Eolico offshore, Mamone (Aero): “Pronti investimenti per 25mld. Meloni sblocchi iter”

La partita delle rinnovabili non è solo una questione di tutela dell’ambiente. Sulle fonti alternative si può costruire un nuovo modello economico, che coniughi la protezione della biodiversità con il processo di decarbonizzazione delle imprese, il rilancio del Pil e l’aumento dell’occupazione. Il mondo produttivo è pronto, ma serve uno scatto da parte delle istituzioni per sciogliere le catene di una tecnologia ad alto potenziale. Lo spiega a GEA Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, acronimo di Associazione delle energie rinnovabili offshore.

Presidente, secondo Aero, cos’è che la politica deve ancora capire sull’eolico offshore?
Questa politica, soprattutto di centrodestra, ha la straordinaria opportunità di creare un’industria energetica sostenibile, che rientra pienamente nella sovranità nazionale. L’intento è dare la possibilità all’Italia di essere leader nel Mediterraneo e non trovarsi dietro Francia, Spagna e altri Paesi alleati per costruire una supply chain nazionale.

La vostra associazione nasce proprio per dare quell’impulso, giusto?
I fondatori di Aero sono 13 imprese che vanno dagli operatori del settore delle rinnovabili ai grandi gruppi della supply chain, come Saipem. a quelli della logistica portuale e navale. come Msc Sicilia e Isla. In pochi mesi abbiamo raddoppiato il numero dei soci andando a rappresentare oggi quasi il 50% degli operatori per lo sviluppo dell’eolico offshore, nonché moltissime aziende di questa grande supply chain italiana attraverso la quale realizzeremmo i progetti nazionali, tutelando l’ambiente marino e trovandoci in una condizione paesaggistica non impattante.

Quali sono i vostri progetti?
Abbiamo le grandi capacità di chi più di 60 anni fa iniziato a lavorare nell’oil&gas offshore. Queste medie imprese italiane, lavorando per l’offshore del Mare del nord, sono pronte a scommettere sul futuro del Paese, offrendo le loro migliori esperienze lavorative nell’eolico offshore italiano. È uno scenario dove si possono creare decine di migliaia di posti di lavoro, tenendo presente i 70 e più progetti presentati al Mase per ottenerne l’autorizzazione. Progetti che superano la capacità di connessione richiesta a Terna di oltre 100 Gw e questo dimostra che l’Italia può affermarsi con queste nuove tecnologie in uno scenario che farà in modo di allineare il nostro paese ai più grandi Stati europei che puntano a rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030.

Andando sul concreto, a quanto ammontano le vostre previsioni di investimento?
Soltanto con 8 Gw al 2030 stimiamo di investire oltre 25 miliardi di euro. Otto gigawatt che sono un dodicesimo del potenziale dei progetti presentati, con una produzione al 2030 di 25,5 Twh, pari al 7% del fabbisogno elettrico nazionale, e una diminuzione di 13mila tonnellate di Co2 e di quasi 2,2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. In vista delle decine di migliaia di posti di lavoro che potrebbero crearsi, l’associazione, dal 2024, avvierà dei corsi di formazione professionale, anche in collaborazione con il centro Elis, per preparare quelle figure super specializzate che nei primi anni si occuperanno della fase di permitting e supporto alla logistica portuale e successivamente alla vera e propria fase di costruzione dei floaters galleggianti e del posizionamento degli aerogeneratori di oltre 15 Megawatt che dovranno essere posizionati nelle aree portuali che speriamo, come noi chiediamo al Parlamento, che siano più di due come già indicato dal governo nel decreto legge Energia.

Investimenti diversi dal Pnrr, giusto?
Questi investimenti non intaccano i fondi del Pnrr, perché ci troviamo difronte a una sfida di medio e lungo periodo che inizierà oggi e ci vedrà impegnati almeno fino al 2050, con l’ambizione di diventare noi italiani i fornitori di esperienze, manodopera e capacità organizzativa nello sviluppo dell’eolico offshore degli altri Paesi che si affacciano nella regione mediterranea.

Cosa dovrebbero fare, dunque, le istituzioni?
Chiediamo con estrema urgenza che venga emanato il Fer2 per dare immediato sostegno con i giusti incentivi al settore dell’eolico offshore, nonché chiarire con il Mit, d’intesa con il Mase, l’importante scenario della pianificazione degli spazi marittimi. Questo tema andrà a incidere anche nelle Zone economiche esclusive, dove servirà tutta la capacità del nostro ministero degli Esteri per garantire un equilibrio negli spazi marittimi in acque internazionali.

C’è ancora tanta burocrazia davanti a voi, però.
Facciamo un appello a Giorgia Meloni: chiediamo al presidente del Consiglio di individuare una figura di coordinamento delle diverse criticità che coinvolgono i diversi ministeri, affinché si riducano i tempi di una regolamentazione un po’ confusa e si dia il via ad una grande operazione di made in Italy che potrà portare lustro nel mondo al nostro Paese, al fine di potenziare quella cooperazione tra istituzioni pubbliche e mondo delle imprese che già in altri ambiti ha portato sviluppo e benessere alla nazione e ai suoi cittadini.

Per il mondo produttivo che opportunità offre questa tecnologia?
Il potenziale dell’energia prodotta da impianti di eolico offshore non solo andrà a rafforzar la capacità di trasmissione dell’energia nazionale, ma potrà consentire, soprattutto nelle aree industriali, di favorire la produzione di idrogeno verde per decarbonizzare industrie ad alto impatto ambientale che rischiano di non centrare gli obiettivi di transizione energetiche europei rispettando l’ambiente. Inoltre, si avrebbero costi che possono essere competitivi sull’energia, ma soprattutto il fiore all’occhiello è la produzione di energia verde rinnovabile al 100%. Questo vale per i prodotti Made in Italy, che potrebbero fregiarsi della produzione green per essere competitivi sui mercati internazionali, dove l’unica sfida con i grandi della Terra si gioca sulla qualità e sulla produzione verde.