Idrogeno, Gallo (Italgas): In Sardegna progetto pilota su molteplici usi

In Sardegna, “stiamo facendo quell’attività di ricerca e sviluppo orientata sulle varietà di utilizzo dell’idrogeno. Un progetto pilota per dimostrare che l’idrogeno ha molteplicità e flessibilità di usi”. Così Paolo Gallo, ad di Italgas, in una intervista a GEA. ” Testeremo la parte di elettrolisi, lo stoccaggio e poi lo utilizzeremo per la mobilità – perché abbiamo un accordo con la locale società di trasporto pubblico -, per un’industria casearia che vuole rendere verde la propria produzione, infine miscelato nel gas naturale nelle nostre reti”.

Energia, Gallo (Italgas): Per l’era dell’idrogeno servono ancora 5-7 anni

“Per dare vita all’era dell’idrogeno ci vanno ancora cinque, sette, dieci anni”. Così Paolo Gallo, ad di Italgas, in una intervista a GEA. “Noi in Sardegna stiamo facendo attività di ricerca e sviluppo, più orientata sulle varietà di utilizzo dell’idrogeno – prosegue -. Testeremo la parte di elettrolisi, lo stoccaggio e poi lo utilizzeremo per la mobilità in virtù di un accordo con la locale società di trasporto pubblico, per una industria casearia che vuole rendere verde la propria produzione, infine miscelato al gas naturale nelle nostre reti”

Rinnovabili, Gallo (Italgas): Biometano è la più pronta, resta nodo autorizzazioni

Il biometano è l’energia rinnovabile più pronta per un motivo semplice: perché il trattamento dei rifiuti nella sua forma più evoluta è sul mercato da più di 15 anni. La tecnologia per la trasformazione del rifiuto da biogas prima a biometano dopo è assolutamente consolidata. Noi abbiamo più di 2 miliardi di metri cubi di gas prodotto dal trattamento dei rifiuti che potrebbero diventare un miliardo e mezzo di metri cubi in più se facessimo l’upgrade degli impianti”. Così Paolo Gallo, ad di Italgas, in una intervista a GEA. “Abbiamo un potenziale, non domani ma in qualche ora, di 2 miliardi di metri cubi di biometano. Se noi lo proiettiamo di qui a qualche anno, possono diventare 8-10 miliardi che rappresentano il traguardo del RepowerEu. Insomma, la tecnologia è provata, il potenziale c’è, l’ unico problema è l’aspetto delle autorizzazioni per sviluppare centinaia di impianti di biometano”.

GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

Dl Energia2, novità su rinnovabili e via al bonus-bollette

Il governo aggiusta il tiro sul decreto Energia2, arrivano novità su rinnovabili, Superbonus 110% e si allarga la platea di cittadini che beneficeranno degli aiuti contro il caro-bollette. La riunione del Cdm si sarebbe dovuta tenere in mattinata, ma le trattative – in alcuni passaggi anche aspre nei toni – hanno costretto a un extra-time di riflessione, che ha prodotto alcuni compromessi importanti nel testo, aggiornato dopo l’approvazione di lunedì scorso. Alla fine arriva così il via al bonus-bollette da 200 euro una tantum, per redditi entro i 35mila euro, anche per chi percepisce il Reddito di cittadinanza: una battaglia che ha condotto il M5S, ma sollevata con forza anche dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Alla misura potranno accedere gli autonomi, così come volevano Forza Italia e il centrodestra “di governo“.

C’è anche anche un’altra novità, che riguarda il Superbonus 110%, oggetto del contendere tra il premier, Mario Draghi, e i Cinquestelle negli ultimi giorni. Nonostante le tensioni, però, l’esecutivo acconsente ad un ‘allargamento delle maglie’ sulla cessione dei crediti. Dunque, le banche potranno trasferirli in ogni caso e non solo in numero limitato, come in precedenza, ai clienti professionali privati con contratto di conto corrente presso lo stesso istituto bancario o la capofila, senza facoltà di altre cessioni.

