Dazi, Federvini: “Mercato Usa insostituibile, Ue eviti ritorsioni. Impatto sarebbe devastante”

“Abbiamo chiesto alle istituzioni italiane ed europee di intervenire senza indugio per rimuovere i vini e i whiskey statunitensi dalla lista tariffaria europea. Un ulteriore passo fondamentale per disinnescare pericolose ritorsioni sul nostro settore”. Lo spiega a GEA il direttore generale di Federvini, Marco Montanaro, in merito agli annunciati dazi Usa sulle importazioni di vini, distillati e liquori dai Paesi dell’Ue. Dal prossimo 2 aprile potrebbe infatti entrare in vigore il dazio del 200% su questi prodotti come annunciato dal presidente Donald Trump. Numeri da far tremare i polsi considerando che in gioco ci sono quasi 2 miliardi di euro solo per il vino Made in Italy.

Montanaro conferma il momento di attesa e incertezza delle aziende, in vista della prossima settimana: l’export verso gli Usa è bloccato dopo la raccomandazione della Wine Trade Alliance, l’associazione che riunisce grossisti, produttori e rivenditori americani. “Negli Stati Uniti al momento non si importano più vini, liquori e spiriti. I trader americani hanno segnalato che non possono ordinare prodotti su cui incombe il rischio di un dazio. I prodotti impiegano diverse settimane per arrivare. Per questo le aziende italiane stanno cercando di gestire i flussi commerciali, anche destinando i prodotti su altri mercati”.

Le aziende tengono il fiato sospeso, ma si devono preparare al peggio. Tra le conseguenze c’è ovviamente la perdita di grosse fette di mercato in Usa, a vantaggio di competitor internazionali esenti da dazi così pesanti (Argentina, Nuova Zelanda, Cile, Australia, solo per citarne alcuni). “Se le tensioni Usa-Ue dovessero continuare – conferma il direttore generale di Federvini – bisognerà individuare eventuali mercati di sbocco per tutte le giacenze e per i prodotti che non potrebbero più essere esportati negli Stati Uniti o potrebbero venire esportati a prezzi decisamente superiori”.

Per ora, tuttavia, si spera nella svolta diplomatica. Su questo Montanaro è netto: “Federvini ribadisce il proprio no ai dazi su vini e spiriti e al contempo esprime il proprio sì alla tutela delle relazioni transatlantiche. il mercato americano è il primo mercato di destinazione e non è sostituibile. L’impatto dei dazi e delle eventuali ritorsioni commerciali sarebbe devastante su un comparto che conta 40mila imprese, un fatturato di oltre 20 miliardi di euro, un totale di 10 miliardi di export a livello globale, 460mila dipendenti e milioni di consumatori”. Il caso italiano è peculiare, perchè a differenza di altri Paesi le tre categorie merceologiche di cui si occupa Federvini (vino, distillati e aceti), sono profondamente integrate. Un colpo difficile da assorbire.

Difficile, anche secondo Federvini, stimare la reale portata delle misure statunitensi. “Dobbiamo capire quali filiere saranno interessate per poi chiedere all’Ue, tramite iniziativa diplomatica, di rimuovere dazi su whisky e bourbon e disinnescare così eventuali misure ritorsive da parte degli Stati Uniti. La diplomazia in questo momento è al lavoro in maniera intensa per ridurre gli annunciati dazi o comunque trovare soluzioni condivise che possano evitare di colpire settori come l’agroalimentare” spiega Montanaro. Che in ultima battuta tiene a sottolineare “l’importanza di tenere vini e spiriti fuori da controverse commerciali che non riguardano il settore del vino, dei distillati. Controversie che originano da tensioni che riguardano alluminio, acciaio, veicoli elettrici. Si parla di asimmetria dei dazi perchè colpiscono prodotti che non c’entrano nulla con le rivendicazioni americane. Colpire il vino non ha proprio senso”.

Federvini, 20,5 mld il valore aggiunto. Pallini: “Ma serve sostegno istituzioni”

Un impero da oltre 2.300 imprese (38mila, considerando anche quelle agricole di trasformazione), 21,5 miliardi di euro di fatturato diretto, 10 miliardi di euro di export. Le filiere di vini, spiriti e aceti rappresentate da Federvini continuano a crescere nonostante il momento non sia dei migliori. E investono – tanto – sulla sostenibilità, sia sociale che ambientale. La foto la scatta l’ultimo rapporto Nomisma presentato dalla federazione alla Camera dei deputati.

