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Legislazioni concorrenti: il riparto delle competenze fra Stato e Regioni

La rigenerazione urbana è, a livello di competenze, ripartita fra Stato e Regioni. La nozione afferisce anzitutto alla materia governo del territorio, che la Costituzione attribuisce alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, ma intercetta in modo rilevante la materia tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, attribuita invece alla legislazione esclusiva dello Stato. Questo intreccio di competenze riflette la multidimensionalità del concetto di rigenerazione urbana che si presta a declinazioni diverse, a condizione che siano tutte ricollegabili all’ambito materiale del ‘governo del territorio‘. Le competenze e le legislazioni vengono dettagliate nel rapporto ‘Le politiche di rigenerazione urbana. Prospettive e possibili impatti‘ del Servizio Studi della Camera-Dipartimento Ambiente in collaborazione con l’istituto di ricerca Cresme, presentato alla Camera.

LEGISLAZIONE REGIONALE

Numerose Regioni hanno approvato leggi che, a vario titolo, introducono non solo discipline di dettaglio ma anche – in assenza di una specifica legislazione statale – princìpi in tema di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana. Gli interventi legislativi regionali sono sostanzialmente ispirati a due modelli generali che rispondono a logiche diverse, anche se talvolta compresenti all’interno dello stesso impianto legislativo: un modello di regolamentazione incentrato prevalentemente sul perseguimento delle finalità di rigenerazione urbana attraverso un sistema di premialità urbanistiche ed edilizie e di incentivi, in alcuni casi previa definizione in ambito regionale di quantità massime di suolo consumabile a fini edificatori; un modello di regolamentazione maggiormente incline a considerare prioritari i processi di riuso e sostituzione edilizia senza consumo di nuovo suolo e orientato a garantire una più netta perimetrazione dei margini di confine dei centri abitati, configurando l’espansione edilizia come eccezione.

LEGISLAZIONE NAZIONALE

La legge che ancora oggi reca la disciplina più organica della materia urbanistica a livello nazionale risale al 1942 e, nonostante l’incompleta attuazione (a partire dal regolamento di esecuzione, mai emanato) e l’impianto centralizzatore, ha rappresentato la principale fonte di riferimento per l’individuazione dei princìpi fondamentali della materia, ai quali ha dovuto uniformarsi la legislazione regionale di dettaglio adottata a partire dal 1970. La vigente legislazione statale in materia affida alla competenza dei comuni la pianificazione urbanistica e la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale. In particolare, la legge n. 1150/1942 ha previsto l’istituzione di un piano regolatore generale quale strumento principale, affidato alla responsabilità del comune, di pianificazione e controllo dello sviluppo urbano, da attuare attraverso piani particolareggiati esecutivi redatti dal comune medesimo. Sempre a livello di pianificazione comunale ci sono anche i regolamenti di attuazione della legge ponte con cui sono stati introdotti i cosiddetti ‘standard urbanistici’, cioè la quantità minima di spazio che ogni piano regolatore generale deve inderogabilmente riservare all’uso pubblico e le distanze minime e altezze massime da osservare nell’edificazione degli e tra gli edifici, nonché ai lati delle strade.

A livello territoriale più ampio, la legge n. 1150/1942 ha inoltre previsto i piani territoriali di coordinamento, finalizzati ad orientare e coordinare l’attività urbanistica di aree vaste e vincolanti per i piani subordinati, poi variamente ridenominati e rimodulati nella legislazione regionale, che costituiscono il primo livello di pianificazione urbanistica con efficacia di orientamento e indirizzo e ai quali è affidato il compito di garantire il coordinamento con gli atti di pianificazione settoriale (ad es. i piani paesaggistici). Completano il quadro di riferimento della legislazione statale in materia di urbanistica e governo del territorio la disciplina dell’attività costruttiva edilizia contenuta nel Testo unico in materia edilizia e la disciplina delle espropriazioni per pubblica utilità contenuta nel Testo unico di cui al D.P.R. n. 327/2001.

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Superbonus 110% ed efficientamento energetico: contributo rigenerazione urbana

Tra gli interventi di rigenerazione urbana, rientrano anche le misure relative al recupero e alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. Per questo tali azioni sono incluse nel rapporto ‘Le politiche di rigenerazione urbana. Prospettive e possibili impatti‘ del Servizio Studi della Camera-Dipartimento Ambiente in collaborazione con l’istituto di ricerca Cresme. Non solo detrazioni fiscali, fra cui il Superbonus 110% e l’ecobonus, ma anche l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio della Pubblica amministrazione, fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici europei previsti al 2030 e al 2050.