Nel testo aggiornato vengono introdotti, poi, aiuti per i cittadini che utilizzano il trasporto pubblico locale. Per “mitigare l’impatto del caro energia sulle famiglie“, infatti, è istituito un fondo nello stato di previsione del ministero del Lavoro, “con dotazione pari a 100 milioni di euro per l’anno 2022” che servirà a concedere un buono di 60 euro da utilizzare per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale e ferroviario nazionale, per chi ha un reddito entro i 35mila euro. Ancora, le autorità di sistema portuale potranno costituire una o più comunità energetiche rinnovabili, per “contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e per il perseguimento della resilienza energetica nazionale“. Gli incentivi si applicano agli impianti da fonti rinnovabili inseriti in Cer anche se di potenza superiore a 1 megawatt.

Per fronteggiare i rincari delle materie prime, dell’energia e dei carburanti, inoltre, i benefici degli aiuti “si applicano anche agli appalti pubblici di lavori, nonché agli accordi quadro di lavori” del “gruppo Ferrovie dello Stato e di Anas, con riguardo ai prezzari dagli stessi utilizzati“. Nel testo si legge che “in relazione ai contratti affidati a contraente generale” delle due società “alla data di entrata in vigore della presente disposizione, si applica un incremento del 20% ai prezzi delle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori dal primo gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022“. Il governo pone attenzione anche alle aziende agricole che hanno subito “ripercussioni economiche negative derivanti dalla crisi internazionale in Ucraina, che si sono tradotte in perdite di fatturato derivanti dalla contrazione della domanda, dall’interruzione di contratti e progetti esistenti e della crisi nelle catene di approvvigionamento” con un fondo di 20 milioni di euro, istituito presso il Mipaaf, che potrà concedere contributi a fondo perduto.

Nella nuova formulazione del decreto Energia2, infine, al “dipartimento per gli Affari regionali e le autonomia esercita funzioni di impulso” sulle procedure autorizzative per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Mentre viene escluso il passaggio che prevedeva la partecipazione dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome alle riunioni del Consiglio dei ministri convocate per le deliberazioni in materia di autorizzazioni di impianti di rinnovabili per esprimere le posizioni dell’amministrazione di riferimento e di quelle non statali coinvolte nel procedimento. Novità che in termini tecnici sono ‘aggiustamenti’, ma che nel linguaggio politico potrebbe essere interpretato come un segnale di schiarita nella maggioranza.

tuk-tuk

In Sudan spunta il tuk-tuk elettrico: ideale per ambiente e portafoglio

Nella loro piccola fabbrica, Mohammed Samir e i suoi operai si affaccendano intorno a tuk-tuk dai colori vivaci. A Khartum, capitale del Sudan, sfrecciano decine di migliaia di questi piccoli veicoli, ma quelli prodotti da Samir si distinguono dagli altri: funzionano a elettricità. In un Paese dove il prezzo della benzina è raddoppiato in seguito al colpo di stato militare di ottobre e dove l’inflazione supera il 250%, questo ingegnere 44enne ha già venduto 12 tuk-tuk e un centinaio di altri mezzi elettrici a tre ruote in pochi mesi. “Gli autisti dei tuk-tuk a benzina sanno quanto sia preziosa l’alternativa che offriamo, perché stanno soffrendo“, racconta Samir, proprietario della fabbrica, spiegando che molti di loro stanno perdendo più denaro di quello che guadagnano trasportando passeggeri o merci. Non si può neanche sottovalutare l’aspetto ambientale, in uno dei Paesi maggiormente minacciati dal cambiamento climatico, secondo l’Onu. Per Samir i suoi veicoli elettrici “spuntano tre caselle di sviluppo sostenibile: alleggerimento della povertà, protezione della salute e protezione ambientale“.

