nicola Procaccini, secondo cui “i rigassificatori sono necessari, anche se preferiamo di gran lunga estrarre gas dai nostri giacimenti”. Se tutto verrà confermato però nell’ex città operaia dell’acciaio a fine anno potrebbe arrivare, e durare per almeno tre anni, la nave Golar Tundra, un gigantesco cargo rigassificatore che ogni settimana trasformerà il gas liquido proveniente dalle metaniere per immetterlo nella rete nazionale: questo per cercare di diversificare la dipendenza italiana da gas estero, andando a diminuire quello di provenienza russa.

TERZO VALICO

Si trova tra Liguria e Piemonte, e snodo del corridoio europeo Reno-Alpi. La situazione è simile a quella della Tav, anche se a dicembre 2018 è stato firmato l’avvio del quinto dei sei lotti dei lavori. Attualmente risultano completati gli scavi della citata Galleria di Valico a DB (III lotto), dall’imbocco sud di Genova in corrispondenza dell’area di Fegino e dall’imbocco Nord di Arquata Scrivia. Inoltre, verrà completamente realizzata la Galleria di Serravalle. A fine agosto il commissario Calogero Mauceri ha confermato la data prevista per il completamento dei lavori per dicembre 2024.

PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA

Vero cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi, e causa sposata dalla Lega di Matteo Salvini, è tornato in modo prepotente in questa campagna elettorale. Nel programma del centrodestra, nel capitolo dedicato alle infrastrutture, si prevede la realizzazione del Ponte, con l’obiettivo di “rendere l’Italia competitiva con gli altri Stati europei attraverso l’ammodernamento della rete infrastrutturale e la realizzazione delle grandi opere. Potenziamento della rete dell’alta velocità per collegare tutto il territorio nazionale dal Nord alla Sicilia, realizzando il ponte sullo Stretto”.
La politica italiana ha iniziato a interessarsi seriamente alla vicenda negli ultimi cinquanta anni: nel 1981 fu costituita la società concessionaria stretto di Messina S.p.a. su impulso dell’allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga. Un primo progetto, preliminare, risale poi al 1992, ma è nel 2002, con il secondo governo Berlusconi, che partì il ‘Piano decennale per le Grandi Opere’, presente nel famoso “contratto con gli italiani” del leader di Forza Italia. Nel 2005 la società di costruzioni Impregilo vinse la gara come general contractor. E il 6 maggio di quell’anno, da Catania Berlusconi rilanciò il dossier. Il progetto fu però bloccato nel 2006 con la vittoria di Romano Prodi e del centrosinistra. Nel 2011 l’Unione Europea escluse ufficialmente il progetto dalle priorità da finanziaria ma fu la coppia Angelino Alfano e Matteo Renzi a provare a far ripartire il progetto nel 2016. Nonostante i tentativi e gli studi, però, il fondale irregolare dello stretto, le forti correnti marine del Mediterraneo, l’elevata sismicità della zona e l’ingente costo dei lavori hanno fatto desistere negli anni i governi, fino al 12 gennaio scorso, quando il ministro per le Infrastrutture Enrico Giovannini, ha reso note al Consiglio dei ministri le azioni necessarie per avviare la realizzazione dello studio che verificherà i progetti più fattibili, affidando i documenti alla Rete ferroviaria italiana (Rfi).

TAP

Tra le misure da mettere in campo per fronteggiare la crisi energetica sulla quale pesa la guerra Ucraina-Russia, l’ex presidente del consiglio, Mario Draghi, aveva ipotizzato un raddoppio della capacità del gasdotto Tap. Il Gasdotto Trans-Adriatico, entrato in funzione a fine 2020, è stato oggetto di forti proteste da parte di gruppi di cittadini e amministratori pubblici per motivi legati all’impatto ambientale dell’opera. Si tratta della linea europea del Corridoio Meridionale del Gas, che trasporta in Europa il gas naturale del giacimento di Shah Deniz II in Azerbaijan. Per anni la questione Tap ha infiammato il dibattito, con una terra, quella salentina, che nella maggior parte dei casi ha manifestato opposizione al gasdotto, per poi alla fine ritrovarselo comunque realizzato, con terminale nell’area di San Basilio, nella zona di San Foca (marina di Melendugno).