Da Londra ok a legge contro azioni ambientalisti. Onu: “Restrizioni gravi e ingiustificate”

Se in Italia arriva la stretta contro i cosiddetti ‘eco-vandali’, gli altri Paesi non sono da meno. L’ultimo, in ordine di tempo, è la Gran Bretagna, con la nuova legge sull’ordine pubblico approvata dal Parlamento britannico mercoledì. Ma non tutti sono d’accordo. A scagliarsi contro la nuova legislazione varata, in particolare, per contrastare le azioni delle organizzazioni ambientaliste come Extinction Rebellion e Just Stop Oil, che spesso negli ultimi mesi hanno bloccato strade, ponti e infrastrutture, è l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, secondo il quale la norma “impone restrizioni gravi e ingiustificate” ai diritti umani e per questo Londra dovrebbe fare un passo indietro. La legge estende i poteri della polizia di fermare e perquisire le persone, anche senza sospetti, e, secondo l’Alto Commissario Volker Türk definisce “alcuni nuovi reati in modo vago ed eccessivamente ampio, imponendo sanzioni penali inutili e sproporzionate per chi organizza o partecipa a manifestazioni pacifiche”.

La legge approvata dal Parlamento britannico è ben diversa dal ddl Beni culturali italiano, che prevede multe per chi distrugge, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici, ma non affronta, per esempio, il tema dei blocchi stradali. Quella inglese, secondo l’Alto Commissario, è “profondamente preoccupante” perché contraria agli obblighi internazionali del Regno Unito in materia di diritti alla libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione.

Türk è particolarmente critico nei confronti dei nuovi “ordini di prevenzione di gravi disordini” che, tra l’altro, consentiranno ai tribunali britannici di vietare alle persone di trovarsi in certi luoghi in determinati momenti e di limitare il loro uso di Internet. “I governi hanno l’obbligo di agevolare le manifestazioni pacifiche, proteggendo al contempo la popolazione da disagi gravi e duraturi. Ma il rischio serio è che tali ordini limitino preventivamente il legittimo esercizio dei diritti di un individuo“, afferma. Facendo preciso riferimento alle battaglie degli ambientalisti: “Poiché il mondo si trova ad affrontare la triplice crisi globale del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento, i governi dovrebbero proteggere e facilitare le proteste pacifiche su queste questioni esistenziali, non ostacolarle e bloccarle“.

Attivisti imbrattano il Senato, Meloni: “Gesto incompatibile con qualsiasi civile protesta”

“Sono vicina al presidente del Senato e a tutti i senatori e condanno il gesto oltraggioso, incompatibile con qualsiasi civile protesta”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, commenta così la notizia del gesto dimostrativo di cinque esponenti di Ultima Generazione, che lunedì 2 gennaio alle 7.45 hanno imbrattato Palazzo Madama con un getto di vernice arancione, utilizzando degli estintori. I cinque attivisti sono stati  identificati, bloccati e condotti in questura dalla Digos, con l’ausilio dei carabinieri. La loro posizione, come riferisce la questura della capitale, è ora al vaglio.

Tra le richieste alla base della campagna di disobbedienza civile, l’interruzione immediata “della riapertura delle centrali a carbone dismesse e la cancellazione del progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale”; Ultima Generazione chiede inoltre di “procedere immediatamente a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW, creando migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile e aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili”. Alessandro Berti, esponente della campagna, spiega a GEA che “la politica continua a restare sorda alle nostre richieste e dunque noi continuiamo con le nostre azioni. Abbiamo scelto di imbrattare Palazzo Madama quale simbolo del potere decisionale istituzionale. Le scelte del Governo devono mirare alla salvaguardia della vita delle persone e, dunque, devono avere a cuore la transizione ecologica che deve per forza essere attuata abbandonando le energie fossili appannaggio delle rinnovabili”.
Berti sottolinea che “le nostre azioni sono suffragate da dati istituzionali della comunità scientifica, come le stime Onu secondo le quali entro il 2050 cinque miliardi di persone dovranno affrontare la carenza idrica. Stiamo utilizzando ogni metodo non violento per far tornare l’attenzione sul tema del collasso climatico, evitando però i cortei autorizzati e le raccolto firme che non servono a nulla. L’azione per portare risultato deve provocare disturbo. Se ci sono altre modalità per portare attenzione e arrivare al risultato ben volentieri, ma al momento non ne vediamo all’orizzonte”, conclude l’esponente di Ultima Generazione.

