Calcio, in Belgio iniziativa Usg-Nike: Terza maglia non in vendita per ridurre rifiuti

Il merchandising? Sì, ma senza vendere troppo. Né controsenso né paradosso, solo un modo più moderno di vivere il calcio moderno. In Belgio arriva la rivoluzione del marketing e del business legati al gioco del football. L’Union Saint Gilloise (anche nota come Usg), squadra di Bruxelles tornata sulla cresta dell’onda dopo 48 anni tra serie B e serie C, ha chiesto e ottenuto che Nike, sponsor tecnico e fornitore ufficiale delle tenute da gioco, non produca su scala industriale la terza maglia, che la società ha intenzione di utilizzare soprattutto per le partite delle coppe europee. Il motivo? “Evitare rifiuti potenziali” di indumenti e materiale tessile. Perché una maglia per le partite casalinghe (gialla con colletto e polsini blu) e una per quelle in trasferta (bianca con banda orizzontale giallo-blu) bastano e avanzano, e allora meglio scegliere la via della parsimonia.

L’Union Saint Gilloise ha compiuto una scelta chiara. Ha concordato con il noto marchio di indumenti sportivi e materiale tecnico che per le prossime due stagioni si tenderà a utilizzare principalmente la seconda maglia per gli impegni esterni. Ma nel calcio di oggi dove vendere e fatturare è una componente essenziale e le logiche di mercato tendono a prevalere su quelle sportive, si è giunto alla formula di compromesso: sì alla terza maglia di Nike, blu con inserti gialli, ma a piccole e giuste dosi.

“Non commercializzare la maglia aiuta ad evitare gli sprechi”, spiega la società, che è categorica nella sua decisione. “La nostra maglia blu e gialla per questa stagione non è in vendita, e quindi non non sarà disponibile nel nostro fanshop e nemmeno nel negozio online”. Sarà però possibile acquistarla all’asta. E’ questo l’unico modo che i tifosi avranno a disposizione per accaparrarsi lo speciale prodotto ufficiale della squadra del cuore. Alla fine di ogni match, le maglie utilizzate dai giocatori saranno messe in vendita con il sistema di offerte e rilanci con l’obiettivo di raccogliere fondi da destinare a Union Inspires, l’insieme delle attività per politiche di sostenibilità promosse da Fondazione Union Saint Gilloise.

E’ il progetto Union Inspires che ha permesso l’acquisto di bicchieri in plastica riciclata e riciclabile da utilizzare all’interno dello stadio il giorno della partita casalinga, innovazione cominciata con la stagione 2019-2020. Sempre Union Inspires ha permesso di fare dello stadio dell’Union Saint Gilloise il primo impianto calcistico in Belgio con contenitori per la raccolta differenziata. Adesso si vuole dettare un’altra linea. Di abbigliamento sportivo, ma responsabile e sostenibile.

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Solo 15° in casa, ecco come il progetto SlowHeat ha anticipato la crisi energetica

Per il terzo anno consecutivo, quattro ricercatori e venti cittadini stanno abbracciando il progetto di ricerca coordinato dall’Università di Lovanio, in Belgio. Progetto secondo il quale è possibile cercare soluzioni alternative che permettano alle persone di riscaldarsi impiegando molta meno energia, secondo l’assunto che occorre “Riscaldare i corpi, non le pareti”.
Geoffrey Van Moeseke è ricercatore e cavia del progetto. Nel suo salotto a Louvain-la-Neuve, nel Belgio centrale, il termometro segna 14,5 °C. All’esterno le temperature sono sotto lo zero. Nonostante il gelo, che si vede attraverso le grandi finestre del suo salotto, l’uomo dice di non sentire il freddo. “In famiglia siamo in sei, abbiamo una casa di 200 metri quadrati e, al momento, impostiamo il termostato centrale a 15°C al massimo”, spiega.
La prima cosa che i ricercatori raccomandano? Adattate il vostro guardaroba. “Al momento indosso un classico maglione di cotone con sopra un vecchio e caldo cardigan. Sotto, ho ancora due strati: una maglietta e un abbigliamento tecnico sportivo, da outdoor, che porta davvero qualità”, spiega. Per i piedi, calzini e “vecchie pantofole foderate che sono estremamente calde”. Il secondo consiglio è quello di utilizzare pannelli elettrici radianti. Geoffrey Van Moeseke ne ha due, che accende per una o due ore al giorno: uno in soggiorno, l’altro nella camera da letto del figlio maggiore, la stanza più fredda della casa, dove la temperatura media raramente supera i 12°C. Questo pannello radiante emette rapidamente un calore potente. Sul loro sito web, i ricercatori consigliano anche la mantellina elettrica per il riscaldamento, che secondo loro “si ripaga in un mese”. Davanti al computer, alcuni utilizzano tappetini riscaldati per il mouse.

Lanciato nel settembre 2020, il progetto SlowHeat mirava ad anticipare una crisi energetica. “Ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se avessimo improvvisamente finito il gas”, spiega Denis de Grave, assistente di ricerca all’Università di Lovanio. “All’inizio la gente pensava che fossimo pazzi”, dice Grégoire Wallenborn, ricercatore e insegnante presso la Libera Università di Bruxelles, infagottato in un pesante cardigan, con il cappello sulla testa e i guanti sulle mani. Nel suo appartamento di Bruxelles la temperatura media oscilla tra i 12 e i 14°C. Due anni dopo, l’inflazione e la guerra in Ucraina hanno fatto impennare i prezzi dell’energia in Europa e il progetto SlowHeat sta riscuotendo un nuovo interesse. Mentre le bollette di gas ed elettricità continuano ad aumentare, Geoffrey Van Moeseke paga in media solo 70 euro al mese per il riscaldamento.

Prima di testare i loro metodi, i ricercatori di SlowHeat hanno dovuto convincere le loro famiglie. “Ho affrontato il progetto un passo alla volta”, dice Geoffrey Van Moeseke. “Il primo inverno è stato più difficile del secondo, il che dimostra che c’è una forma di abitudine e di adattamento che si verifica nel tempo”. Per il figlio più piccolo, Célestin, 11 anni, che indossa un maglione di lana e pantaloncini che scoprono le gambe nude, la temperatura non è un problema: “So che il primo inverno è stato più duro, eravamo abituati a una temperatura più calda, ma ora mi sono completamente abituato. Credo che qui faccia caldo”, sorride.
Ma non è stato così da subito. Paura del freddo, paura che i vicini o gli amici non vogliano più andare in visita, paura di conflitti all’interno dell’appartamento o della famiglia…“All’inizio è stato necessario superare le paure”, ammette il ricercatore. Alcune abitudini sono più complicate di altre da adottare, come la pedaliera installata sotto la scrivania, che permette di continuare a muoversi anche mentre si lavora. I ricercatori riconoscono prontamente che il loro progetto non è una soluzione miracolosa applicabile a tutti, ma difendono la necessità di ripensare le nostre abitudini e il nostro rapporto con il consumo, e quindi con l’energia. “L’obiettivo non è dire alle persone che avranno freddo. L’idea è quella di mantenere lo stesso livello di comfort ma con qualche grado in meno”, spiega Amélie Anciaux, sociologa dell’Università di Lovanio e membro di SlowHeat.