Qualunque iniziativa che preveda uno “stigma” sugli effetti del vino per la salute umana è “inaccettabile“. Sulla decisione dell’Irlanda di etichettare le bottiglie di vino con fini legati alla difesa della salute Francesco Lollobrigida è tranchant.
Lunedì a Bruxelles, durante l’Agrifish, incontrerà l’omologo irlandese Charlie McConalogue: “Gli esporrò le nostre ragioni, fiducioso di trovare punti di condivisione e superare le divisioni sulle vedute“, fa sapere. Poi affonda: “Lo aiuterò regalandogli una bottiglia di vino in modo che possa constatare che non abbiamo alcuna intenzione di danneggiargli la salute“.
La battaglia in Europa è annunciata: “Non accetteremo mai sistemi di etichettatura degli alimenti che, come il Nutriscore, producono effetti discriminatori verso le eccellenze alimentari alterando il mercato e condizionando le persone“, assicura. Per il governo Meloni è in discussione la tutela della qualità dei prodotti italiani. L’impressione è che chi propone questo sistema di etichettatura, ribadisce Lollobrigida, “nasconda dietro l’alto richiamo alla tutela della salute umana un più pratico intento a impedire ai prodotti di eccellenza italiani, quale è il vino, di affermarsi sul proprio mercato”.
Il complesso di obblighi per la creazione di una etichettatura specifica per i prodotti destinati al mercato irlandese potrebbe per il ministro di Fratelli d’Italia portare le nostre aziende ad abbandonare quel mercato o a dissuadere gli operatori nel farvi ingresso. Ma le restrizioni che impediscono direttamente o indirettamente gli scambi presenti o potenziali all’interno dell’Unione europea sono, ricorda, “vietate dai trattati dell’Unione“. E’ per questo motivo che il 12 gennaio l’Italia ha inviato una lettera al commissario europeo del mercato interno Thierry Breton denunciando gli effetti distorsivi che l’iniziativa irlandese avrebbe per il mercato.
Ma l’intenzione del ministro dell’Agricoltura è “ristabilire la verità“, rivendica. Perché la misura irlandese, afferma, non è giustificata da nessuna evidenza scientifica. E’ vero, invece, che i rischi di salute per i consumatori dipendono dalle modalità di consumo, dal regime alimentare, dallo stile di vita. Da qui, l’intenzione di promuovere una serie di studi insieme al ministro della Salute Orazio Schillaci sugli effetti del consumo degli alimenti. Non solo: è stato aperto un canale diplomatico con i ministri dell’Agricoltura di Francia e Spagna, “danneggiati anche loro da questo tipo di indicazione“, per promuovere azioni condivise allo scopo di ribadire la necessità di lavorare sulla distinzione tra abuso e consumo responsabile di alcol.
“Non può passare una norma del genere. Posso dirlo? Una norma del genere mette in discussione l’Europa, gli Stati uniti d’Europa. In America non succederebbe mai“, tuona il governatore Veneto Luca Zaia. La sua è tra le Regioni che esportano di più. “I Paesi che vogliono imporre questa norma sono quelli del Nord, che non hanno agricoltura e quindi devono inventarsi qualcosa. È uno scontro che va avanti da decenni“, lamenta. Da Bruxelles “ne arriva una al giorno“. Il riferimento è “ai grilli, agli insetti, alle larve… che poi: anche questi faranno male in dosi eccessive, no? Lo scriveranno sulle etichette? Di questo passo mi aspetto la stretta anche sui formaggi: anche di questi siamo tra i maggiori produttori mondiali“. Dal Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, governatore e presidente della Conferenza delle Regioni, assicura l’impegno dei territori: “Siamo i primi produttori al mondo di vino. E’ una nostra eccellenza e intendiamo difenderla per evitare danni alla produzione e all’immagine internazionale delle nostre aziende. Pensare di ridurre il consumo di alcolici attraverso etichette-allarmistiche è “superficiale e sbagliato“, spiega. Così, insiste, “si mette in discussione la stessa qualità dei nostri vini, che è fatta di ricerca, cultura e passione”.