inquinamento aria

Migliorare la qualità dell’aria con enzimi ‘mangia-carbonio’

Un filtro capace di ridurre il monossido di carbonio nei processi industriali. Un composto pensato per catturare CO dai camini delle nostre case. O sensori sempre più precisi nell’identificare il gas tossico nei luoghi chiusi grazie a un enzima sintetico. Sono tutti dispositivi che ancora non esistono. Ma la strada per il trasferimento tecnologico è ora virtualmente aperta, grazie alla scoperta – condotta dai ricercatori e dalle ricercatrici dell’università di Milano-Bicocca, insieme all’università della Calabria e all’università svedese di Lund – dei dettagli del funzionamento di particolari enzimi in grado di “consumare” monossido di carbonio, gas altamente tossico per l’uomo che contribuisce ad aumentare l’effetto serra.

L’enzima studiato è il MoCu CO deidrogenasi, un catalizzatore presente in alcuni batteri del suolo capace di sequestrare monossido di carbonio (CO) dall’atmosfera. Si tratta di batteri che, letteralmente, “vivono di aria”, come spiega Anna Rovaletti, ricercatrice all’Università di Milano-Bicocca, “e utilizzano il monossido di carbonio come fonte di energia”. Per fare ciò, grazie alla presenza di questo particolare enzima, ossidano spontaneamente la CO trasformandola in CO2, “L’anidride carbonica, però, non ritorna in atmosfera” continua Anna Rovaletti, “perché viene utilizzata dagli stessi batteri per crescere”.

È un processo naturale molto vantaggioso per l’uomo, perché contribuisce a rendere l’aria respirabile. Anche in modo indiretto, “perché una minore concentrazione di CO nell’atmosfera” continua infatti Anna Rovaletti, “permette ai radicali ossidanti di ‘concentrarsi’ soprattutto nell’attività di ossidazione del metano”, con effetti importanti sul clima.

Ma quindi, perché non utilizzare il processo attivato da questo enzima, oppure replicarlo sinteticamente, per amplificare il suo effetto positivo per la qualità dell’aria? Fino ad oggi mancava un tassello importante sul suo funzionamento. “Ci siamo interessati a questo enzima, che contiene molibdeno e rame, perché è l’unico capace di ossidare il monossido di carbonio in presenza di ossigeno, e quindi a contatto con l’aria” spiega Anna Rovaletti, “a differenza, per esempio, di un altro metalloenzima (questa volta contenente nichel e ferro) che lavora invece in condizioni anaerobiche”, e che quindi, così come si presenta nella sua forma naturale, non avrebbe un futuro applicativo nell’attività di mitigazione dei cambiamenti climatici.

Lo studio dell’enzima MoCu CO deidrogenasi inizia nel 2002, quando viene individuata per la prima volta la sua struttura. Da allora sono stati ipotizzati molti diversi meccanismi di funzionamento, “ma si tratta di un processo molto complicato da studiare dal punto di vista sperimentale” spiega Anna Rovaletti, che invece è chimica teorica. “Rispetto agli studi teorici che potevano avvenire dieci anni fa” dice, “abbiamo avuto notevoli vantaggi dal punto di vista della potenza di calcolo. Per arrivare al risultato abbiamo utilizzato un modello molto grande, capace di lavorare in maniera accurata sulla sezione dell’enzima dove avviene la trasformazione della CO”. La strada, insomma, è aperta.

La Bicocca scopre l’enzima che elimina il monossido di carbonio

Il monossido di carbonio (CO) è conosciuto dai più come responsabile delle morti accidentali per il cattivo sistema di combustione degli impianti di riscaldamento all’interno delle abitazioni. Infatti si tratta di un gas tossico, incolore, inodore, insapore e non irritante che, senza ventilazione adeguata, può raggiungere concentrazioni elevate. Si produce per combustione incompleta di qualsiasi materiale organico, in presenza di scarso contenuto di ossigeno nell’ambiente. Per le sue caratteristiche può essere inalato in modo subdolo ed impercettibile, fino a raggiungere nell’organismo concentrazioni letali. Il CO presente nell’aria degli ambienti ristretti proviene principalmente dal fumo di tabacco e da fonti di combustione non dotate di idonea aspirazione (radiatori portatili a kerosene e a gas, caldaie, scaldabagni, caminetti e stufe a legna o a gas). Ma più in generale rappresenta un problema per l’ambiente se è molto concentrato nell’atmosfera.

LA SCIENZA AL LAVORO PER RIDURRE IL PROBLEMA DELL’EFFETTO SERRA

Ma ora la scienza sembra venire incontro al problema per garantire al pianeta, già fortemente malato a causa dell’inquinamento, una soluzione per evitare peggioramenti climatici. L’Università Bicocca di Milano ha scoperto infatti il meccanismo che consente agli enzimi presenti nel suolo in alcuni batteri di eliminare il monossido di carbonio (CO) dall’atmosfera. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, insieme ai colleghi dell’Università della Calabria e dell’Università di Lund, in Svezia, ha permesso di comprendere nel dettaglio in che modo questi enzimi trasformino il CO in biossido di carbonio (CO2). “Un risultato – spiegano dall’Università – che apre nuove prospettive per quanto riguarda la mitigazione delle emissioni di monossido di carbonio, con effetti benefici sia sulla qualità dell’aria che sul clima dato che questo gas, altamente tossico, contribuisce ad aumentare l’effetto serra“.

Negli ultimi 20 anni, spiegano dall’ateneo, diversi studi sperimentali e teorici sono stati dedicati alla comprensione del processo di ossidazione del CO da parte di un particolare enzima contenente molibdeno e rame, chiamato ‘MoCu CO deidrogenasi’, ma ora il gruppo di ricercatori capitanato dal professor Claudio Greco, vicedirettore del Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della Terra è riuscito a riprodurre per la prima volta un meccanismo di reazione che concorda con i dati sperimentali riportati ad oggi. In particolare, è stato spiegato in che modo l’enzima ‘MoCu CO deidrogenasi’ trasferisce dall’acqua un atomo di ossigeno trasformando il monossido in biossido di carbonio. Una persona adesso potrebbe chiedersi: ebbene, che beneficio abbiamo se un enzima trasforma il CO in CO2, ugualmente dannosa? Ecco, nessun pericolo. La CO2 prodotta, spiegano gli studiosi, viene utilizzata dagli stessi batteri e, quindi, non viene rilasciata nell’atmosfera.

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LA SCOPERTA POTRÀ AIUTARE A RIDURRE LE EMISSIONI INDUSTRIALI

L’atmosfera contiene, in piccole proporzioni, vari gas dovuti sia a fonti naturali che a emissioni antropiche, come ad esempio proprio il CO – spiega il professor Greco –. Gli enzimi in grado di trasformare CO in CO2 sono presenti in diversi microrganismi del suolo e riescono a ‘consumare’ circa il 15% del monossido di carbonio dell’atmosfera. La scoperta di dettagli fondamentali del funzionamento di questi enzimi segna il passaggio verso la possibilità di progettare composti che funzionano nello stesso modo e che potrebbero essere impiegati sia in sensori di nuova generazione per la rilevazione del CO sia per la riduzione delle emissioni di questo gas in processi industriali“, conclude.