Una preghiera a ‘Pachamama’ apre la Cop16 a Cali. L’obiettivo? Far pace con la natura

Fare la pace con la natura. E’ l’appello che arriva da Cali, in Colombia, dove lunedì si aperta la Cop16, la conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità. L’ambizione – che dovrà ora essere definita da azioni concrete da mettere in campo – è quella di liberare le risorse finanziarie necessarie per raggiungere l’obiettivo di fermare la distruzione della biodiversità da parte dell’umanità entro il 2030.

PREGHIERA ALLA MADRE TERRA. Ad aprire i lavori è stata la ministra dell’Ambiente colombiana, Susana Muhamad, che ha assunto la presidenza di questa 16aesima Conferenza della Convenzione Onu sulla Diversità Biologica (CBD), in una prima sessione plenaria aperta da una preghiera alla ‘Pachamama’, la Madre Terra, pronunciata dai membri di uno dei 115 popoli indigeni del Paese.

Questa Cop sulla biodiversità, la più grande mai organizzata con 23.000 partecipanti, si svolge sotto stretta sorveglianza a causa delle minacce dei guerriglieri in guerra con il governo colombiano. Circa 11.000 agenti di polizia e soldati stanno rafforzando la sicurezza a Cali, che è in stato di massima allerta e dove sono attesi 140 ministri e una dozzina di capi di Stato.

“NON C’E’ TEMPO DA PERDERE”. “Noi siamo natura”, ha dichiarato la ministra colombiana “ed è da questo senso profondo, quasi spirituale, di umanità che possiamo creare questo obiettivo comune, che dovrebbe essere importante quanto, se non più, della transizione energetica e della decarbonizzazione” dell’economia, trattate dalle Cop sul clima di più alto profilo (la prossima, la Cop29, si aprirà tra tre settimane in Azerbaigian), nonostante gli appelli a conciliare la crisi climatica con quella della natura. “Il pianeta non ha tempo da perdere” e “Cali 2024 potrebbe essere una luce in un mondo molto buio’” ha detto incoraggiando i delegati dei 196 Paesi membri (esclusi gli Stati Uniti) della CBD.

MANCANO LE STRATEGIE PER LA BIODIVERSITA’. Due anni fa, in occasione della Cop15, era stato adottato lo storico accordo “Kunming-Montreal”, una tabella di marcia volta a “fermare e invertire” entro il 2030 la distruzione di terre, oceani e specie viventi essenziali per l’umanità. I Paesi si erano impegnati a presentare una “strategia nazionale per la biodiversità” entro la Cop16, che riflettesse la loro parte di sforzi necessari per raggiungere i 23 obiettivi globali stabiliti: proteggere il 30% della terra e del mare, ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati, dimezzare l’uso di pesticidi e il tasso di introduzione di specie aliene invasive, mobilitare 200 miliardi di dollari all’anno per la natura, ecc.

Ad oggi, però, solo 34 Paesi hanno rispettato l’impegno di presentare strategie complete. E 107 hanno presentato “obiettivi nazionali”, cioè impegni su tutti o alcuni delle tappe da raggiungere.

LA BATTAGLIA FINANZIARIA. La Cop16 deve anche presentare i dettagli di un meccanismo di monitoraggio degli sforzi globali, con indicatori indiscutibili, per responsabilizzare i Paesi e preparare un rapporto ufficiale credibile sui progressi compiuti per la Cop17 del 2026. ACali si dovrà anche negoziare un sistema di ripartizione dei profitti realizzati dalle aziende dei Paesi ricchi, tra cui quelle cosmetiche e farmaceutiche, grazie ai dati genetici derivati da piante e animali conservati dai Paesi in via di sviluppo. Ma il vero nocciolo della battaglia, infatti, sarà finanziario: “Siamo tutti d’accordo che siamo sottofinanziati per questa missione, che abbiamo bisogno di altre fonti di finanziamento”, ha dichiarato la presidente della Cop16, esortando i Paesi sviluppati, che dovrebbero fornire 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025, ad annunciare nuovi impegni.

I popoli indigeni dell’Amazzonia chiedono un “meccanismo di finanziamento diretto” per poter “continuare a conservare e proteggere questi territori”, ha spiegato Oswaldo Muca Castizo, presidente dell’Organizzazione dei popoli indigeni dell’Amazzonia colombiana (OPIAC). Tanto più che, secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), più di un quarto di tutte le specie è minacciato di estinzione.

