Oggi il decreto sui Campi Flegrei in Cdm. Musumeci: “Facciamo il pane con la farina che abbiamo”

Lo aveva annunciato martedì e ora il ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, è pronto a portare in Cdm il decreto legge dedicato ai Campi Flegrei, i cui obiettivi sono stati condivisi con la Regione Campania, i Comuni e tutti gli enti locali del territorio. Un atto normativo che, secondo fonti di governo, dovrebbe prevedere anche un piano di esodo in caso di eventi di bradisismo particolarmente intensi. Si tratta, spiega il ministro, del primo provvedimento che “ci sentiamo di adottare dopo decenni e decenni di distrazione”, visto che il fenomeno in quell’area è conosciuto da millenni.

Già nel dopoguerra – dice Musumeci – andava impedita la costruzione in alcune aree vulnerabili, invece quella è una delle zone più antropizzate”. Ma, assicura, “è imprudente” ipotizzare oggi l’abbattimento degli edifici. Insomma, “c’è stata incuria, scarsa conoscenza, sottovalutazione del fenomeno. Certo è che ora dobbiamo fare il pane con la farina che abbiamo. Questa è la realtà”.

Una realtà che i sindaci conoscono bene e che hanno portato in audizione in commissione Ambiente alla Camera. Più risorse economiche e più personale per il monitoraggio degli edifici, un maggior coinvolgimento della popolazione nella fase di comunicazione del rischio, per tutelare la sicurezza dei cittadini, ma anche per difendere il lavoro e il turismo, sono le richieste dei Comuni che, assicura Musumeci, “non saranno lasciati soli”.

Ma non solo. Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, così come i rappresentanti di Pozzuoli, Quarto, Bacoli, Monte di Procida, Giugliano e Marano, chiedono “poteri sostitutivi” da assegnare ai Comuni per migliorare le attività di controllo degli edifici. C’è naturalmente “un problema di personale e di risorse”, anche perché, ribadisce il primo cittadino partenopeo “spesso è difficile far intervenire i privati dove ci sono situazioni di possibile rischio sulle strade, quindi andrebbero utilizzati poteri sostitutivi per fare in modo che si possa intervenire su edifici abbandonati o plurifrazionati”. Soldi in più, quindi, e strumenti.

E c’è un aspetto verso cui tutti guardano, che è l’importanza della comunicazione e dell’informazione “scientificamente corretta” ai cittadini. Farsi prendere dal panico, dice Musumeci, è “il metodo meno adatto per affrontare una situazione che non si arresterà tra una settimana o tra un mese, perché dura da secoli e temo continuerà ad andare avanti”. Per i sindaci dei Campi Flegrei, anche se le scosse di questi giorni – l’ultima di magnitudo 2.6 – non sono il segnale di “una possibile eruzione”, la popolazione deve essere al corrente di ciò che accade, bambini e ragazzi delle scuole compresi.

Ecco allora la necessità – su cui sta lavorando il governo – di aggiornare “anche con maggiori dettagli, il piano di evacuazione ed emergenza, facendo qualche esercitazione”. Già, perché, il piano predisposto dalla protezione civile, così com’è non potrebbe essere applicato perché dovrebbe mettere la popolazione, spiega il ministro Musumeci, “nelle condizioni di poter raggiungere in un tempo X, il luogo Y. Per poterlo fare servono le arterie necessarie”. Cioè via di fuga libere, ma che, oggi, non sempre lo sono, visto che, ad esempio “come a Pozzuoli, ci sono dei lavori in corso. Serve quindi fare un monitoraggio – dice Manfredi – su quelle non disponibili” e da lì rivedere il piano.