RISPARMIARE TEMPO E DENARO

Già alla fine del 2020, l’ONU ha stimato che “le emissioni dei veicoli a tre ruote riducono la visibilità, danneggiano l’ambiente e creano difficoltà respiratorie” in Sudan, dove il trasporto pubblico è quasi inesistente, e ha anche puntato il dito contro il loro “inquinamento acustico“. Sui suoi tuk-tuk, “senza motore a benzina, c’è molto meno rumore“, ribatte Samir. Per Bakry Mohammed, che vende verdure sul suo scooter, passare dalla benzina all’elettrico è stato “un vero guadagno“, visto che il suo reddito giornaliero è raddoppiato e non deve più aspettare per ore alle stazioni di servizio raramente rifornite di Khartum. “Ogni volta che ricarico la batteria del mio mezzo elettrico, dura una settimana“, ha raccontato a Afp. Per un’autonomia di circa 100 chilometri, “bisogna caricare il veicolo per otto ore“, dice Samir. E gli autisti possono farlo di notte, quando non lavorano e, soprattutto, quando non ci sono blackout, cosa che accade di frequente in Sudan durante il giorno. Per carità, anche il prezzo dell’elettricità è aumentato da gennaio a oggi, “ma caricare il tuk-tuk elettrico è ancora più economico che riempire un serbatoio di benzina“, dice Samir. La differenza non è insignificante: un litro di benzina costa 700 sterline sudanesi (1,25 euro), mentre otto ore di ricarica variano da 200 a 350 sterline.

BLACKOUT E FOTOVOLTAICO

Come gli autisti di tuk-tuk elettrici, la piccola fabbrica di Samir ha dovuto adattarsi a numerose interruzioni di corrente. Nei giorni di blackout, i lavoratori eseguono compiti che richiedono poca elettricità, come l’assemblaggio di parti, in modo da non spendere una fortuna in generatori a benzina per compensare. “Dividiamo il lavoro: a volte lavoriamo la mattina, a volte la sera, a seconda delle interruzioni di corrente“, dice. Amjad Hamdan, contabile nel Sudan meridionale e autista di tuk-tuk, ha trovato una soluzione ancora più pratica: carica le batterie usando il solare, una risorsa di cui il Sudan, uno dei paesi più caldi del mondo, non è a corto. “I pannelli fotovoltaici sono sul tetto e mentre si guida alimentano le batterie“, ha detto a Afp. Queste innovazioni sono benvenute perché “tutto ciò che funziona a benzina sarà sostituito dall’elettrico“, dice Samir.

(Photo by ASHRAF SHAZLY / AFP)

PINA PICIERNO

Picierno: “Rinnovabili un punto fermo, non si può restare indietro”

Le fonti rinnovabili non si toccano, non sono in discussione, ma certo la guerra in Ucraina ha rimescolato le carte e quindi “nulla può essere escluso” in materia energetica, ma occorre agire con pragmatismo e “sapienza” per non compromettere né la transizione verde né l’economia europea. La vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, non nasconde che a sfide già note se ne siano aggiunte di nuove, per le quali chiede coraggio, soprattutto ai governi. “Il qui e ora va affrontato con risorse ulteriori, non prendendole da quelle già destinate per altro”, dice nell’intervista concessa a GEA, dove ribadisce la necessità di andare avanti con le sanzioni contro la Russia.

Il parlamento chiede l’embargo di gas e petrolio russi, ma la risoluzione è non legislativa. Come convincere gli Stati membri?
“Le risoluzioni producono un effetto sui governi nazionali variabile nel tempo e nelle condizioni date. Resto convinta che bisogna affrontare con maggiore coraggio la sfida al mondo e all’Europa lanciata da Putin, soffocando le risorse economiche di cui beneficia principalmente l’élite del Cremlino. Il tempo farà la sua parte. Se il conflitto dovesse durare ancora per molto, credo che sarà a tutti evidente la necessità di includere il rifornimento di gas e petrolio nelle sanzioni”.