LE DETRAZIONI FISCALI

Nel corso del tempo il legislatore ha previsto numerose agevolazioni fiscali volte a realizzare obiettivi di riqualificazione energetica e di recupero edilizio del patrimonio immobiliare nonché a favorire il settore dell’edilizia, che tradizionalmente rappresenta uno dei settori trainanti del sistema economico ed occupazionale italiano. Il Superbonus 110% è solo l’ultima di queste misure. Per quanto riguarda le agevolazioni mirate alla riqualificazione energetica degli edifici, consistenti nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (che variano dal 50% all’85%) per le spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dell’Irpef e dell’Ires concesse per interventi volti ad aumentare il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti. Riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

  • la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento;
  • la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione;
  • la realizzazione di interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi;
  • l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università;
  • la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria; l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari;
  • l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti;
  • le spese sostenute per l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.

Ulteriori detrazioni sono state introdotte anche per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi e per la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

SUPERBONUS 110%

Il decreto Rilancio ha introdotto un’ulteriore detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici, il cosiddetto Superbonus 110%. A tale agevolazione il Pnrr destina complessivamente 13,95 miliardi di euro. Sempre in materia di efficienza energetica e riqualificazione degli edifici sono previste ulteriori risorse nazionali a carico del Fondo complementare per un ammontare complessivo di 6,56 miliardi di euro (di cui 4,56 specificamente destinati al Superbonus), nonché ulteriori 0,32 miliardi dal programma React dell’Ue. Gli interventi di questa Componente si prefiggono di incrementare il livello di efficienza energetica degli edifici, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni in un Paese come l’Italia che dispone di un parco edifici con oltre il 60 per cento dello stock con un’età superiore a 45 anni, sia negli edifici pubblici, sia in quelli privati. Soto questo aspetto, il Pnrr fissa dei target ben precisi: entro il primo trimestre 2023 il completamento della ristrutturazione di edifici per almeno 12.000.000 mq che si traduce in risparmi di energia primaria di almeno il 40% e il miglioramento di almeno due classi energetiche nell’attestato di prestazione energetica e la ristrutturazione di almeno 1.400.000 mq per scopi antisismici. Entro il IV trimestre 2025, poi, il completamento della ristrutturazione di edifici per almeno 32.000.000 mq che si traduce in risparmi di energia primaria di almeno il 40% e nel miglioramento di almeno due classi energetiche nell’attestato di prestazione energetica e la ristrutturazione di almeno 3.800.000 mq a fini antisismici. Il Superbonus 110% è stato prorogato fino al 2025 con scadenze differenziate in base al soggetto beneficiario. Prorogata, inoltre, agli anni 2022, 2023 e 2024 la facoltà dei contribuenti di usufruire delle detrazioni fiscali concesse per gli interventi in materia edilizia ed energetica, alternativamente, sotto forma di sconto in fattura o credito d’imposta cedibile anche a banche e intermediari finanziari e al 31 dicembre 2025 la facoltà di optare per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, in luogo della detrazione fiscale, per le spese sostenute per gli interventi coperti dal Superbonus. E ancora, prorogati al 31 dicembre 2024 l’ecobonus nella misura del 65% delle spese documentate e la detrazione al 50% per gli interventi di ristrutturazione edilizia.

EFFICIENZA ENERGETICA PATRIMONIO EDILIZIO P.A.

Considerando che, secondo la Commissione Europea, il settore pubblico è responsabile di circa il 5-10% del consumo totale di energia finale dell’Unione e gli edifici pubblici utilizzano circa il 2% del consumo finale di energia dell’Ue, l’efficienza energetica nella Pubblica amministrazione è un fattore fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici europei previsti al 2030 e al 2050. Per realizzare interventi di riqualificazione energetica sugli immobili occupati dalla P.A. centrale per almeno il 3% annuo della superficie coperta utile climatizzata, ovvero comportare un risparmio energetico cumulato di almeno 0,04 Mtep, dal 2014 è stata prevista l’adozione, entro il 30 novembre di ogni anno, del Programma di riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione centrale (PREPAC). Nel 2020 l’adozione annuale del PREPAC è stata estesa fino al 2030 ed è stato aumentato, da 30 a 50 milioni di euro l’anno, fino al 2030, lo stanziamento relativo (operato a valere sulle aste per la CO2 nel settore Ets). In Italia, recependo la direttiva Ue, devono essere edifici a energia quasi zero dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati dalla P.A. e di proprietà di queste, compresi gli edifici scolastici; dal 1° gennaio 2021 tutti gli edifici di nuova costruzione. Con la relazione del 12 luglio 2021, la Corte dei Conti ha effettuato un monitoraggio degli interventi di miglioramento della prestazione energetica degli immobili della P.A. centrale realizzati nel periodo 2015-2020. Le risorse complessivamente stanziate nel periodo sono state 355 milioni di euro (255 milioni a carico del Mise e 100 milioni a carico del Mattm, ora Mite), per 230 progetti ammessi a finanziamento con un importo di 315,8 milioni di euro.