Asvis: Prevenzione dissesto troppo scarsa. Musumeci: Testo unico entro l’anno

Un testo unico di prevenzione al dissesto idrogeologico, scritto dal ministero per la Protezione civile con tutti gli altri dicasteri interessati, entro la fine del 2024. Il governo punta così a superare il caos in cui naviga la materia complicatissima della prevenzione delle catastrofi in Italia, sempre più necessaria davanti ai continui eventi estremi dovuti al cambiamento climatico, ma anche a quelli strutturali di un territorio fragile.

L’obiettivo è quello di “pianificare prima ancora di intervenite, spiega il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. E non pianificare “14mila interventi” (tanti sono quelli considerati urgenti nel Paese), ma cento. “Cento interventi, cento infrastrutture strategiche di carattere nazionale, definendo le risorse per intervenire. Cento interventi che per essere strategici diventano fondamentali. Chi li individua? Le autorità di bacino, che sono quelle che hanno la banca dati“, precisa il ministro, che parla poi di una sub-pianificazione di infrastrutture meno rilevanti di interesse locale, che può essere invece affidata alle Regioni.

Quella delle opere strategiche, invece, deve essere materia della Protezione civile: “Non può non essere così, mi batterò per difendere questo principio incontestabile“, assicura. Perché, affonda: “Non si gioca sulla vita delle persone difendendo gelosie dei capi dipartimenti, non è consentito”.

Sulla mancata tempestività su alcuni interventi, punta il dito sulla Tesoreria di Stato, senza mezze misure: “Non può essere un ostacolo all’azione di governo, soprattutto quando promossa dalla Protezione civile, che per alcune iniziative conta i giorni, non i mesi, come per i Campi Flegrei“, afferma. Sulla sua condotta, arriva a dire, “sarebbe il caso di chiamare in causa il Colle, spero non sia necessario“. Si riferisce a un caso specifico, riguardante proprio il territorio bradisismico: “Lo dico non perché io sia prevenuto nei confronti di un organismo importante, ma per un fatto vissuto personalmente – racconta -. Se una norma prevede l’intesa con il Mef e devo intervenire ad applicarla in tempi rapidi e nel frattempo mi arrivano notizie di sciami sismici costanti, ho il dovere non solo di non dormire la notte, ma di dover chiedere urgenza. Se, dopo averlo fatto e aver presentato sollecito, fanno passare due mesi per la risposta, è chiaro che non va bene“. La soluzione sarà chiedere una corsia preferenziale per alcuni interventi. “Investirò del problema il presidente del Consiglio e se necessario il capo dello Stato“, insiste.

Il problema si pone perché sulla prevenzione, tra il 2013 e il 2019, sono stati spesi solo due miliardi di euro, appena un decimo del costo sostenuto per fronteggiare le emergenze nello stesso periodo. Lo mette in luce l’Asvis nel policy brief sul dissesto idrogeologico. Per ridurre le morti e i danni provocati dalle catastrofi e mitigare le conseguenze devastanti della crisi climatica sui territori e sulle persone che lo abitano è “urgentissimo adeguare in via straordinaria la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’Assetto Idrogeologico (Pai) alle nuove mappe di pericolosità”, sottolinea Asvis. Una pianificazione che deve essere sovraordinata rispetto a quella urbanistica comunale e tenere conto delle mappe dei rischi contenute nei Piani Gestione Rischio Alluvioni (Pgra) delle Autorità di bacino distrettuali.

Il Policy Brief sottolinea che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni ed erosione costiera, un fattore che rende vulnerabile almeno 1,3 milioni di abitanti per le frane e 6,8 milioni per le alluvioni, come indicato dall’Ispra.