Ecuador e Colombia: le ragioni di una doppia crisi idrica ed energetica

Colombia ed Ecuador, due potenze idroelettriche confinanti che dipendono l’una dall’altra per l’energia, stanno affrontando una grave siccità che le espone a carenze e razionamenti senza precedenti. Sono diverse le ragioni di questa crisi idrica e energetica.

Negli ultimi decenni, il riscaldamento globale e la crescita demografica hanno ridotto la disponibilità di acqua in Colombia ed Ecuador, i cui mix energetici dipendono fortemente dalle precipitazioni: rispettivamente il 70% e il 92% dell’elettricità è generata da centrali idroelettriche, secondo i ministeri dell’energia dei due Paesi. La quota di energia fotovoltaica ed eolica è rispettivamente del 5% e di meno dell’1%. Il fenomeno climatico ciclico El Niño, particolarmente forte quest’anno, ha amplificato l’aumento delle temperature nella regione e l’Ecuador ha vissuto un periodo “anormalmente secco” negli ultimi mesi, secondo la sua agenzia climatica. La regione di Azuay (sud), dove si trovano i bacini di Mazar e Paute, che forniscono il 38% dell’elettricità del Paese, è stata colpita da una grave carenza di precipitazioni. In Colombia, la siccità ha esacerbato lo scoppio di incendi che da gennaio hanno devastato decine di ettari di vegetazione, anche nella regione amazzonica, solitamente molto umida. A Bogotà, dieci milioni di persone sono soggette a razionamento dell’acqua dall’11 aprile.

In Colombia, le riserve idriche che alimentano il sistema energetico sono ai minimi storici, riempite solo al 30% della capacità. Il serbatoio di El Peñol, nel nord-ovest, il più grande del Paese, ha addirittura raggiunto un livello critico del 25%. Le centrali termoelettriche (a gas e a carbone) hanno quindi dovuto funzionare a pieno regime per rifornire la popolazione. Ismael Suescun, ingegnere e professore in pensione dell’Università di Antioquia, spiega che le riserve accumulate durante la stagione delle piogge e le centrali elettriche “in ottime condizioni” hanno permesso di evitare il razionamento dell’elettricità. In Ecuador, invece, dove la diga di Mazar si è prosciugata a metà aprile, il razionamento dell’energia è stato decretato pochi giorni prima di un voto popolare per inasprire le leggi contro il narcotraffico. Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, ha denunciato un “sabotaggio”, insinuando che la diga di Mazar fosse stata svuotata intenzionalmente, ma le immagini fornite all’AFP dalla società satellitare Planet mostrano un calo continuo dei livelli d’acqua della diga tra gennaio e aprile, piuttosto che un calo improvviso. A metà aprile, inoltre, la Colombia è stata costretta a interrompere l’esportazione di energia elettrica verso l’Ecuador, aggravando la crisi nel suo vicino, che ha ordinato tagli di corrente giornalieri della durata massima di 13 ore. Ma lunedì, con il ritorno delle piogge, il presidente colombiano Gustavo Petro ha annunciato sul suo account X che il suo Paese “sta per ricominciare a vendere energia all’Ecuador”, con i bacini idrici colombiani che si sono nuovamente riempiti.

Per Jorge Luis Hidalgo, consulente energetico, la crisi ecuadoriana ha un “peccato originale”: le compagnie minerarie e altre grandi imprese beneficiano di tariffe quasi dieci volte inferiori al prezzo pagato dallo Stato per le importazioni dalla Colombia. Di conseguenza, il denaro che arriva nel Paese è insufficiente per sviluppare le infrastrutture e garantire la “manutenzione e le operazioni”. È un sistema che non lascia “alcun ritorno sull’investimento”, continua. Da parte colombiana, le infrastrutture non hanno tenuto il passo con la crescita della popolazione. In particolare, Petro è stato criticato per aver rinunciato alla costruzione di un nuovo bacino idrico per motivi ambientali quando era sindaco di Bogotà (2012-2015). Petro ha difeso la sua decisione e ha imputato l’attuale carenza al “grande processo di urbanizzazione e all’aumento insostenibile della domanda di acqua”.