Questo studio mette in luce la dimensione straordinaria raggiunta, nel complesso, dalle filiere che rappresentiamo, che assumono un rilievo strategico per il sistema economico italiano con un valore aggiunto superiore ai venti miliardi di euro all’anno e un export che movimenta dieci miliardi di euro“, rivendica la presidente, Micaela Pallini.

Comparti che, scandisce, sono “meritevoli della massima considerazione e del più attento supporto istituzionale“, soprattutto oggi che, precisa, “sono molto esposte a incertezze di natura geopolitica, normativa, commerciale, inflattiva. La difesa di questo patrimonio del Made in Italy, con la sua storia, cultura e reputazione, è una responsabilità tanto degli imprenditori, con le loro organizzazioni di rappresentanza, quanto delle istituzioni”, afferma.

Secondo lo studio di Nomisma, oltre il 90% delle imprese dei tre comparti, negli ultimi tre anni, ha investito, oltre che per l’acquisto di beni strumentali, anche a sostegno della sostenibilità ambientale (packaging sostenibili, riduzione dei consumi di acqua, produzione dell’energia rinnovabile) e sociale (attività culturali, selezione dei fornitori locali, iniziative umanitarie), della formazione del personale e della ricerca e sviluppo per nuovi prodotti. “Questo ruolo attivo verso la sostenibilità trova conferma nell’85% della popolazione italiana che ritiene come le imprese di vini, spiriti ed aceti contribuiscano positivamente allo sviluppo economico dei territori nei quali sono insediate oltre che al rafforzamento dell’immagine del Made in Italy all’estero. Una reputazione che, per 7 italiani su 10, deriva anche dal contributo positivo dato dai vigneti nella tutela del paesaggio italiano, nel salvaguardare le aree rurali prevenendo l’erosione dei suoli e nel favorire il turismo”, sottolinea Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma.

Rilevanti i valori sotto il profilo occupazionale: a fronte di 81 mila lavoratori direttamente occupati dalle imprese dei tre settori, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 5,8, se ne attivano oltre 460mila nell’intero sistema economico nazionale che corrispondono a quasi il 2% del numero complessivo di lavoratori in Italia. Il dossier evidenzia il rilievo strategico che le “filiere Federvini” giocano per il Sistema Paese sotto il profilo economico. I tre settori generano difatti sul territorio nazionale un valore aggiunto, inclusivo anche delle componenti indirette e indotte, pari a 20,5 miliardi di euro, circa l’1,5% del Pil nazionale. Di questi, 4,9 miliardi sono riconducibili all’effetto diretto (attribuibile alle imprese dei comparti attraverso la propria attività di produzione), 9 miliardi sono imputabili all’effetto indiretto (prodotto dai diversi fornitori attivati e dalla domanda generata a loro volta dai fornitori) e 6,6 miliardi all’effetto indotto, ovvero quello generato dall’incremento di reddito percepito da tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nel processo economico.

L’ennesima prova, per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, dell’importanza di un settore del Made in Italy in cui “si concentrano eccellenza della materia prima, tradizione della lavorazione, storia dei territori“: “Negli ultimi anni, il successo raggiunto dall’export dei prodotti del comparto è innegabile, anche se è noto che l’anno appena chiuso presenta alcune criticità, dopo i successi del 2021 per l’uscita dalla pandemia e i buoni risultati del 2022 legati alle spinte inflazionistiche“, afferma.

Quello del vino italiano è un “successo planetario” che vede l’Italia stabilmente ai primissimi posti tra gli esportatori mondiali nel settore, “grazie alla brillante performance delle nostre imprese sui mercati internazionali“, fa eco il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. La promozione e la tutela delle eccellenze italiane all’estero è una “priorità” del Governo, assicura, citando la “diplomazia della crescita”, la strategia di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese che ha lanciato dall’inizio del mandato e concepita come “fortemente innovativa, per e con le aziende“.

Il momento è particolarmente sfidante“, conferma Marco Montanaro, direttore generale di Federvini. Questo però, precisa, “non impedisce che l’export costituisca una parte davvero importante delle filiere, rappresenta un dato aggregato di circa 10 miliardi di euro in valore, ci sono ancora ampie possibilità in altri mercati di poter consolidare le posizioni delle filiere“.