Il costo dell’inazione è “nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare seriamente i rischi derivanti dalla crisi climatica“, scandisce il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini, che chiede di rafforzare gli investimenti, ma anche, appunto, “il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio in modo da avere una visione integrata delle azioni sul ciclo idrologico“. La pianificazione nazionale deve essere “pluriennale” e affidata al testo unico anche per Asvis. La resilienza dei territori, osserva Giovannini, “passa dalla volontà politica di investire nella prevenzione e nella gestione sostenibile delle risorse idriche“. E’ quello che, d’altra parte, indicano gli impegni che l’Italia deve perseguire per realizzare l’Agenda 2030 dell’Onu ed è quello che prevede il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici approvato a dicembre.

Renzi, la burocrazia, il dissesto idrogeologico e le nutrie

Sostiene il senatore Matteo Renzi che i soldi per mettere mano al dissesto idrogeologico ci sono già, “persino più del necessario”. E che non si spendono per colpa di una “burocrazia asfissiante”. E ancora che “l’unità di missione serviva per bypassare lacci e lacciuoli. E stava facendo bene prima della chiusura”. Tenendoci lontani dalle polemiche con il Movimento 5 Stelle, con l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Sergio Costa, interessa la centralità del’ discorso di Renzi, pure lui ex presidente del Consiglio: ovvero che l’Italia è zavorrata dalla burocrazia. Stessa accusa lanciata da Matteo Salvini per quanto riguarda le infrastrutture e da altri politici, ad esempio, per sfruttare appieno le energie rinnovabili. Quanto ci vuole per ottenere l’autorizzazione a piantare una pala eolica o a fissare un pannello fotovoltaico? Campa cavallo. Il problema del Paese, giustamente, è il dedalo di autorizzazioni e passaggi a cui deve sottostare qualsiasi tipo di iniziativa si prenda. E intanto il tempo scorre, le (brutte) cose accadono, gli altri (Paesi) scappano.

Torniamo al senatore Renzi: tutto giusto ma lo snellimento delle pratiche di cui sopra da chi dipende? No, perché nelle interlocuzioni del mondo politico sembra che la burocrazia sia qualcosa di molto fastidioso imposto da un’entità terza, evidentemente non identificabile, come gli Ufo. In realtà, è proprio il mondo della politica che ha in mano “lacci e lacciuoli” (cit) e che quindi è nella condizione – se vuole sporcarsi le mani – di reciderli. Eppure tutto ciò non succede: perché alle chiacchiere in libertà non segue mai la concretezza dei fatti. Soprintendenze, vincoli, cavilli, procedure particolarmente complesse: l’ufficio complicazioni affari semplici in Italia non chiude mai, nemmeno a Ferragosto. Ci si sveglia solo ogni tanto, di fronte a tragedie come quelle dell’Emilia Romagna e all’appello dei cittadini “a fare presto” per scavalcare – appunto – la burocrazia.

Se è legittimo interrogarsi sul cambiamento climatico, è doveroso mettere l’Italia nella condizione di agire in fretta e bene. Magari occupandosi seriamente del dissesto idrogeoligico con poche pratiche, persino banali: pulire il letto dei fiumi, tutelare le aree boschive, evitare la cementificazione selvaggia. Al momento, purtroppo, siamo fermi alle nutrie.

Clima, il meteorologo: “Servono duemila miliardi contro dissesto idrogeologico”

In montagna nevica meno e a quote sempre più alte. È un dato di fatto, una tendenza che si va consolidando anno dopo anno e che trova conferma nel 2022, l’anno con l’estate più calda di sempre.
Cosa significa avere meno neve sulle cime? “Significa molto, soprattutto riduzione dei ghiacciai, aumento del rischio frane, minore disponibilità di acqua”, spiega a GEA il meteorologo Paolo Sottocorona. I ghiacciai hanno ormai un bilancio in perdita tra l’inverno e l’estate, il che significa “mancanze idriche, situazioni siccitose. L’abbiamo visto benissimo questa estate, con i livelli di fiumi e laghi che si stanno abbassando, mostrando questa sofferenza”, osserva. La crisi dei ghiacciai si ripercuote sui fiumi, quindi anche sull’irrigazione e l’elettricità. “Da qualunque punto di vista lo si voglia vedere, abbiamo una serie di criticità”, afferma.
Qualche nevicata sulla zone alpine c’è stata ma, denuncia, “per ora non basta”: “Dovrebbe nevicare molto e bene”, afferma.
Sui prossimi mesi non si sbilancia: “Non esistono previsioni stagionali che abbiano un’attendibilità decorosa, so che ne parlano tutti, ma tecnicamente e correttamente non si può fare, si può vedere la tendenza. E la tendenza è quella che abbiamo visto, siccità, mancanza di piogge e di nevicate, precipitazioni torrenziali e aumento degli eventi estremi”.