La Colombia brucia, Petro chiede aiuto alla comunità internazionale

Photo credit: AFP

Ieri la Colombia ha lanciato un appello alla comunità internazionale per far fronte a una trentina di incendi boschivi che stanno imperversando in diverse regioni e nella capitale Bogotà, dove le fiamme si stanno avvicinando a una zona residenziale. Parlando alla stampa, il presidente Gustavo Petro ha dichiarato di aver “attivato i protocolli per la richiesta di assistenza internazionale“, in modo che il Paese possa combattere i 31 incendi che da mercoledì hanno distrutto circa 600 ettari di foresta. Secondo l’Istituto di idrologia, meteorologia e studi ambientali (Ideam), l’87% del Paese – dichiarato mercoledì in stato di “calamità naturale” – è esposto al “massimo rischio” di incendi.

Petro ha detto che Stati Uniti, Cile, Perù e Canada hanno già risposto positivamente alle richieste di aiuto della Colombia per contenere la diffusione delle fiamme. Secondo l’Ungrd, giovedì erano attivi 31 incendi in cinque regioni del Paese. Quattro di essi stanno imperversando nella capitale, dove un incendio sulla collina di El Cable, alla periferia orientale della città, si è esteso alla periferia di una zona residenziale. “I venti lo hanno avvicinato, ma è ancora a più di 900 metri dalle case. Lo stiamo monitorando. Se necessario, prenderemo misure di evacuazione“, ha dichiarato il sindaco di Bogotà, Carlos Fernando Galan, alla fine della giornata. “Le prossime settimane saranno difficili. Oggi abbiamo visto qualche nuvola, ma non vediamo ancora alcuna possibilità di pioggia“, ha aggiunto.

Al calar della notte, il fumo ha avvolto il centro di questa città di otto milioni di abitanti, dove più di 300 pompieri, soldati e soccorritori sono stati impiegati per combattere le fiamme. Il sindaco ha invitato “la popolazione intorno alle aree bruciate a indossare maschere protettive” e ha annunciato la chiusura delle scuole e di un’università interessate dal fumo. “Si sente davvero l’odore del fumo. Lo si sente anche in gola“, ha detto Blanca Galindo, una venditrice ambulante di 69 anni, dai piedi delle montagne che confinano con Bogotà, dove molte persone indossano maschere protettive.

Il municipio ha raccomandato di evitare di fare attività fisica all’aperto, di chiudere le finestre e, in alcune zone, di mettere asciugamani umidi sui davanzali delle porte. L’autorità dell’aviazione civile ha dichiarato che il più grande scalo aereo dell’America Latina in termini di volume di merci stava operando “con restrizioni” a causa del fumo e della foschia mattutina, ma che la situazione era “in via di normalizzazione“. Giovedì mattina circa 138 voli hanno subito ritardi, 48 dei quali sono stati cancellati e 16 reindirizzati ad altri aeroporti.
Animali selvatici, tra cui uccelli, scoiattoli e procioni, sono stati visti rifugiarsi nelle aree urbane. Rinomata per la sua biodiversità, la Colombia sta affrontando l’influenza del fenomeno climatico El Niño, con caldo record, siccità e incendi. “Questo gennaio si preannuncia come il più caldo mai registrato, secondo i dati storici a nostra disposizione“, ha ammesso in una conferenza stampa Ghisliane Echeverry, direttore di Ideam, che registra le temperature del Paese da 30 anni.

Secondo Ideam, martedì nove comuni del nord, del centro e dell’est del Paese hanno registrato temperature record fino a 40,4°C, mentre gennaio è normalmente il mese più fresco dell’anno. “Attualmente ci sono 62 comuni in una situazione di stress idrico, cioè dove la capacità di acqua dolce è pari o inferiore alla domanda della popolazione“, ha sottolineato Petro.

In Colombia gli ippopotami di Escobar sottoposti a eutanasia

La Colombia ha deciso di sottoporre a eutanasia alcuni dei 166 ippopotami discendenti da una linea appartenuta all’ex signore della droga colombiano Pablo Escobar, che si sono riprodotti in modo incontrollato. Lo ha annunciato giovedì il ministro dell’Ambiente. Oltre alla sterilizzazione e al trasferimento di individui in altri Paesi, la morte assistita dei mammiferi che stanno proliferando in un fiume locale, il Magdalena, sarà una delle tre misure adottate dalle autorità per prevenire i danni causati da questa specie invasiva. La prima fase di questo piano di gestione inizierà “con la sterilizzazione di circa 20 maschi entro la fine dell’anno“, ha dichiarato Susana Muhamad in una conferenza stampa. “Alcuni” saranno sottoposti a eutanasia, ha aggiunto, senza fornire una cifra precisa o quando il processo di eliminazione potrebbe iniziare.

