L’esposizione agli inquinanti atmosferici durante la gravidanza è associata al rischio di paralisi cerebrale tra i nati a termine. Lo rivela uno studio pubblicato su Jama Network e condotto in Canada, secondo il quale l’esposizione prenatale al PM2.5 ambientale è legata a un rischio aumentato di paralisi cerebrale nei bambini.
La ricerca è stata condotta su 1,59 milioni di coppie madre-bambino con gravidanze singole giunte a termine in tutti gli ospedali dell’Ontario tra il 2002 e il 2017 e i dati sono stati analizzati da gennaio a dicembre 2022. Le concentrazioni medie settimanali di particolato fine con diametro di 2,5 μm (PM2.5) o inferiore, di biossido di azoto (NO2) e di ozono (O3) durante la gravidanza, assegnate in base alla residenza materna dichiarata al momento del parto, sono state ricavate da stime satellitari e da quelle a livello del suolo. I casi di paralisi cerebrale sono stati accertati da una singola diagnosi di ricovero ospedaliero o da almeno 2 diagnosi ambulatoriali dalla nascita ai 18 anni: 3170 (0,2%) bambini hanno ricevuto una diagnosi di questo tipo.
La paralisi cerebrale è la causa più comune di disabilità fisica nell’infanzia e rappresenta un gruppo di disturbi del neurosviluppo non progressivi, clinicamente eterogenei, caratterizzati da disabilità motoria. Compare precocemente nella vita e porta a una disabilità motoria che dura per sempre. La sua prevalenza complessiva è rimasta stabile nel tempo tra 1 e 4 per 1000 nati vivi.
L’esposizione prenatale all’inquinamento atmosferico è associata a un rallentamento dello sviluppo neurologico nelle prime fasi della vita e a un aumento del rischio di problemi di sviluppo neurologico. Sebbene nessuno studio sugli animali o sull’uomo abbia mai riportato un legame diretto tra inquinamento atmosferico e paralisi cerebrale, per i ricercatori “è possibile” che l’esposizione a livelli elevati di inquinanti possano aumentare i rischi.
Dalla ricerca, infatti, è emerso che alti livelli di inquinamento atmosferico sono associati a un rischio di paralisi cerebrale 1,12 volte superiore alla media. “Sono necessari – spiegano gli autori – ulteriori studi per esplorare questa associazione e i suoi potenziali percorsi biologici, che potrebbero far progredire l’identificazione dei fattori di rischio ambientali della paralisi cerebrale nella prima infanzia”.