Il gesto di questa mattina ha scatenato le dure reazioni del mondo politico. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha convocato per martedì 3 alle 15 il Consiglio di presidenza del Senato “per ogni opportuna decisione”, dichiarando che non possono esistere “né alibi né giustificazione per un atto che offende tutte le istituzioni e che solo grazie al sangue freddo dei carabinieri non è trasceso in violenza. Il Senato è stato vigliaccamente scelto perché a differenza di Palazzo Chigi, della Camera dei deputati e di altre istituzioni, non ha mai ritenuto fino ad ora di dover creare un area di sicurezza attorno all’edificio”. 

Anche dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin arriva una “ferma condanna”. Ricordando che “la parte maggiore del Next Generation Eu è destinata proprio alla transizione ecologica”, afferma che “è importante che i giovani e tutti i cittadini pongano attenzione su questi temi, ma è bene che sappiano che tutti gli atti vandalici messi in atto, anche se dimostrativi, sono inaccettabili e non saranno lasciati impuniti”.

Dai social arriva il commento del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci: “Nessuna giustificazione né alibi per quello che è accaduto questa mattina al Senato. Una gravissima offesa alle Istituzioni. È con l’inciviltà che gli attivisti pensano di protestare in difesa dell’Ambiente?”, domanda. Gli fa eco il ministro alle Politiche europee con deleghe a Pnrr e politiche di coesione, Raffaele Fitto. “Sporcare opere d’arte, monumenti o edifici storici per rivendicare un mondo più pulito è una delle forme di protesta più assurde e stupide. Nessuna giustificazione per gli autori, in questo caso siamo di fronte anche a un’offesa contro le istituzioni. Un grazie ai Carabinieri”, scrive su Twitter. Canale sul quale si esprime anche la ministra per le Riforme Istituzionali e la Semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati (ex presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama) – “Imbrattare la facciata del Senato non ha nulla a fare con la difesa dell’ambiente. Questa è la vernice dell’ignoranza e dell’inciviltà”- nonché il ministro della Difesa, Guido Crosetto“Scegliere di ‘sporcare’ opere d’arte o edifici storici, per difendere l’ambiente sarebbe un po’ come organizzare una cena tra amici a tema Asado argentina, per fare battaglie vegane?”.

Per la ministra del Turismo, Daniela Santanchè: “Imbrattare la facciata di un’istituzione non significa difendere l’ambiente, è solo un gesto incivile e immaturo, che lascia il tempo che trova e che, anzi, offende tutto ciò che il Senato rappresenta in quanto organo democratico della nazione: non c’è niente di eroico, in questo, c’è soltanto da condannare”. E aggiunge: “Dal nostro canto il ministero è davvero attento alle tematiche ambientali, e lo dimostra con le diverse iniziative a sostegno del turismo sostenibile”. Secondo il senatore del Terzo polo e leader di Iv, Matteo Renzi “chi vandalizza un palazzo delle Istituzioni pensando di difendere l’ambiente capisce poco. Chi giustifica i vandali che imbrattano dimostra di capire ancora meno”, scrive sui social.

