Dal caffè alla birra: le capsule inutilizzate danno vita a una ‘bionda’ artigianale

Si chiama Biova Cellini ed è la nuova birra artigianale nata dalla trasformazione del caffè recuperato dalle capsule ammaccate durante il processo produttivo. E’ frutto della collaborazione tra Cellini, la Contemporary Italian Roastery genovese, e Biova Project,azienda torinese che si concentra sulla trasformazione del surplus alimentare in valore aggiunto con un focus iniziale sulla creazione di birra artigianale dal pane invenduto. Oltre 10.000 capsule altrimenti inutilizzabili sono state trasformate in 2.500 litri di una birra che riscrive le regole del gusto e dell’economia circolare.

“A Cellini da sempre piace pensare oltre, anche e soprattutto quando si parla di temi importantissimi come quello della sostenibilità. Come azienda, non ci sentiamo semplicemente chiamati a garantire il nostro impegno a un’economia il più possibile circolare: per noi l’attenzione alle tematiche ambientali è parte integrante della nostra strategia, nelle fasi produttive così come nella ricerca e sviluppo di nuove referenze da presentare ai nostri consumatori, per accompagnare a un consumo sempre più consapevole senza mai scendere a compromessi per quanto riguarda la qualità del prodotto finale”, commenta Giorgio Boggero, Ceo di Cellini.

La birra, sorprendentemente leggera, trae ispirazione dalla Schwarzbier, lager scura tedesca, ed è caratterizzata da un colore intenso e da piacevoli note di caffè 100% arabica. Ha una gradazione alcolica del 4,7%.

Franco Dipietro, founder e Ceo di Biova Project, sottolinea il vero elemento distintivo di questa collaborazione: “Il progetto con Cellini è nato da una volontà comune: Biova Cellini è un’ottima birra al caffè, che unisce il mondo della birra artigianale a quello del caffè selezionato e tostato con cura. E racconta anche una splendida storia di economia circolare, a dimostrazione che oggi finalmente si può – e si deve – investire davvero sulla sostenibilità aziendale puntando allo stesso tempo ad avere un prodotto di alta eccellenza per il consumatore finale”.

Per celebrare questa nuova avventura di gusto, Cellini insieme a Biova Project ha lanciato il tour Coffe Hour: un calendario di eventi nei bar Cellini di Milano che permetteranno di scoprire un nuovo modo di gustare il caffè, attraverso la degustazione della birra e di una selezione di signature cocktail al caffè firmati Cellini.

La campagna Biova Cellini e la Coffee Hour sono frutto della collaborazione tra la Contemporary Italian Roastery e Sbam, l’agenzia creativa che dal 2023 è partner strategico di Cellini su tutta la comunicazione ATL e digital, mentre media e pr sono gestite da Jakala. A firmare invece l’identità visiva della birra Biova Cellini è Arc’s, con un design in cui convivono il system grafico di Biova Project, e gli elementi distintivi non convenzionali, tipici della comunicazione Cellini.

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Per rimuovere il piombo dall’acqua basta…una birra

Ogni anno i birrifici producono e scartano migliaia di tonnellate di lievito in eccesso. I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e del Georgia Tech hanno ora trovato un modo per riutilizzare quel lievito per assorbire il piombo dall’acqua contaminata. Attraverso un processo chiamato biosorbimento, il lievito può assorbire rapidamente anche tracce di piombo e altri metalli pesanti dall’acqua. I ricercatori hanno dimostrato di poter confezionare il lievito all’interno di capsule di idrogel per creare un filtro che rimuove il piombo dall’acqua. Poiché le cellule di lievito sono incapsulate, possono essere facilmente rimosse dall’acqua una volta che è pronta da bere.

“Il fatto che i lieviti stessi siano biobased, benigni e biodegradabili è un vantaggio significativo rispetto alle tecnologie tradizionali”, spiega Patricia Stathatou, ex postdoc presso il MIT Center for Bits and Atoms, ora ricercatrice presso il Georgia Tech e prossima assistente alla School of Chemical and Biomolecular Engineering del Georgia Tech.

I ricercatori prevedono che questo processo possa essere utilizzato per filtrare l’acqua potabile che esce dai rubinetti delle case, o per trattare grandi quantità di acqua negli impianti industriali.

Le capsule sono fatte di un polimero chiamato polietilenglicole (PEG), ampiamente utilizzato nelle applicazioni mediche. Quando la miscela viene illuminata dai raggi Uv, i polimeri si legano tra loro formando appunto capsule con il lievito intrappolato all’interno.

Secondo i ricercatori, questo processo consumerebbe probabilmente meno energia rispetto ai processi fisico-chimici esistenti per la rimozione di tracce di composti inorganici dall’acqua, come la precipitazione e la filtrazione a membrana. Questo approccio, radicato nei principi dell’economia circolare, potrebbe ridurre al minimo i rifiuti e l’impatto ambientale, favorendo al contempo le opportunità economiche delle comunità locali. Questo approccio potrebbe avere un impatto particolarmente significativo nelle aree a basso reddito che storicamente hanno dovuto affrontare l’inquinamento ambientale e l’accesso limitato all’acqua pulita, e che potrebbero non essere in grado di permettersi altri modi per rimediare, dicono i ricercatori.

Gli esperti stanno ora esplorando le strategie per riciclare e sostituire il lievito una volta esaurito e sperano di capire se sia possibile utilizzare materie prime derivate dalla biomassa per produrre gli idrogel, invece di polimeri basati su combustibili fossili.

“In futuro, questa è una tecnologia che può essere evoluta per colpire altri contaminanti in traccia di interesse emergente, come i Pfas o persino le microplastiche”, dicono i ricercatori.