Alcuni esemplari saranno inviati in Messico, India e Filippine, Paesi disposti ad accoglierli. Questi erbivori, che pesano quasi due tonnellate, vivono in piena libertà nella provincia di Antioquia, nel nord della Colombia, e formano il più grande branco di ippopotami al di fuori dell’Africa. Tuttavia, gli esperti temono che possano verificarsi gravi incidenti. I pescatori sono stati attaccati sul fiume e gli ippopotami si sono intrufolati nel cortile di una scuola vicino alla città di Doradal. I biologi avvertono che stanno spostando la fauna locale, tra cui il lamantino in via di estinzione. Gli allevatori di bestiame, nel frattempo, si lamentano dei danni causati dal loro girovagare notturno. Ad aprile, un ippopotamo è stato investito mortalmente da un camion.

Alla fine degli anni ’80, Pablo Escobar aveva aggiunto una manciata di ippopotami allo zoo della sua fantastica hacienda, a un centinaio di chilometri a sud-est di Medellin. Alla sua morte – uccisa dalla polizia nel 1993 – gli animali sono stati abbandonati a se stessi e si sono riprodotti in modo incontrollato in una regione attraversata da fiumi, paludi e acquitrini. Un habitat perfetto per questo mammifero, che rimane in acqua per la maggior parte del giorno prima di emergere al tramonto per brucare l’erba. Mentre i ricercatori dell’Università Nazionale, un ente pubblico, stimano che si potrebbe raggiungere il migliaio di esemplari entro il 2035 se non si controlla la popolazione, le organizzazioni per la protezione degli animali sottolineano che la sterilizzazione causa sofferenza all’animale e mette in pericolo la vita dei veterinari.

Colombia in ansia per Wilson, il cane eroe che si è perso nella giungla

(Photocredit: AFP)

Protagonista del ritrovamento dei quattro bambini scomparsi nella giungla colombiana, il cane da ricerca Wilson, anch’egli disperso, è oggetto di una campagna di sostegno sui social network e di una ricerca attiva da parte dell’esercito, che “non abbandona mai un compagno sul campo di battaglia”.

#Vamos porWilson, #FaltaUno, #WilsonHeroeNacional sono alcune delle parole chiave che inondano i social network colombiani a sostegno del pastore belga Malinois di 6 anni che ha avuto un ruolo attivo nell’incredibile ritrovamento in vita, venerdì scorso, di Lesly (13 anni), Soleiny, (9) Tien Noriel (5) e Cristin (1). I quattro bambini indigeni hanno vagato nella giungla amazzonica per 40 giorni dopo l’incidente aereo del 1° maggio, di cui sono stati gli unici sopravvissuti.

L’esercito afferma che “le ricerche non sono finite” perché “non abbandona mai un compagno sul campo di battaglia”, spiegando su Twitter che “mentre seguiva le tracce e nella fretta di trovare i bambini (Wilson) si è allontanato dalle truppe e si è perso”.

“L’Operazione Speranza continua, secondo le direttive del presidente (Gustavo Petro) finché non riusciremo a recuperare il cane Wilson”, ha dichiarato martedì il generale Helder Giraldo, comandante delle forze militari colombiane, indicando che “70 commando delle forze militari” sono stati mobilitati per trovarlo. “Cercheremo Wilson e lo riporteremo indietro”, ha detto il generale Pedro Sanchez, capo dell’operazione di salvataggio dei bambini. Il proprietario del cane, Cristian David Lara, è rimasto nella foresta. “Non voleva lasciare la zona finché non avesse ritrovato il suo cane”, ha dichiarato Sanchez al quotidiano El Espectador.