Gli eventi estremi non bastano a compensare neanche in parte la mancanza di precipitazioni: “Se alla fine di quest’anno facessimo una media, potremmo trovare che la quantità di pioggia totale è quasi normale, ma si distribuisce diversamente. In media, le piogge mensili si dovrebbero aggirare intorno ai 70-80 millimetri, che fanno 900 millimetri all’anno. Ma se in una zona non piove per mesi e poi piove 200 millimetri in 2 ore, come è successo a Ischia, questo è un problema”.
Ci sono zone, nel mondo, in cui piove 10-15 volte in più che in Italia. Perché lì non ci sono frane? “Perché sono decine di migliaia di anni che succede così, quello che doveva franare è franato, il terreno è assestato per quel regime – scandisce il meteorologo -. I nostri terreni, che sappiamo da decenni essere fragili, sottoposti a questi stress crollano. Emerge quell’assenza di interventi che dura da quando ero bambino io. E adesso si paga: fino a pochi anni fa un evento estremo si verificava una volta ogni 10 anni, sembrava sfortuna, adesso non dico che ne abbiamo uno al mese, ma la frequenza è aumentata in maniera esponenziale. In maniera più rapida di quello che si pensava”.

Del cambiamento climatico molto si è parlato, la strada è segnata, “si sperava che il passo fosse più lento”, osserva Sottocorona, che denuncia una mancanza di coraggio negli interventi di messa in sicurezza del territorio: “Qui parlano di interventi da 2 miliardi, ma servono 2mila miliardi per mettere l’Italia in sesto”.
La mano dell’uomo, sui cambiamenti climatici, è evidente per il meteorologo: “Seimila anni fa non c’erano città, strade, ponti. Oggi questo aumento della temperatura è davanti a tutti e gli effetti non sono identici in tutto il pianeta, ci sono zone in cui è andata meglio e zone in cui è andata peggio. Ma non possiamo contare sulla speranza. Fidarsi della buona stella è criminale, perché muore la gente”.
Al di là di interventi massicci, alcune tragedie sarebbero evitabili. È ancora nel ricordo di tutti la tragedia di Rigopiano: “Quello era un evento più che prevedibile – conferma Sottocorona -, non è neanche un discorso di abusivismo, il problema non è solo costruire in regime abusivo ma anche costruire in zona pericolosa. Quanta leggerezza e disinteresse c’è nel rilasciare i permessi. La certificazione geologica dovrebbe essere rilasciata ogni volta che si intende costruire qualcosa. L’aspetto geologico è fondamentale in qualunque costruzione perché abbiamo un terreno fragile e soggetto a stress idrogeologici fortissimi. Dobbiamo cambiare il sistema e, prima, cambiare testa. Serviranno tempo e competenze”.

siccità

Giornata del suolo, in Italia persi 19 ettari al giorno. Appello degli ambientalisti: Stop al consumo

“Consumare Suolo in maniera indiscriminata significa anche favorire le calamità idrogeologiche. Un suicidio! Serve dunque una svolta, serve una nuova condotta improntata al senso della responsabilità di tutti, dai cittadini alle istituzioni. Meno consumo di Suolo e più rigenerazione urbana: da oggi dovranno essere questi gli obiettivi per i quali lavorare”. Il messaggio di Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, arriva forte e chiaro in occasione della Giornata mondiale del Suolo (World Soil Day 2022) promossa dalla Fao e sostenuta dalle Nazioni Unite. Il tema per il 2022 è ‘Il suolo: dove comincia l’alimentazione’. Secondo i dati del Rapporto Snpa 2022 dell’Ispra, che Legambiente riprende oggi, in Italia il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno, con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i due metri quadrati al secondo.