Il senatore Questore Antonio De Poli sottolinea che si tratta di un gesto “oltraggioso, grave e inaccettabile nei confronti delle nostre istituzioni. Sono episodi inqualificabili che vanno condannati con forza in maniera unanime perché dietro di essi si cela un linguaggio intimidatorio che è assolutamente intollerabile”. Di medesimo avviso il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, che aggiunge: “Non esiste alcuna giustificazione possibile: non è così che si sensibilizza l’opinione pubblica sul tema dell’ambiente, anzi. Questi soggetti con le loro azioni gettano discredito su tutti coloro i quali invece combattono legittimamente la battaglia per il clima”.

Il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan, definisce “grave” il gesto di questa mattina. “Purtroppo – sottolinea – con regolare puntualità si ripetono questi incivili atti vandalici nei confronti del patrimonio artistico, che evidenziano peraltro una ideologia malata per la quale è lodevole devastare inutilmente il patrimonio comune se si afferma di farlo per un confuso concetto di ambiente.  Per Licia Ronzulli, presidente dei senatori di Forza Italia, “non si difende l’ambiente attaccando le istituzioni, sporcando palazzi, edifici storici, opere d’arte; rappresenta la strada più sbagliata per porre l’attenzione sui cambiamenti climatici”.

Secondo la capogruppo del Movimento 5 Stelle, Barbara Floridia: “La lotta al cambiamento climatico e la difesa dell’ambiente sono battaglie sacrosante, che però non possono in alcun modo giustificare forme di vandalismo e di sfregio ad opere d’arte ed a sedi istituzionali, come è avvenuto oggi al Senato della Repubblica”.

 

Cop15, raggiunto accordo storico sulla biodiversità: “Proteggere il 30% del pianeta entro il 2030”

Nella notte canadese, la mattina di lunedì in Italia, a Montréal i Paesi di tutto il mondo hanno raggiunto un accordo storico nel tentativo di fermare la distruzione della biodiversità e delle sue risorse, essenziali per l’umanità. Dopo quattro anni di difficili negoziati, dieci giorni e una notte di maratona diplomatica, più di 190 Stati hanno raggiunto un accordo sotto l’egida della Cina, presidente della Cop15, nonostante l’opposizione della Repubblica Democratica del Congo. Questo “patto di pace con la natura”, noto come accordo di Kunming-Montreal, include l’obiettivo di proteggere il 30% della terra e del mare del pianeta entro il 2030. Questo obiettivo, il più noto tra la ventina di misure, è stato presentato come l’equivalente in termini di biodiversità dell’obiettivo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Ad oggi, il 17% della terra e l’8% del mare sono protetti. Ma il testo prevede anche garanzie per i popoli indigeni, custodi dell’80% della biodiversità residua della Terra, proponendo di ripristinare il 30% delle terre degradate e di dimezzare il rischio di pesticidi. E nel tentativo di risolvere l’ancora scottante questione finanziaria tra Nord e Sud, la Cina propone anche di raggiungere “almeno 20 miliardi di dollari” di aiuti internazionali annuali per la biodiversità entro il 2025 e “almeno 30 miliardi entro il 2030”.

“L’accordo è stato adottato”, ha dichiarato Huang Runqiu, presidente cinese della Cop15, durante una sessione plenaria nella tarda notte canadese, la mattinata italiana, prima di far cadere il martelletto tra gli applausi dei delegati dall’aria stanca. “Insieme abbiamo fatto un passo avanti storico”, ha dichiarato Steven Guilbeault, ministro dell’Ambiente del Canada, Paese ospitante del vertice.

“La maggior parte delle persone dice che è meglio di quanto ci aspettassimo da entrambe le parti, per i Paesi ricchi e per quelli in via di sviluppo. Questo è il segno di un buon testo”, ha dichiarato all’Afp Lee White, ministro dell’Ambiente del Gabon. Per Masha Kalinina del Pew Charitable Trusts, “proteggere almeno il 30% della terra e del mare entro il 2030 è la nuova stella polare che useremo per navigare verso il recupero della natura”. “Alci, tartarughe marine, pappagalli, rinoceronti, felci rare sono tra i milioni di specie le cui prospettive future saranno notevolmente migliorate” da questo accordo, ha aggiunto Brian O’Donnell, della Ong Campaign for Nature. Questo testo è “un significativo passo avanti nella lotta per la protezione della vita sulla Terra, ma non sarà sufficiente”, ha dichiarato all’Afp Bert Wander dell’OngAvaaz. “I governi dovrebbero ascoltare la scienza e aumentare rapidamente le loro ambizioni di proteggere metà della Terra entro il 2030”, ha aggiunto.

