Altroconsumo: “Il consumo moderato di vino non è esente da rischi, è giusto informare”

"Le informazioni al consumatore sono importanti ma lo è ancora di più la consapevolezza e il comportamento individuale", spiega Federico Cavallo

Le bottiglie di vino vendute in Irlanda tra qualche anno cambieranno etichetta per fare spazio a un’avvertenza sui rischi legati al consumo di alcol, simile a quella già presente sui pacchetti delle sigarette. L’abuso di alcol in Irlanda è una vera emergenza, con circa il 70% degli uomini e il 34% delle donne definiti “bevitori a rischio” (fonte: Alcohol Action Ireland). Stando alle indagini compiute dalla Commissione europea, l’alcol è direttamente collegato alla contrazione di gravi malattie, compresi diversi tipi di tumore. Così, insieme agli ingredienti e ai valori nutrizionali – obbligatoriamente presenti sui prodotti alcolici del mercato unico europeo – l’Irlanda ha deciso di inserire in etichetta anche avvertenze sanitarie, in modo da scoraggiare il consumo di alcol in gravidanza e, più in generale, nella vita di tutti i giorni. Si tratta di una misura destinata a essere applicata unicamente entro i confini di questo paese che però ha destato allarme tra i produttori di vino italiani. Per Coldiretti la nuova etichettatura potrebbe costituire un pericoloso precedente, mentre l’Associazione degli agricoltori teme che questo tipo di avvertenze potrebbe compromettere il mercato di esportazione del vino italiano che vanta un fatturato di circa 8 miliardi di euro l’anno.

La questione è oggetto di acceso dibattito. In Italia e in tutta l’Unione Europea le etichette dei vini contengono già una serie di informazioni utili a garantire la salute dei consumatori. “Su ogni vino deve essere specificata la categoria”, spiega Federico Cavallo di Altroconsumo. “Sulle bottiglie DOC (Denominazione di Origine Controllata) e DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) le etichette devono indicare se si tratta di un vino spumante o liquoroso”. Altre indicazioni obbligatorie sono la quantità espressa in centilitri, la gradazione alcolica e cioè il cosiddetto ‘titolo alcolometrico’, la percentuale di alcol calcolata su 100 ml di vino. Sulle etichette apposte sui vini italiani ed europei, inoltre, ci sono anche avvertimenti su alcuni rischi per la salute. “Viene segnalata la presenza di solfiti e di altre sostanze potenzialmente allergiche, come latte e uova”. Talvolta, infatti, la lavorazione dei vini prevede l’impiego di albumine e caseine che servono a eliminare le impurità, ma che poi vengono rimosse. Insieme a tutte queste informazioni, nelle etichette incollate sulle bottiglie di vino oggi troviamo anche l’annata (che è obbligatorio specificare sulle DOC e le DOCG), gli eventuali dati relativi all’importatore e, negli spumanti, il tenore di zucchero, indicato con scritte come ‘Brut’, ‘Dry’ o ‘Extradry’. Esistono poi diciture facoltative destinate a fornire ulteriori dettagli sul vino: ne sono un esempio le parole ‘riserva’ oppure ‘superiore’ e ‘classico’.

Le etichette del vino messe in commercio in Europa contengono, insomma, una buona quantità di informazioni. Perché, allora, Paesi come l’Irlanda sentono l’urgenza di aggiungerne altre? Il consumo di alcol è davvero dannoso per la nostra salute? “L’iniziativa irlandese nasce per rispondere a una specifica esigenza locale di contrasto ai fenomeni di abuso. In linea generale, da tempo sappiamo che l’uso di alcol è correlato allo sviluppo di malattie, come dimostrano numerosi studi condotti sulla popolazione mondiale, e che questi rischi aumentano in modo proporzionale all’utilizzo. È quindi comprensibile che, specie là dove ci sono più problemi legati agli eccessi, ci si interroghi su come sensibilizzare le persone sui rischi correlati”, puntualizza il rappresentante di Altroconsumo. “Non conoscendo nel dettaglio la realtà irlandese, è giusto lasciare a decisori e consumatori di quel Paese valutare se la proposta sia adeguata o meno, rispetto al contesto che vivono e agli scopi che si propone”.

Altri paesi potrebbero decidere di inserire qualche avvertenza sulle etichette degli alcolici, ma questo è oggetto di dibattito all’interno della Ue. “L’efficacia di ogni strumento spesso dipende da molti fattori legati anche agli specifici contesti nazionali”, prosegue Federico Cavallo. “La cosa più importante, se vogliamo fare un buon servizio ai consumatori, è quindi portare avanti il confronto nel merito, con ragionevolezza ed equilibrio da parte di tutti gli attori coinvolti, evitando quindi eccessive semplificazioni, contrapposizioni strumentali o facili scorciatoie, le quali rischiano di confondere, anziché chiarire, il messaggio che arriva alle persone. In questo caso, quindi, dobbiamo tutti lavorare affinché la discussione sui ‘mezzi’ non rischi di far perdere di vista i ‘fini’”.

Alla fine quello che conta davvero è la salute dei consumatori. Bere alcol fa male anche se assunto in piccole quantità? “Il rischio zero non esiste e non si può pensare a usi totalmente esenti da danni”. Il cosiddetto ‘consumo moderato’, catalogato come 2 unità alcoliche (2 bicchieri di vino o due lattine di birra) al giorno per gli uomini e una per le donne e gli anziani pare sempre correlato a un rischio, seppure catalogato come ‘basso’. “Esattamente: per esempio, se in passato si diceva che uno o due bicchieri non fanno male, i dati di oggi ci dicono che anche se il pericolo di contrarre malattie non è elevato, tuttavia permane. L’importante, ripeto, è conoscere queste informazioni a prescindere dal fatto che siano o non siano richiamate in qualche etichetta, e farne uso libero e consapevole nelle proprie scelte quotidiane”.

Dati che sembrano in qualche modo scontrarsi con l’opinione popolare che vuole, per esempio, che il vino rosso aiuti a mantenere bassi i livelli di colesterolo ‘cattivo’: è noto il cosiddetto ‘paradosso francese’, che vede i cittadini d’Oltralpe mantenere buoni tassi di colesterolo nel sangue nonostante l’elevato uso di burro e grassi in cucina e questo, si dice, grazie a un parallelo consumo di vino rosso. “In realtà non si può considerare un solo aspetto alla volta, magari attribuendogli supposti benefici per via di credenze consolidate: la buona salute è il risultato generale di molti comportamenti virtuosi”, specifica Cavallo. “Il ‘paradosso’, infatti, si risolve quando si osserva che chi fa un uso moderato di alcol spesso ha un comportamento moderato anche su altri fronti, come quello della tavola o del fumo, e questo ha delle ricadute positive sullo stato di salute, a prescindere da quanto si beve. La chiave del benessere risiede in uno stile di vita sano ed equilibrato in tutti i suoi aspetti, consumo di alcol compreso”.

Fondamentale è essere pienamente consapevoli delle proprie scelte. “Certamente. Come per le sigarette, le informazioni al consumatore sono importanti ma – bene ribadirlo – ancora più importante è la consapevolezza e il comportamento individuale. Per questo, serve innanzitutto una buona educazione all’informazione e al consumo responsabile: in primis a vantaggio dei più giovani, spesso esposti a una gran mole di messaggi pubblicitari, ma anche a beneficio di tutti noi”.