In generale, la Fao sottolinea che, nel mondo, due miliardi di persone non hanno un apporto equilibrato di nutrienti nella propria alimentazione. La tutela del suolo è un obiettivo raggiungibile solo perseguendo azioni quali, per esempio, l’utilizzo sostenibile dei fertilizzanti, la ricarbonizzazione dei suoli, il miglioramento della mappatura di dati e informazioni a essi legati, il monitoraggio della fertilità del suolo.

Dal macro al micro. In Italia, è la Coldiretti a delineare lo stato dell’arte. “Negli ultimi 50 anni – spiega il presidente Ettore Prandini – è scomparso quasi un terreno agricolo su 3 (-30%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari a causa dell’abbandono e della cementificazione che rende le superfici impermeabili. Negli ultimi dieci anni, con le campagne l’Italia ha perso 400 milioni di chili di prodotti agricoli per l’alimentazione dell’uomo e degli animali, aumentando il deficit produttivo e la dipendenza dall’estero”. L’organizzazione sottolinea come occorra “accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo”, sottolineando che “è comunque positiva la scelta del Governo di investire nella manovra sul Fondo per il contrasto al consumo di suolo: 10 milioni nel 2023, 20 nel 2024, 30 nel 2025 e 50 milioni di euro all’anno nel biennio 2026-2027″. Finanziamenti fondamentali, ai quali si affiancano interventi “necessari di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali”, conclude l’associazione, ricordando che i cambiamenti climatici (nel 2022 si sono registrati tremila eventi estremi) e la sottrazioni di terra fertile capace di assorbire l’acqua danno vita a un micidiale mix i cui effetti si traducono, in oltre 9 Comuni su 10 (il 93,9% del totale) in aree a rischio idrogeologico per frane e alluvioni.

Su quest’ultimo tema si è espressa anche l’Anbi. L’alluvione nelle Marche dello scorso 15 settembre e quella nel comune sardo di Bitti nel novembre 2020 sono, per l’associazione, casi simbolo di disastri ambientali che hanno evidenziato l’importanza dei Consorzi per la Gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue che, però, da soli non sono sufficienti “di fronte alla velocità della crisi climatica e all’estremizzazione degli eventi atmosferici. Serve una visione politica, che ponga il territorio al centro, a iniziare dall’approvazione della legge contro il consumo di suolo, che giace da due legislature in Parlamento”, dichiara Massimo Gargano, direttore generale Anbi.

A questa richiesta di azione dal punto di vista legislativo, fa eco anche Legambiente. “Dall’approvazione, dieci anni fa, del ddl proposto dall’allora ministro dell’Agricoltura, Mario Catania – esordisce Stefano Ciafani, presidente Nazionale dell’associazione – l’Italia è in attesa di una legge per fermare il consumo di suolo. Da allora le proposte di legge si sono moltiplicate, ma una normativa non è mai uscita dalle secche della discussione parlamentare”. Una carenza normativa – secondo Legambiente – che fa il paio con la mancanza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, anch’esso in stallo dal 2018, che Legambiente auspica possa essere approvato entro la fine dell’anno, come preannunciato dal governo Meloni dopo la tragedia di Ischia.
“Quanto lì accaduto – commenta Stefano Ciafani – mette la politica di fronte alla necessità di agire concretamente e in maniera tempestiva per dare al Paese una legge che rivesta un ruolo centrale contro il consumo indiscriminato di suolo e il dissesto idrogeologico”.