
Energia cara per Italia: 15% in più dell’Area Euro. Pesano oneri e tasse
Luce e gas costano caro agli italiani. Purtroppo, non è una novità ma adesso ci sono i dati della Relazione annuale di Arera a certificarlo: nel 2024 i consumatori domestici del nostro Paese hanno pagato il gas il 15,1% in più del resto dell’Area euro (13,1 centesimi al kWh), con tariffe superiori del 5,3 percento rispetto alla media. Non va meglio per quel riguarda l’energia elettrica. Nonostante una diminuzione generalizzata in Europa, sebbene con intensità diverse (la media dell’Area euro è 14%, ma si va dal -2,7% della Germania al -20,2% della Francia), l’Italia ha infatti perso nuovamente competitività rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei.
In entrambi i casi il peso maggiore è quello di oneri, imposte e tasse che, per la luce, sale del 28% “annullando le riduzioni registrate dalla componente energia e dai costi di rete”; mentre per il gas è di 3,2 centesimi/kWh, a cui si sommano i costi di rete lievitati a 3 centesimi/kWh. Fattori che giustificano, dunque, l’erogazione di bonus sociali (su base Isee) a 4,5 milioni di famiglie anche nel 2024 (-40,5% rispetto all’anno precedente), cui 2,8 milioni per l’energia elettrica e 1,7 milioni per il gas.
I dati di Arera, comunque, vanno letti in controluce, perché lo scorso anno, nonostante il perdurare delle guerre tra Russia e Ucraina alle porte del Vecchio continente, e tra Israele e Palestina in Medio Oriente, i prezzi sono diminuiti in 17 Paesi, tra cui appunto l’Italia (-8%) e il Lussemburgo (-33%), mentre in 10 sono schizzati in alto, come in Francia (+19%) e Portogallo (+15). Risultati che ci hanno permesso di ridurre di quasi dieci punti percentuali il differenziale dalla media Ue, che oggi passa al 15%. Gli effetti positivi si sono riverberati anche sulle imprese, che lo scorso anno hanno pagato un prezzo lordo “più conveniente rispetto a quasi tutti i principali competitor europei”. Ad esempio, -9,8% nel confronto con la Francia e -7,7% rispetto alla Germania. Solo la Spagna fa meglio (+38%). Buone notizie, per carità, ma la situazione resta comunque complicata per il sistema produttivo di casa nostra.
Spostando i riflettori su altri aspetti dello stesso tema, nel 2024 Arera registra un incremento della produzione mondiale di gas dell’1,4%, che non trova alimento però in Italia, dove il calo è del 4,1% (poco sotto i 2.600 milioni di metri cubi). Di contro, i consumi nel nostro Paese sono risaliti 0,3 miliardi di metri cubi, “riportando la domanda a 61,8 miliardi di metri cubi dai 61,5 del 2023”. Tutt’altra musica, invece, per l’energia elettrica, dove la produzione schizza del 3,2 percento a 273,3 TWh, con un boom delle rinnovabili (+14,9%) sotto la forte spinta dei 52,8 TWh di idroelettrico, che dunque sale del 30,2%. Numeri che permettono di soddisfare l’83,7% della domanda italiana. L’energia, dunque, resta una priorità, per le aziende ma soprattutto per le istituzioni, cui è demandato il compito di trovare le soluzioni per dare ossigeno a chi produce ma anche alle famiglie.
Ragioni che spingono il presidente di Arera, Stefano Besseghini, a plaudire l’iniziativa del governo sul nucleare: “Non perché sia possibile nel breve una rilevante e significativa penetrazione nel mix, ma perché anche lì soffia il vento dell’innovazione e un Paese industrializzato, rilevante, con la competenza tecnico scientifica dell’Italia – sottolinea nella sua Relazione -, non può non avere un contesto normativo in grado di agevolare lo sviluppo delle soluzioni innovative in ogni settore”. Così come il “disaccoppiamento della remunerazione di mercato elettrico fra le fonti di produzione con o senza costi marginali di produzione” diventa un “punto centrale”.
Il numero uno dell’Authority, inoltre, ricorda che “a partire dal prossimo 1 luglio, la bolletta di energia elettrica e gas naturale in Italia cambierà volto” e “ogni operatore sarà tenuto a pubblicare in modo visibile e accessibile le condizioni tecnico-economiche delle proprie offerte”. Un cambiamento che Besseghini definisce “un investimento in trasparenza”. Che fa il paio con il suo monito sul ruolo del regolatore, che a suo modo di vedere “assume anche una funzione comunicativa e culturale: deve informare, spiegare, motivare, educare, accorciando le distanze, alleggerendo il tono e semplificando il linguaggio senza essere fuorvianti e con spirito di servizio”. Non a caso, infatti, il Servizio conciliazione ha permesso di ottenere, sulle oltre 34mila domande presentate, più di 21 milioni di euro “con un tasso di soddisfazione degli utilizzatori del Servizio Conciliazione pari al 95%”. Fattori che in una fase storica di incertezza “che rischia di minare le fondamenta stesse della nostra società”, diventano cruciali per vincere la sfida della transizione energetica.