Wilson era presente fin dall’inizio delle operazioni di ricerca, quando a metà maggio l’esercito riuscì a localizzare il Cessna 206 con il muso bloccato in verticale nella fitta giungla e i tre adulti a bordo – la madre dei bambini, un parente e il pilota – morti. È stato lui a trovare il biberon di Cristin a quasi quattro chilometri dal luogo dell’incidente, mantenendo accesa la speranza che i bambini venissero ritrovati vivi. Durante le ricerche sono stati trovati anche frutta masticata, pannolini, ripari di fortuna, un paio di forbici e impronte di piedi. Ma quindici giorni fa, “a causa della complessità del terreno, dell’umidità e delle condizioni meteorologiche avverse, Wilson si è disorientato”, ha dichiarato l’esercito.

Diversi indizi, come le impronte del cane accanto a quelle dei bambini, suggeriscono che Wilson “è stato il primo a trovare i bambini”, ha detto il generale Sanchez. Lesly e Soleiny, che si stanno riprendendo in un ospedale di Bogotà insieme al fratello e alla sorella più piccoli, hanno disegnato un’immagine di un cane tra gli alberi vicino a un fiume. Astrid Caceres, direttrice dell’Istituto colombiano per il benessere delle famiglie (Icbf), ha dichiarato sabato che Lesly “ci ha raccontato del cagnolino che si è perso, che non sa dove sia e che li ha accompagnati per un po’”.

In Colombia, che da mezzo secolo è coinvolta in una guerra interna con i narcotrafficanti, l’esercito ha addestrato più di 17.000 cani per il rilevamento di esplosivi e il salvataggio. Secondo il generale Sanchez, Wilson non indossava il Gps, come è consuetudine in questo tipo di operazioni, perché in questa regione del sud della Colombia vivono i dissidenti del gruppo guerrigliero delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), che hanno rifiutato l’accordo di pace del 2016: questo per impedire al “nemico” di localizzarlo.

La Colombia vuole espellere gli ippopotami di Escobar

Gli ippopotami di Escobar estradati? Il governatore di una regione della Colombia dove un branco di circa 150 ippopotami, discendenti di animali un tempo posseduti dal famigerato narcotrafficante, si sta riproducendo senza controllo, ha dichiarato di sperare in un via libera all’invio della metà degli animali in santuari indiani e messicani.  “Speriamo che i permessi richiesti dalle istituzioni nazionali possano essere approvati nella prima metà di quest’anno, in modo da poter prendere accordi per la spedizione aerea”, ha dichiarato all’Agenzia France Press Anibal Gaviria, governatore di Antioquia, nel nord-ovest del Paese.

Un piccolo branco di ippopotami era arrivato in Colombia alla fine degli anni ’80 per volere del re della  cocaina Escobar. Dopo la sua morte nel 1993, i mammiferi sono stati lasciati liberi di vagare e hanno popolato la regione di Magdalena Medio, una savana calda attraversata da fiumi, paludi e acquitrini dove il cibo per loro è abbondante. Ora Gaviria vuole trasferire almeno  70 esemplari del branco, dichiarato invasivo dal governo un anno fa, in santuari fuori dai confini colombiani.

La crescita della popolazione di ippopotami è una situazione complessa per gli abitanti di Magdalena Medio, alcuni dei quali sono stati minacciati dagli animali che arrivano a pesare dalle due alle tre tonnellate.

L’agenzia ambientale locale ha registrato due aggressioni ai residenti nel 2021. Nel 2022, dopo vari tentativi falliti per seguire un programma di sterilizzazione, il governo ha dichiarato gli ippopotami una specie invasiva, aprendo la strada alla caccia. Gli esperti e l’agenzia ambientale hanno convenuto che si trattava di una soluzione necessaria, data la minaccia per l’uomo e la fauna selvatica.

Gli ippopotami di Escobar fuori controllo in Colombia: verranno trasferiti

Il governatore di una regione della Colombia dove circa 150 ippopotami si stanno riproducendo in modo incontrollato ha dichiarato di essere ottimista sul fatto che il governo colombiano darà il via libera all’invio di metà degli esemplari a santuari in India e Messico nei prossimi mesi. “Speriamo che i permessi richiesti dalle istituzioni nazionali possano essere approvati nella prima metà di quest’anno, in modo da poter organizzare la spedizione in aereo“, ha dichiarato Anibal Gaviria, governatore del dipartimento nord-occidentale di Antioquia.