Le Ong sono divise su questo tema. Brian O’Donnell della Ong Campaign for Nature ha affermato che il testo “dà alla natura una possibilità“: le prospettive per i leopardi, le farfalle, le tartarughe marine, le foreste e le persone potranno migliorare drasticamente. Ma An Lambrechts di Greenpeace International si è detta preoccupata per una “bozza di accordo debole” che “non fermerà, e tanto meno invertirà, la perdita di biodiversità“. Potrebbe anche essere un “invito aperto al greenwashing“, ha detto. Altri temono che le scadenze siano troppo lontane rispetto all’attuale urgenza. Il 75% degli ecosistemi mondiali è stato alterato dall’attività umana, più di un milione di specie sono minacciate di estinzione e la prosperità del mondo è a rischio: più della metà del PIL mondiale dipende dalla natura e dai suoi servizi. Inoltre, il precedente piano decennale firmato in Giappone nel 2010 non ha raggiunto quasi nessuno dei suoi obiettivi, in parte a causa della mancanza di meccanismi di applicazione efficaci. Il capo delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha chiesto un “patto di pace con la natura“, affermando che l’umanità è diventata una “arma di estinzione di massa“.

La questione del finanziamento ha rappresentato un punto di stallo nei colloqui degli ultimi dieci giorni ed è rimasta al centro dei dibattiti anche durante la sessione plenaria di adozione, registrando l’obiezione di diversi Paesi africani. In cambio dei loro sforzi, i Paesi meno sviluppati hanno chiesto ai Paesi ricchi 100 miliardi di dollari all’anno. Si tratta di una cifra pari ad almeno 10 volte gli attuali aiuti internazionali per la biodiversità. Braulio Dias, che rappresenta il futuro governo brasiliano di Luiz Inacio Lula da Silva, domenica aveva chiesto ancora una volta “una migliore mobilitazione delle risorse” – in altre parole, un aumento degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, una preoccupazione ripresa in particolare dal Congo. Oltre ai sussidi, i Paesi del Sud hanno spinto con forza per la creazione di un fondo globale dedicato alla biodiversità – una questione di principio – simile a quello ottenuto a novembre per aiutarli a far fronte ai danni climatici. Su questo punto, la Cina propone come compromesso di creare un ramo dedicato alla biodiversità all’interno dell’attuale Fondo mondiale per l’ambiente (Gef), il cui funzionamento attuale è considerato molto carente dai Paesi meno sviluppati.

Photo credits: Twitter @UNBiodiversity

Colombia, il paradiso della Gorgona fa litigare esercito e ambientalisti

È un affascinante mix di natura magica, a metà strada tra il Jurassic Parc e l'”Isola misteriosa” di Jules Verne. Per i pochi fortunati che la attraversano, Gorgon Island, nel Pacifico colombiano, respira e vive, come una madre che nutre. Paradiso della biodiversità e parco naturale nazionale, la Gorgone è tuttavia al centro di una controversia tra l’esercito colombiano e gli ambientalisti. Un progetto militare, in particolare la costruzione di un lungo molo di cemento sulla spiaggia principale dell’isola, ha suscitato le ire degli ambientalisti.