Tremano ancora i Campi Flegrei. Nuova scossa di magnitudo 4, tra le più forti degli ultimi 40 anni

Non si ferma lo sciame sismico dei Campi Flegrei. Alle 22.08 di lunedì 2 ottobre, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato una scossa di magnitudo 4 a una profondità di 3 chilometri e, poche ore dopo, alle 4.15, una nuova scossa di magnitudo 2.2. Dopo quello del 27 settembre scorso, si tratta del sisma più forte mai registrato nella zona negli ultimi 40 anni. Molta paura in tutta la zona, compresa la città di Napoli, dove in tanti sono scesi in strada. I vigili del fuoco sono intervenuti immediatamente dopo aver ricevuto segnalazioni di danni su alcuni edifici nella zona di Pozzuoli, dove sono caduti alcuni calcinacci. Nessuna persona è, fortunatamente, rimasta coinvolta.

Negli ultimi due anni sono state localizzate nella zona dei Campi Flegrei 4987 scosse di terremoto, segno della continuità attività di tutta l’area a ovest di Napoli, che include i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e anche parte dello stesso capoluogo partenopeo.

La situazione, come spiega a GEA Roberto Isaia, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologiaè in evoluzione” e fa parte di “una crisi bradisismica che dura da 15 anni. E’ iniziata nel 2005 con una piccola deformazione e precedentemente da alcune variazioni della composizione dei gas fumaroli nella zona centrale della solfatara. Queste deformazioni vanno avanti, con tassi più lenti rispetto alla precedente crisi del 1982-1984, ma non si sono mai fermate“.

Il sistema di monitoraggio, dice l’esperto, “non registra segnali che possono essere associati in modo diretto alla presenza di masse e fluidi nei primi 2-3 chilometri, ma non si esclude che piccoli corpi magmatici si possano essere mossi e rilascino questa ulteriore quantità di gas“. Per lsaia, quindi, la situazione “va controllata e monitorata ed è necessario incrociare tutti i dati disponibili, quelli sulla sorveglianza e gli studi” per avere un quadro in tempo reale di ciò che sta accadendo.

Il rischio zero, insomma, “non esiste“, ribadisce il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, secondo il quale è necessaria “massima attenzione” da parte di tutti, tanto che “il testo del decreto legge” ad hoc “è in dirittura d’arrivo”. Gli uffici del dipartimento stanno definendo gli ultimi passaggi formali e il ministro “conta entro pochi giorni di portarlo all’esame del Consiglio dei ministri“. Musumeci ha incontrato l’assessore alla Protezione civile della Regione Campania, Mario Morcone, per la condivisione di alcuni obiettivi contenuti nel provvedimento ed è stato chiesto alla commissione nazionale Grandi rischi, del Sistema nazionale di Protezione civile, di “farci conoscere l’analisi della comunità scientifica relativa alla situazione aggiornata dell’area interessata dal punto di vista sismico e bradisismico”. “Non stiamo trascurando alcun elemento“, assicura il ministro.

La dinamica dei Campi Flegrei è costantemente osservata dalle reti di monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano. I parametri geofisici e geochimici analizzati indicano che è in corso, ormai da tempo, il sollevamento del suolo – il cosiddetto bradisismo – che presenta nell’area di massima deformazione al Rione Terra una velocità media di circa 15 mm/mese dagli inizi del 2023.

La crisi, spiega Isaia, “non si è mai fermata” e ogni nuova fase riparte da dove si è conclusa quella precedente. Anche se per un lungo periodo non vengono registrati movimenti significativi, quindi, se la crisi ricomincia lo fa su una zona già stressata. L’energia si accumula e viene rilasciata. Come e quando è difficile prevederlo.

I Campi Flegrei, infatti, non sono caratterizzati da un unico edificio vulcanico principale, ma sono piuttosto un campo vulcanico attivo da più di 80.000 anni, con diversi centri vulcanici situati all’interno e in prossimità di un’area depressa chiamata caldera Ecco perché, dice il vulcanologo, nel caso di eruzione “non è possibile sapere dove avverrà l’apertura della bocca“. Isaia parla di “incertezza“. La caldera, dice, “non è come un vulcano, che ha un cono principale di apertura“, quindi un’eventuale apertura potrebbe avvenire in un’area compresa tra 3 e 5 chilometri circa.