Un piccolo branco di ippopotami è arrivato in Colombia alla fine degli anni ’80 per andare ad occupare lo zoo privato del signore della droga Pablo Escobar. Dopo la sua morte, nel 1993, i mammiferi sono stati liberati e hanno popolato la regione del Magdalena Medio, una calda savana attraversata da fiumi, paludi e acquitrini dove il cibo è abbondante. Gaviria sta cercando di trasferire 70 esemplari della specie in santuari in India e Messico. Lo sviluppo della popolazione di ippopotami “è una situazione complessa per gli abitanti” di Magdalena Medio, alcuni dei quali sono stati “minacciati” da questi animali, che possono pesare dalle due alle tre tonnellate, spiega.

L’autorità ambientale locale (Cornare) ha registrato due attacchi ai residenti nel 2021. Nel 2022, dopo aver tentato senza successo un programma di sterilizzazione, il governo ha dichiarato gli ippopotami “specie invasiva“, aprendo la strada alla caccia. Gli esperti e Cornare hanno convenuto che si trattava di una soluzione “necessaria“, vista la minaccia per la popolazione locale e la fauna selvatica. Con un grande piano finanziato dall’ambientalista messicano Ernesto Zazueta, Gaviria spera di salvarli. “Abbiamo definito come catturare gli ippopotami, come tenerli e come trasportarli dalla zona di cattura agli aeroporti in Messico e in India“, ha dichiarato. Gli animali viaggeranno in “casse molto resistenti” e non saranno sedati per motivi di salute.

Zazueta, presidente dell’Associazione messicana degli zoo, delle botteghe e degli acquari, ha confermato venerdì che stava prendendo provvedimenti per portare 10 ippopotami al santuario di Ostok, nel Messico settentrionale, e altri 60 in un luogo simile in India. L’Ecuador, che secondo la stampa si sarebbe offerto di accogliere alcuni degli animali, ha negato sabato di averne autorizzato l’ingresso.

Colombia, trovato un gattopardo albino: colpa della deforestazione del suo habitat

In un parco protetto di Medellin, in Colombia, vive un gattopardo albino, trovato poco più di un anno fa dai residenti di Amalfi, un villaggio nel dipartimento nord-occidentale di Antioquia. È il primo esemplare albino mai ritrovato, una scoperta che gli scienziati attribuiscono alla deforestazione dell‘habitat naturale del felino. In un primo momento, i biologi del Parco di Conservazione di Medellin, dove è stato trovato, avevano descritto il ritrovamento solo come “estremamente insolito”, senza identificare la specie dell’animale. Dopo mesi di analisi genetiche, hanno confermato che si tratta “dell’unico caso mai registrato al mondo di un gattopardo albino”, ha dichiarato all’AFP Jorge Aubad, direttore dell’istituto.

Per lo scienziato, la mutazione genetica dell’animale indica una realtà preoccupante. A causa della deforestazione, “le popolazioni di gattopardi si stanno isolando”, il che porta alla “endogamia, la riproduzione tra membri strettamente imparentati”, ha detto Aubad. “L’albinismo, in questo caso, si trasmette perché abbiamo un problema di frammentazione” delle foreste tropicali in cui vive la specie animale, ha aggiunto il biologo. Secondo gli esperti, questo esemplare di quasi 13 chili non potrebbe sopravvivere nel suo habitat naturale a causa del colore del suo mantello che lo espone ai predatori. È anche “completamente cieco”.
Amalfi, dove è stato trovato il gattopardo, è una delle aree più colpite dalla deforestazione nel nord-est della Colombia, secondo un recente rapporto del ministero dell’Ambiente colombiano. Nel 2021 la Colombia ha perso circa 1.700 chilometri quadrati di foresta. Questo è il terzo anno consecutivo in cui la superficie forestale perduta aumenta.

Photo credit: AFP

Colombia, il paradiso della Gorgona fa litigare esercito e ambientalisti

È un affascinante mix di natura magica, a metà strada tra il Jurassic Parc e l'”Isola misteriosa” di Jules Verne. Per i pochi fortunati che la attraversano, Gorgon Island, nel Pacifico colombiano, respira e vive, come una madre che nutre. Paradiso della biodiversità e parco naturale nazionale, la Gorgone è tuttavia al centro di una controversia tra l’esercito colombiano e gli ambientalisti. Un progetto militare, in particolare la costruzione di un lungo molo di cemento sulla spiaggia principale dell’isola, ha suscitato le ire degli ambientalisti.

