I trattori verso Sanremo. Amadeus: “Se arrivano li faccio salire sul palco”

I trattori, dopo Roma, arriveranno nella città dei fiori? Ogni Festival di Sanremo ha la sua causa e la sua protesta. La kermesse da sempre raccoglie gli umori e fa da cassa di risonanza alla pancia del Paese. E negli scorsi anni moltissime proteste sono arrivate nella riviera ligure, alcune di queste conquistando anche l’ambitissimo palcoscenico. Basta pensare al 1984, quando Pippo Baudo invitò sul palco gli operai dell’Italsider di Genova. O, più di recente, pochi anni fa arrivarono in città i gilet gialli italiani, senza conquistare la ribalta dell’Ariston.

La loro proposta gli agricoltori, in protesta da giorni, l’hanno lanciata, dicendo che arriveranno in Liguria e chiedendo al direttore artistico del Festival Amadeus di farli salire sul palco. Sollecitazione a cui il presentatore non sembra affatto contrario, anzi. Quella degli agricoltori “è una protesta assolutamente giusta, sacrosanta, che riguarda il diritto e la tutela del lavoro“, commenta Amadeus nella conferenza stampa che dà il via alla 74esima edizione della kermesse. Per questo “se vengono i trattori, io li faccio salire sul palco”, aggiunge, precisando però che al momento “nessuno dei trattori mi ha contattato e io non ho contattato nessuno, non so nulla“.

La suggestione è che, a questo punto, in città i trattori potrebbero arrivare sabato, in occasione della serata finale del Festival. Proprio quella in cui la co-conduzione sarà affidata a Fiorello, che per primo sostiene la protesta degli agricoltori: “Sarebbe bene che gli agricoltori arrivassero sul palco di Sanremo, un palco come questo non lo trovi tutti i giorni. Il problema è importante e anche grave e bisogna intervenire”. Ma non perde l’occasione di scherzare: “Forse i trattori sul palco non ci entrano, ma due rappresentanti della categoria sicuramente sì, anzi speriamo che lo facciano. Con Al Bano primo della fila”.

La sfida dei Festival musicali: possono diventare green?

Possono i grandi festival musicali essere green? Eventi che attirano migliaia di persone, con il loro ‘bagaglio’ di rifiuti e di mezzi di trasporto inquinanti, riusciranno mai a diventare a impatto zero? La domanda è lecita, ma anche di difficile risposta. Sempre più gli organizzatori provano a risolvere, almeno in parte, il problema, ma l’impatto negativo dei festival al momento è ancora lontano dal trovare una soluzione.

A aprile, come ogni anno, si tiene il Coachella, che riunisce centinaia di migliaia di spettatori ai piedi di palchi musicali all’avanguardia nel mezzo del deserto della California. E un evento di queste dimensioni rende bene l’idea di quanto accade: oltre ai bicchieri di plastica che disseminano l’area e alle montagne di bottiglie d’acqua scartate alla fine di ogni giornata, gli impianti di illuminazione e audio consumano molta energia. Secondo uno studio della città di Indio, dove si svolge il festival, solo il 20% dei rifiuti viene riciclato al Coachella, come in molti altri festival.

Ma questa non è la cosa peggiore: in termini di impronta di carbonio, il peggio è dovuto agli spostamenti del pubblico, degli artisti e degli addetti ai lavori, ha spiegato a AFP Kim Nicholas, professoressa di clima presso l’Università svedese di Lund. “Credo che il primo passo per rendere i festival davvero più sostenibili e a basse emissioni di carbonio sia quello di ridurre la distanza e l’intensità di carbonio degli spostamenti“. E da questo punto di vista, il Coachella è un cattivo esempio: il festival si tiene in una località remota, a tre ore di macchina da Los Angeles.

Ma anche altrove, negli Stati Uniti e nel mondo, in molti altri festival popolari tra il pubblico l’ecologia non sembra essere una priorità. Certo, si stanno facendo degli sforzi: il Coachella ha lanciato un’iniziativa che incoraggia il car pooling e premia i partecipanti che arrivano in gruppo, oltre a decidere di vendere bevande in lattine di alluminio invece che in imballaggi di plastica e di installare fontane d’acqua in tutto il sito. Nonostante questo, però, i campi circostanti si trasformano in parcheggi, con conseguenti scene dantesche e ingorghi inestricabili. E le poche cime innevate delle vicine San Jacinto Mountains sono un minaccioso promemoria dell’inverno difficile per il clima della California, che negli ultimi mesi ha visto un susseguirsi di fenomeni atmosferici insoliti, dalla siccità a nevicate quasi record, inondazioni e molte altre catastrofi.

Per Kim Nicholas, spetta anche agli artisti prendere iniziative per “promuovere il turismo locale e rendere i viaggi a basse emissioni di carbonio desiderabili, sexy e cool“. “È un po’ l’opposto dei jet privati come obiettivo sociale o aspirazione del passato”, spiega. Alcuni gruppi musicali internazionali hanno già adottato misure concrete. I Coldplay, per esempio, hanno interrotto per un certo periodo il loro tour mondiale per motivi ambientali. Il trio britannico Massive Attack ha chiesto una “riorganizzazione urgente e conseguente” dell’industria musicale dopo aver commissionato uno studio sull’impatto del settore sul clima. Ma la rivoluzione green deve essere globale.