Avviato nel giugno 2019, questo progetto di “stazione” di guardia costiera prevede “tre fasi“, spiega il comandante in capo di queste unità navali, Javier Bermudez, durante un viaggio organizzato dall’esercito. “La prima è stata la costruzione di una torre radar di 55 metri“, che è già stata completata e la cui struttura metallica, piantata in cima alla montagna nera, ora domina l’intera isola. “La seconda fase prevede la costruzione di un pontile lungo 132 metri e largo 3, i cui lavori sono già iniziati. La terza fase è la ristrutturazione degli alloggi per il nostro personale militare“, afferma Bermudez.

L’obiettivo è quello di avere una posizione avanzata, “un vantaggio tattico sulla criminalità in tutte le sue forme” in “una zona ambientale gravemente colpita” dalla pesca illegale, dalla deforestazione, dal traffico di specie, dall’inquinamento marittimo e, naturalmente, dal traffico di droga. Il lavoro è finanziato dagli Stati Uniti, il principale partner della Colombia nella lotta alla droga.

Una roccia vulcanica ricoperta di giungla tropicale, paradiso delle megattere e di altre tartarughe e squali, il Parco delle Gorgonie è una delle sessanta aree protette del Paese. Paragonabile per ricchezza al vicino arcipelago delle Galapagos, la Gorgone ospitava negli anni ’60 una famigerata prigione, chiusa nel 1984. I turisti hanno ormai sostituito i detenuti, per osservare le balene che si divertono vicino alla riva, immergersi tra i pesci di incantevoli barriere coralline e passeggiare nella fitta foresta.

L’isola è una vetrina per l’ecoturismo: sono vietati alcolici e plastica e le attività sono strettamente controllate per evitare incidenti con i numerosi serpenti (che le hanno dato il nome). Grazie alle piogge quasi quotidiane, l’acqua dolce scorre ovunque, dando all’isola verde l’aspetto di un giardino dell’Eden, oggetto di numerose missioni scientifiche. Per tutti questi motivi, la costruzione di un molo di cemento ai piedi dell’isola è un’eresia, secondo gli oppositori del progetto. “Quello che stanno per fare qui è un saccheggio“, un “atto irresponsabile“, insiste Jorge Robledo, ex senatore che ha preso la guida della protesta. “Non ci deve essere nessuna base, nessun radar da guerra americano, farebbe un danno immenso“, afferma Robledo, il cui appello è stato trasmesso da diversi parlamentari.

Su iniziativa dell’ex senatore, il 30 novembre è stata lanciata una “azione popolare” in tribunale, che intende denunciare una “violazione della Costituzione e della legge“, nonché la “corruzione” dell’agenzia ambientale (ANLA). Il signor Robledo chiede misure “conservative” urgenti prima della fine delle vacanze giudiziarie dell’anno, anche se “ci sono già stati danni” causati dai lavori.
Per Felipe Gulh, biologo dell’Università delle Ande, è certo che i lavori sull’isolotto, “santuario biologico” e “tesoro” naturale molto “fragile“, provocheranno danni. “Perché non costruire questa base sulla costa?“, si chiede lo specialista, che lancia un “appello molto chiaro” per fermare il progetto. Il direttore del parco, Daniel Alberto Osorio, considera il progetto del pontile “fattibile“, in quanto potrebbe contribuire a un migliore “sbarco” dei visitatori (6.400 visitatori lo scorso anno). Tuttavia, ricorda le “raccomandazioni” di “spostare questo pontile” lontano dal corallo.

La marina sta sviluppando questo progetto da più o meno dieci anni” in questa “posizione strategica che è un corridoio per il crimine“, sostiene il capo della guardia costiera colombiana, assicurando che l’impatto sugli ecosistemi sarà minimo. “Non si tratta di una base navale, ma di una piccola unità militare di 28 persone“, ha aggiunto, giurando poi che “non ci sarà alcuna presenza militare americana. Se non attuiamo questo progetto, i vincitori saranno i criminali“, ha avvertito l’ufficiale, per il quale la Colombia “non può accontentarsi di aree protette solo sulla carta“. “Abbiamo bisogno del lavoro dell’esercito per esercitare questa autorità ambientale” e affrontare “minacce concrete“.