Avviato nel giugno 2019, questo progetto di “stazione” di guardia costiera prevede “tre fasi“, spiega il comandante in capo di queste unità navali, Javier Bermudez, durante un viaggio organizzato dall’esercito. “La prima è stata la costruzione di una torre radar di 55 metri“, che è già stata completata e la cui struttura metallica, piantata in cima alla montagna nera, ora domina l’intera isola. “La seconda fase prevede la costruzione di un pontile lungo 132 metri e largo 3, i cui lavori sono già iniziati. La terza fase è la ristrutturazione degli alloggi per il nostro personale militare“, afferma Bermudez.

L’obiettivo è quello di avere una posizione avanzata, “un vantaggio tattico sulla criminalità in tutte le sue forme” in “una zona ambientale gravemente colpita” dalla pesca illegale, dalla deforestazione, dal traffico di specie, dall’inquinamento marittimo e, naturalmente, dal traffico di droga. Il lavoro è finanziato dagli Stati Uniti, il principale partner della Colombia nella lotta alla droga.

Una roccia vulcanica ricoperta di giungla tropicale, paradiso delle megattere e di altre tartarughe e squali, il Parco delle Gorgonie è una delle sessanta aree protette del Paese. Paragonabile per ricchezza al vicino arcipelago delle Galapagos, la Gorgone ospitava negli anni ’60 una famigerata prigione, chiusa nel 1984. I turisti hanno ormai sostituito i detenuti, per osservare le balene che si divertono vicino alla riva, immergersi tra i pesci di incantevoli barriere coralline e passeggiare nella fitta foresta.

L’isola è una vetrina per l’ecoturismo: sono vietati alcolici e plastica e le attività sono strettamente controllate per evitare incidenti con i numerosi serpenti (che le hanno dato il nome). Grazie alle piogge quasi quotidiane, l’acqua dolce scorre ovunque, dando all’isola verde l’aspetto di un giardino dell’Eden, oggetto di numerose missioni scientifiche. Per tutti questi motivi, la costruzione di un molo di cemento ai piedi dell’isola è un’eresia, secondo gli oppositori del progetto. “Quello che stanno per fare qui è un saccheggio“, un “atto irresponsabile“, insiste Jorge Robledo, ex senatore che ha preso la guida della protesta. “Non ci deve essere nessuna base, nessun radar da guerra americano, farebbe un danno immenso“, afferma Robledo, il cui appello è stato trasmesso da diversi parlamentari.

Su iniziativa dell’ex senatore, il 30 novembre è stata lanciata una “azione popolare” in tribunale, che intende denunciare una “violazione della Costituzione e della legge“, nonché la “corruzione” dell’agenzia ambientale (ANLA). Il signor Robledo chiede misure “conservative” urgenti prima della fine delle vacanze giudiziarie dell’anno, anche se “ci sono già stati danni” causati dai lavori.
Per Felipe Gulh, biologo dell’Università delle Ande, è certo che i lavori sull’isolotto, “santuario biologico” e “tesoro” naturale molto “fragile“, provocheranno danni. “Perché non costruire questa base sulla costa?“, si chiede lo specialista, che lancia un “appello molto chiaro” per fermare il progetto. Il direttore del parco, Daniel Alberto Osorio, considera il progetto del pontile “fattibile“, in quanto potrebbe contribuire a un migliore “sbarco” dei visitatori (6.400 visitatori lo scorso anno). Tuttavia, ricorda le “raccomandazioni” di “spostare questo pontile” lontano dal corallo.

La marina sta sviluppando questo progetto da più o meno dieci anni” in questa “posizione strategica che è un corridoio per il crimine“, sostiene il capo della guardia costiera colombiana, assicurando che l’impatto sugli ecosistemi sarà minimo. “Non si tratta di una base navale, ma di una piccola unità militare di 28 persone“, ha aggiunto, giurando poi che “non ci sarà alcuna presenza militare americana. Se non attuiamo questo progetto, i vincitori saranno i criminali“, ha avvertito l’ufficiale, per il quale la Colombia “non può accontentarsi di aree protette solo sulla carta“. “Abbiamo bisogno del lavoro dell’esercito per esercitare questa autorità ambientale” e affrontare “minacce concrete“.