La rielezione di Macron aiuta l’Unione europea nelle politiche di affrancamento dal fornitore russo?
“La vittoria di Macron è significativa per tutto il processo di integrazione. La sua affermazione elettorale è una buona notizia per chiunque abbia a cuore un futuro del nostro continente segnato da condivisione della sovranità e solidarietà. Buona parte di questo processo nel prossimo futuro sarà determinato dalla capacità dell’Unione di rendersi autonoma dal punto di vista energetico. Il Next Generation è stato immaginato anche per questo”.

La Francia, anche prima delle elezioni, ha annunciato l’intenzione di procedere verso l’embargo di petrolio e gas russi, ma il Paese ha una forte tradizione sul nucleare. È un’energia davvero verde? L’Ue può permettersela per essere davvero verde?
“Il cuore del Next Generation e del Green Deal restano le tecnologie da fonti rinnovabili, è un punto fermo, ma nella fase di transizione bisognerà essere flessibili. La crisi ucraina cambia tutto lo scenario energetico, anche nell’Unione, e non possiamo escludere nulla a priori. Serve responsabilità e concretezza”.

La presidente della Bce, Christine Lagarde, sostiene che la transizione sostenibile può creare una nuova corsa alle risorse che servono quali rame, cobalto e nichel. L’Ue ce la può fare? Vede rischi in tal senso per l’Europa e la sua strategia?
“Ha perfettamente ragione e l’Unione deve dotarsi di una politica estera e di difesa comune anche per questo. Vanno intensificati i nostri rapporti diplomatici e commerciali con l’Africa e tutta l’area del Mediterraneo, per esempio. Dobbiamo essere all’altezza della nuova competizione globale che si sta determinando dopo la crisi pandemica e dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina. Come ripeto spesso, potenza gentile non significa debole e nessun paese da solo può farcela”.

Il fondo sociale per il clima basta ad evitare che il costo della transizione verde sia scaricato sulle famiglie o serve altro? In caso, cosa può fare l’Unione europea e nello specifico il Parlamento?
“Le transizioni hanno sempre dei costi, nessuna rivoluzione industriale è a costo zero. Ma questi costi sono stati sempre limitati nel tempo di una generazione e per specifici settori. Bisognerà intervenire con sapienza, in maniera selettiva, con una rete di protezione efficace. Ci sarà in questo caso chi rimarrà indietro, come nel caso della transizione digitale. E andrà sostenuto, non solo dal punto di vista sociale ma anche formativo. La transizione verde è anch’essa rivoluzione della conoscenza, e come tale andrà affrontata, non lasciando interi pezzi della società ai margini. Il fondo sociale è sicuramente un buon inizio, vedremo nel tempo se saranno necessari altri strumenti, ma sono ottimista: in fin dei conti sarà una rivoluzione utile per tutti. Il Parlamento? Non c’è scelta, come queste ultime, in cui non abbia fatto da battistrada. Diciamo che in questi ultimi anni, in particolare dalla Presidenza di David Sassoli in poi, il Parlamento indica prima e più efficacemente le strade che le altre istituzioni europee e i governi nazionali poi effettivamente percorrono”.

Visti i poteri del Parlamento in materia di bilancio, ritiene che una modifica per contrastare il caro-energia possa essere una possibilità da seguire?
“Assolutamente sì, distinguendo sempre emergenza da prospettiva. Il caro-energia si affronta in due modi, con strumenti diversi: il qui e ora, sostenendo il potere d’acquisto delle famiglie e la capacità produttiva delle nostre imprese, e il futuro, la prospettiva della diversificazione delle fonti e dell’autonomia energetica. In entrambi i casi dovremo fare di più, con gli strumenti già in nostro possesso. Ma a nessuno venga in mente di modificare il Next Generation o la politica di coesione in funzione di questa crisi. Sono strumenti per le prossime generazioni e abbiamo bisogno di solidarietà generazionale. Il qui e ora va affrontato con risorse ulteriori, non prendendole da quelle già destinate per altro”.