Cresce raccolta di pile esauste, ma la produzione di quelle nuove corre di più
Le comuni pile utilizzate per alimentare piccoli apparecchi elettrici o elettronici hanno le ore contate? Sembra di sì. La proposta arriva dall’Unione europea ed è contenuta nel più ampio pacchetto del Green deal. Le tappe dovrebbero essere queste: dal 2024 quelle comuni, che si acquistano nei negozi, dovranno essere etichettate come ‘non ricaricabili’ in modo chiaro e inequivocabile; mentre entro il 2027 queste dovranno sparire dal mercato, lasciando posto esclusivamente a quelle ricaricabili. Sempre a partire da quella data dovrebbero poi entrare in vigore una serie di parametri minimi di qualità e durata per tutte le batterie ricaricabili: non si potranno quindi più vendere batterie ricaricabili che si deteriorano dopo pochi cicli di carica e scarica. “Qualsiasi decisione definitiva sulla messa al bando” delle pile non ricaricabili, ha dichiarato però recentemente Stefano Setti, coordinatore del gruppo Pile di Anie (Federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche), “dovrà essere preceduta, in qualunque ipotesi, dalla conduzione di un adeguato studio e relativa valutazione di fattibilità da parte della Commissione europea”. “Solamente sulla base dei risultati che emergeranno dalle analisi della Commissione – conclude – verrà quindi, eventualmente, previsto formalmente la messa al bando delle batterie non ricaricabili; il tutto ovviamente con un propedeutico periodo transitorio, imprescindibile per adeguare il mercato, le apparecchiature e le abitudini dei consumatori al cambio di rotta“.
RECUPERATI 11 MILIONI DI KG DI PILE
Al momento, dunque, si è nel campo delle ipotesi, ma la sensibilità al recupero in Italia non manca. Come riferisce il settimo rapporto annuale del Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori (Cdcnpa) datato 2020, i dati di raccolta sono in aumento così come i punti di raccolta sparsi in tutte le città italiane. Innanzitutto va spiegato che in Italia la gestione di pile e accumulatori esausti è stata inizialmente normata attraverso il decreto legislativo 188 del 20 novembre 2008, che stabilisce le regole per la corretta gestione dei rifiuti di pile e accumulatori. I produttori e gli importatori di questi prodotti sono obbligati ad organizzarsi in forma collettiva o individuale per provvedere all’avvio al recupero dei rifiuti di pile e accumulatori aderendo al Cdcnpa e seguendone le indicazioni operative. L’ultimo intervento normativo è quello sancito dal decreto legislativo 118 del 3 settembre 2020, attraverso cui si recepisce la direttiva 2018/849 che fa parte del cosiddetto Pacchetto per l’economia circolare. Il decreto prevede una frequenza annuale anziché triennale nella trasmissione dei dati sui livelli di raccolta e riciclo.
Tornando al recupero delle pile esauste, il dato italiano registrato a fine 2020 è pari a 11.109.662 kg, con un incremento del 1,29% rispetto all’anno precedente, mentre la raccolta cumulativa dall’inizio delle attività del Cdcnpa è di quasi 90 milioni di kg. Dunque si recupera tanto, ma anche la produzione di nuove pile, quindi l’immissione sul mercato, cresce notevolmente. Il 2020, spiega sempre Cdcnpa, ha visto infatti aumentare sensibilmente la quantità di batterie nuove immesse sul mercato con un balzo in avanti di oltre il 9% (in numeri assoluti 28.164.453 kg), probabilmente dovuto al maggior utilizzo di dispositivi elettronici portatili per le attività in lavoro agile e didattica a distanza. Questo aumento ha avuto un riflesso sul tasso di raccolta sull’anno solare e sul triennio precedente che risultano in leggero calo. Il tasso di raccolta al 2020 infatti si è assestato al 39,4% in calo dal 42,6% dell’anno prima. Il tasso dell’Unione europea invece è del 42,65%.
SEMPRE MAGGIORE RICORSO ALLE PILE RICARICABILI
“Oltre ai trend riguardanti i quantitativi – spiega il rapporto del Cdcnpa -, bisogna considerare anche il cambiamento qualitativo nelle tipologie merceologiche delle pile e degli accumulatori portatili. Gli ultimi anni hanno visto un’affermazione sempre più netta sul mercato degli accumulatori ricaricabili a scapito delle pile ‘usa e getta’. Questo significa che le batterie presenti nelle apparecchiature hanno mediamente cicli di vita sempre più lunghi e quindi gli accumulatori immessi in un certo anno sul mercato, saranno esausti dopo due o più anni, diminuendo di fatto i quantitativi disponibili per la raccolta“.
LA RETE DEI LUOGHI DI RACCOLTA
Forse a volte quello che limita l’aumento del tasso di raccolta, è la pigrizia dell’utente che non ha voglia di cercare in giro per la città il contenitore per le pile esauste che restano così confinate per anni in fondo ai cassetti. E dire che lungo lo Stivale sono in costante crescita, dagli appena 1.176 del 2012 agli 11.343 del 2021. In più le pile si possono conferire in diversi luoghi: i punti vendita (ovvero i negozi di elettronica e oggetti elettrici), i centri di raccolta appunto, gli impianti di trattamento dei Raee (solitamente le isole ecologiche), i centri di stoccaggio e i centri di assistenza tecnica. Per sensibilizzare la popolazione alla raccolta di pile esauste, il Cdcnpa ha anche spiegato che ad esempio da una tonnellata di batterie alcaline si possono recuperare 300 kg di zinco e 250 kg di ferro e nichel, materiali utili per realizzare altri prodotti.
L’ACCELERAZIONE DELL’EUROPA
Il 10 marzo scorso il Parlamento europeo ha detto sì alle nuove regole sulle batterie. La ‘Eu Battery regulation‘ ha infatti incassato 584 voti favorevoli contro i 67 contrari e le 40 astensioni. Nel testo si chiedono obiettivi più alti sulla raccolta di batterie portabili: il 70% entro il 2025 e l’80% entro il 2030 e una maggiore tracciabilità sostenibile delle materie prime. Viene inoltre istituita una nuova categoria, quella delle batterie per mezzi di trasporto leggeri, in cui rientrano ad esempio monopattini e biciclette elettriche con obbiettivi di raccolta del 75-85%. Gli smartphone dovranno avere le batterie amovibili per essere così facilmente avviate al recupero. Si stabiliscono poi, a partire dal 2026, dei target di riciclo dei materiali critici come cobalto, rame e nichel al 90% e litio al 70%. Infine, tutte le aziende produttrici dovranno garantire diritti ambientali e umani lungo tutta la loro supply chain. Con queste basi il Parlamento europeo andrà a trattare il testo definitivo al Consiglio europeo.